Regionali in Sardegna: crollo M5S. Salvini teme il contagio: pressing dei suoi per rompere

Regionali in Sardegna: crollo M5S. Salvini teme il contagio: pressing dei suoi per rompere
di Alberto Gentili
Lunedì 25 Febbraio 2019, 08:02 - Ultimo agg. 15:14
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Matteo Salvini, dopo giorni e giorni trascorsi a battere palmo a palmo la Sardegna, non se l'aspettava di rischiare la prima sconfitta elettorale dell'era giallo-verde. Ma visti gli exit-poll che danno un testa a testa tra il candidato del centrosinistra e quello del centrodestra, il capo della Lega si consola con la crescita della Lega. Comunque al di sotto delle aspettative. E soprattutto si preoccupa per il tracollo dei 5Stelle, usciti più che dimezzati dal voto sardo: «Ora speriamo che non implodano...».
Per Luigi Di Maio, che già due settimane fa aveva visto dimezzati i consensi del Movimento in Abruzzo, la nuova batosta è un colpo durissimo. Voti più che dimezzati rispetto a un anno fa (dal 42,5% al 14-18%), anche se M5S resta il primo partito dell'Isola. Certo, lo schema classico della politica vorrebbe che prima della resa dei conti i grillini attendessero le elezioni europee di maggio. Ma Salvini teme che per provare a invertire la tendenza ed evitare un nuovo tracollo elettorale fra 90 giorni, in una parte del Movimento si affermi l'idea di far saltare tutto.

Governo incluso. Oppure di alzare, senza se e senza ma, com'è già avvenuto dopo il voto abruzzese, le bandiere identitarie dell'ortodossia grillina. A cominciare da uno stop definitivo alla Tav e da un'accelerazione della crociata per l'acqua pubblica. Operazione in apparenza più facile, considerato il mancato exploit della Lega e se il centrodestra dovesse perdere in Sardegna. Di certo, si annunciano giorni molto difficili per palazzo Chigi.
La prima ipotesi, l'implosione dei 5Stelle, è quella che più allarma Salvini. Il capo leghista, che fino a ieri era riuscito a trasformare l'alleanza con Di Maio in un moltiplicatore di voti per sé, non ha intenzione di andare a nuove elezioni. Non subito, almeno. Prima vuole continuare a prosciugare i consensi del Movimento e di Forza Italia, spingendo Silvio Berlusconi verso un'eclissi definitiva.

IL PRESSING
Però nella Lega si fa di giorno in giorno più forte - e da ieri sera lo è ancora di più - il pressing per spingere Salvini a «rompere subito». Perché per alcuni il voto sardo dimostra «il rischio del contagio grillino». Perché al Nord il reddito di cittadinanza, la politica assistenzialista e statalista dei 5Stelle, la loro avversione alle grandi opere, è sempre più urticante. «La nostra gente non ne può più di quei talebani, di quegli scappati di casa», dice un altissimo esponente nordista del Carroccio. Perché i governatori Attilio Fontana e Luca Zaia covano un rancore sordo per lo stop imposto dai grillini all'autonomia differenziata. E perché in molti, compreso Giancarlo Giorgetti, temono che se Salvini non taglierà subito il cordone ombelicale che l'unisce a Di Maio, perdendo la finestra elettorale di questa primavera, alla fine farà pagare alla Lega tutte le «criticità» dell'«alleanza contro natura» con il Movimento.
«Se non si vota adesso, si finisce alla prossima primavera», dice un altro dirigente lumbard, «le elezioni in autunno, in piena sessione di bilancio, sono infatti praticamente impossibili. E stare un altro anno in compagnia dei grillini e della loro visione anti-storica dell'economia in piena recessione, rischia di trascinare all'inferno pure noi. Non si può vivere solo della lotta ai migranti...».

L'ALTERNATIVA
In caso di implosione del Movimento, l'alternativa al voto anticipato potrebbe essere la nascita di un governo guidato da Salvini. Schema che non piace al diretto interessato, preoccupato di fare la fine di Matteo Renzi. Ma è molto gradito ai parlamentari della Lega, di Forza Italia e di Fratelli d'Italia e, si narra in ambienti del Carroccio, anche «a una grossa fetta di deputati e senatori grillini». Insomma, nessuno a un anno dallo sbarco in Parlamento vuole rinunciare a stipendio e poltrona. E c'è chi scommette (e spera) in una scissione del Movimento: da una parte l'ala più moderata e governista di Di Maio, dall'altra gli ortodossi. Con un problema: Berlusconi. Salvini non intende più andarci a braccetto a livello nazionale. E con una convinzione: il leader 5Stelle, al contrario del capo leghista, farà di tutto per evitare le elezioni, dato che al prossimo giro non sarà lui il candidato premier del Movimento.
Se invece i grillini reggeranno l'impatto del nuovo tracollo elettorale e decidessero (per istinto di sopravvivenza) di andare alla guerra sulla Tav, Salvini è pronto allo scontro. Dopo la performance in Sardegna inferiore alle attese e allo sforzo compiuto e dopo aver dovuto ingoiare il rinvio dell'autonomia differenziata, il capo della Lega in vista delle Europee non può permettersi altri cedimenti. Tanto più che l'ipotesi di uno slittamento della decisione sull'Alta velocità a dopo le Europee, è ormai tramontata: il 15 marzo vanno aggiudicati appalti per 2,3 miliardi, oppure Bruxelles si riprenderà indietro 300 milioni già stanziati.
 
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