Voto delle regionali a luglio o ad ottobre? E ci saranno le preferenze o no? Sono giorni che se ne parla all'interno della maggioranza di governo tra emissari di Pd e Movimento 5 Stelle, ma la quadra al momento non è stata trovata. Da un lato perché è impossibile stabilire dal punto di vista della salute pubblica se ci siano margini di sicurezza sufficienti a chiamare gli italiani al voto mentre l'emergenza Coronavirus è ancora in corso, dall'altro va raggiunto un accordo politico e di questi tempi è missione tutt'altro che semplice. L'argomento del contendere riguarda direttamente anche la Campania dove, come in altre Regioni, si sarebbe dovuto votare già questo mese, poi lo stato di emergenza dichiarato dall'esecutivo per fronteggiare il Coronavirus, ha sospeso a data da destinarsi la data del voto. Le ipotesi in campo sono due: una finestra entro luglio oppure urne aperte ad ottobre. Ma per decidere servirà capire l'andamento dei contagi e, al momento, resta complesso fare previsioni. Occorrono almeno 45 giorni dall'indizione delle elezioni al voto, azzardare pronostici su quanto possa arrestarsi o impennarsi la curva dei contagi appare un esercizio per indovini, più che per scienziati o politici.
Da una parte, al tavolo delle trattative, c'è il Pd che avrebbe un forte interesse nell'accelerare sulla data, anche per convenienza, puntando alla vittoria soprattutto in Campania e in Puglia. A spingere c'è pure il governatore Vincenzo De Luca, che in questo momento viaggia probabilmente al picco del suo consenso personale per il modo con cui ha affrontato l'emergenza anche mediaticamente. Non solo convenienza, secondo De Luca, confortato dalla comunità scientifica. In estate la consuetudine delle persone a vivere all'aperto dovrebbe aiutare a contenere un virus respiratorio che si propaga più facilmente in spazi chiusi. Ad ottobre, con il freddo e la concomitanza delle prime sindromi di influenza stagionale, la situazione potrebbe essere più complessa. Il Movimento 5 Stelle è invece indeciso e sconta anche tutte le divisioni interne seguite alle dimissioni di Luigi di Maio dalla guida M5s. Chi ha provato ad avviare le trattative ha tentato di mettere in ballo anche la possibilità di eliminare le preferenze per i consiglieri regionali, anche qui la ragione sarebbe sanitaria per evitare un moltiplicarsi di incontri, cene e comizi politici da parte dei singoli candidati.
Sul punto dei listini bloccati il Movimento è spaccato. C'è chi è tentato dall'idea di eliminare le preferenze che sono storicamente il tallone d'Achille dei 5 Stelle, non avendo grandi «portavoti» sul territorio, ma solo un voto di opinione. La maggioranza dei grillini non vorrebbe però un Porcellum a livello regionale. Ad allontanare l'ipotesi ci ha pensato ieri il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà, esponente M5s. «Non sono favorevole - ha spiegato il ministro - l'emergenza non può giustificare un simile obbrobrio antidemocratico». Sullo sfondo resta pure la trattativa di riproporre in Campania l'alleanza nazionale tra Pd e M5s con i grillini ancora non arresi nell'idea di candidare il ministro Sergio Costa a governatore, proponendo a De Luca un ruolo di primo piano nel Governo a Roma, ma il presidente campano non ha alcuna intenzione di fare passi avanti o indietro.
«Si può votare a luglio - spiega invece il candidato in pectore del centrodestra, Stefano Caldoro - ma c'è un indicatore da utilizzare. Le scuole, dove saranno le urne, saranno riaperte? È l'unico metodo per comprendere se si sia usciti realmente dall'emergenza e consentire quindi un adeguato dibattito democratico». Per il sindaco Clemente Mastella l'idea di abolire le preferenze sarebbe invece incostituzionale. Per il centrodestra, almeno in Campania, sarebbe preferibile spostare più in là la data anche per meglio organizzare le liste e recuperare quel vantaggio di consensi che sembrava acquisito prima che scoppiasse l'emergenza. Domani, dalla Camera, in Commissione Affari costituzionali, è attesa una seduta, forse decisiva, su quando i campani potranno votare.