Referendum cannabis, le motivazioni sulla bocciatura del quesito: «Possibile estrarre anche droghe pesanti come la cocaina»

Ci sono anche altre norme, non toccate dalla richiesta referendaria, che sanzionano la coltivazione

Referendum cannabis, le motivazioni sulla bocciatura del quesito: «Possibile estrarre anche droghe pesanti come la cocaina»
Mercoledì 2 Marzo 2022, 14:48 - Ultimo agg. 15:36
3 Minuti di Lettura

Si sarebbe dato il via libera anche alle droghe pesanti. Ecco perché il quesito relativo al referendum sulla depenalizzazione della cannabis è stato bocciato dalla Corte Costituzionale. Era un quesito contraddittorio, dice la Corte. Ma vediamo le motivazioni con cui oggi la Consulta ha motivato il suo no al referendum.

«La richiesta referendaria - secondo il suo contenuto oggettivo, unico rilevante - avrebbe condotto alla depenalizzazione della coltivazione di tutte le piante da cui si estraggono sostanze stupefacenti, pesanti e leggere, con ciò ponendosi in contrasto con gli obblighi internazionali derivanti dalle Convenzioni di Vienna e di New York e con la Decisione Quadro 2004/757/GAI». È uno dei passaggi della sentenza con cui la Corte costituzionale ha bocciato il referendum con cui i promotori volevano la depenalizzazione della coltivazione della cannabis. 

Il Comitato promotore ha articolato il quesito referendario in tre parti, riguardanti la depenalizzazione della coltivazione della cannabis, l'eliminazione della sanzione della reclusione da due a sei anni per tutti i reati concernenti le droghe leggere e l'esclusione della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida in caso di uso personale di stupefacenti, sia di tipo pesante sia di tipo leggero.

La Consulta ha rilevato che l'eliminazione della parola «coltiva» dal primo comma dell'articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti - oggetto della prima parte del quesito referendario - farebbe venir meno la rilevanza penale anche della coltivazione delle piante da cui si estraggono le droghe pesanti (papavero sonnifero e foglie di coca), e ciò sebbene la richiesta referendaria, secondo le intenzioni dei promotori dichiarate in giudizio, mirasse a depenalizzare le sole condotte di coltivazione «domestica» e «rudimentale» delle piante di cannabis.

La Corte ha ritenuto che la lettura riduttiva prospettata dai promotori non è in alcun modo ricavabile dal testo normativo. Attraverso il richiamo testuale alla Tabella I, la «coltivazione» di cui si parla al comma 1 dell'articolo 73 non può che riferirsi alle droghe pesanti, e non già solo alla cannabis che, invece, è compresa nella Tabella II, richiamata dall'articolo 73, comma 4, del medesimo Testo unico. Inoltre, la Corte ha osservato che il risultato perseguito dalla richiesta referendaria neppure sarebbe stato raggiunto, in quanto sarebbero rimaste nell'ordinamento altre norme, non toccate dalla richiesta referendaria, che sanzionano la coltivazione della pianta di cannabis nonché di ogni altra pianta da cui possono estrarsi sostanze stupefacenti (articoli 26 e 28 del Testo unico sugli stupefacenti).

Ciò rendeva, in questa parte, il quesito «fuorviante» per l'elettore. Con riferimento alla seconda parte del quesito, la Corte ha evidenziato un profilo di manifesta contraddittorietà, perché l'abrogazione della pena detentiva per le condotte aventi ad oggetto le sole droghe leggere avrebbe determinato una stridente antinomia con il trattamento sanzionatorio di analoghi fatti, ma di lieve entità. Per questi ultimi, infatti, sarebbe rimasta comunque in vigore la pena congiunta della reclusione e della multa; ciò avrebbe finito per porre l'elettore di fronte a una scelta illogica e contraddittoria.

© RIPRODUZIONE RISERVATA