Scontro destra-Pd sul referendum. Berlusconi: «Votiamo in 2 giorni», i Dem non ci stanno

Scontro destra-Pd sul referendum. Berlusconi: «Votiamo in 2 giorni», i Dem non ci stanno
Scontro destra-Pd sul referendum. Berlusconi: «Votiamo in 2 giorni», i Dem non ci stanno
di Francesco Malfetano
Sabato 2 Aprile 2022, 07:30 - Ultimo agg. 4 Aprile, 18:09
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L'ultima frontiera dello scontro tra il centrodestra e il Pd è il voto di giugno. Ieri infatti, dopo aver incassato l'election day il 12 giugno per il primo turno delle amministrative e il voto per i referendum sulla giustizia, l'asse FI, Lega e FdI ha rilanciato: «Si voti anche il lunedì». Ferma però l'opposizione del Partito democratico: «Non vedo perché dovremmo farlo» tuona Francesco Boccia, responsabile degli Enti locali dem.


Lo scontro è chiaramente politico: più che riguardare i 950 Comuni alle urne (tra cui 24 capoluoghi di provincia e 4 città capoluogo di Regione), interessa infatti la possibilità che si raggiunga il quorum per i quesiti referendari sulla giustizia voluti da Lega e radicali, e non proprio apprezzati dal Pd.

Tant'è che ad agosto scorso, in fase di raccolta firme, il segretario Enrico Letta liquidò come «Scelte individuali», quelle dei (pochi) esponenti dem che si recarono ai banchetti.

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La mossa del Cav

A lanciare per primo l'idea è Silvio Berlusconi in persona, che giudica «molto positiva la decisione del Governo di accorpare la data dei referendum con il primo turno delle elezioni amministrative», perché «consente risparmi significativi» e «favorisce la partecipazione alle urne». Tuttavia per chiudere il cerchio «ora è indispensabile un decreto che estenda gli orari di votazione anche alla giornata di lunedì, come spesso si è fatto in passato».

«Abbiamo il dovere - ha sottolineato in una nota l'ex premier - di combattere l'astensionismo e di favorire la massima partecipazione dei cittadini al voto. Questo vale per le elezioni amministrative, in occasione delle quali in passato si è registrato un tasso di astensionismo davvero inaccettabile, pericoloso per la democrazia, e vale per i referendum, nei quali esiste un quorum, e quindi limitare l'affluenza significherebbe alterarne i risultati in modo surrettizio. Sono certo - ha concluso il leader di Forza Italia - che il Governo e il Parlamento comprendano e condividano queste nostre preoccupazioni».

Parole che trovano facile sponda negli alleati di centrodestra. In primis la Lega: «Bene la scelta di accorpare alle elezioni amministrative i referendum sulla giustizia il 12 giugno, ma ora è opportuno un provvedimento per consentire il voto anche di lunedì», fanno saper fonti del partito di via Bellerio. E, a quanto si apprende, anche Fratelli d'Italia sarebbe d'accordo sul votare sia domenica che lunedì mattina.

 

 

L'opposizione

Di tutt'altro avviso il Pd. «Perché dovremmo votare in due giorni? Non c'è più lo stato di emergenza - attacca Boccia - E loro sono i campioni del non va tutto bene. C'è un odg approvato all'unanimità che concentra amministrative e referendum proprio per risparmiare e loro ora chiedono di allungare? Mi sembra un controsenso tipico della destra».
Per il momento invece, contattato, il Movimento 5 stelle preferisce non schierarsi accanto agli alleati nonostante in passato la posizione di Giuseppe Conte sui quesiti fosse stata un secco no. «Offrono una visione parziale» articolò pochi mesi fa.


Dal canto suo invece, il Viminale lascia trapelare di non avere particolari opposizioni in merito. Ricordando però come la necessità di condensare in un solo giorno il voto per ragioni di risparmio sia in realtà imposta da una legge del 2013. Tuttavia le eccezioni non sono mancate. L'ultima, ad esempio, l'autunno scorso seguendo le indicazioni del Comitato tecnico scientifico. «Evitare picchi di affluenza» e quindi assembramenti fu il consiglio degli esperti che portò a tenere aperte le urne anche il lunedì mattina. L'opzione quindi, almeno per il momento resta in piedi, ma servirebbe un nuovo decreto legge. Un risultato non proprio scontato.

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