Renzi: «Bene il premier, noi una squadra: resto anche se perdo in Sicilia»

Matteo Renzi e Paolo Gentiloni
Matteo Renzi e Paolo Gentiloni
Domenica 3 Settembre 2017, 22:23 - Ultimo agg. 4 Settembre, 01:41
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I buoni risultati economici che l'Italia può iniziare a vantare sono merito di un lavoro di «squadra»: il segretario del Pd Matteo Renzi rivendica la continuità nell'azione di governo nonostante i cambi alla premiership, stringendo così in «un abbraccio» il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. «In quattro anni - dice - abbiamo fatto tante cose e questo governo continuerà a farne». In attesa del treno che da fine mese lo porterà in giro il Paese, in questi giorni il leader Dem ha ripreso a parlare in pubblico e spesso il palco è quello delle feste dell'Unità.

Ed è da lì, dialogando con i militanti, che ricorda le difficili condizioni in cui versavano i conti pubblici non molto tempo fa e si compiace dei traguardi raggiunti: «Abbiamo preso un Paese che aveva -2% e ora il pil cresce di 1,5%». Tante, ricorda, le polemiche, a partire dal Jobs act che si sono poi spente di fronte ai dati: «ora ci sono oltre 900 mila posti di lavoro. Abbiamo dato il senso del cambiamento, l'Italia può farcela»; anche sul difficile fronte dei migranti «aiutandoli davvero a casa loro». Per Renzi la lezione da imparare è una sola: «Se il Pd lavora, non ce ne è per nessuno». Una visione improntata all'ottimismo, che non è però condivisa da uno dei leader della minoranza interna, Andrea Orlando. Il ministro della Giustizia infatti stoppa quelli che considera eccessi entusiastici: la crisi è alle spalle ma non per tutti, avverte. «E il compito della politica è quello di redistribuire i dividendi positivi di questa fase».

Le elezioni politiche si avvicinano e la campagna elettorale è nei fatti già iniziata, a partire dalla Sicilia, e così Renzi parla anche di alleanze guardando dentro e fuori il partito: la possibilità che vincano Grillo o il Cavaliere non va sottovalutata e il Pd, ribadisce, è l'unico argine ai populismi; quindi «rischiare di far perdere il Pd è contro l'Italia». Altro che argine, replica Articolo 1 con Roberto Speranza: «il Pd insegue le destre e gli tira la volata». Eppure, fa eco il vice Maurizio Martina, serve un partito unito o si rischia il «caos». Una ragione di più, è la convinzione dell'ex premier, per restare in campo anche qualora la sfida siciliana dovesse chiudersi con una disfatta per i Dem: d'altro canto, evidenzia, diversamente da quanto fatto in passato da altri leader a sinistra, si tratta di una partita che ha osservato con distacco. Ed è questa distanza che gli consentirà, ragiona, di restare in sella a prescindere dal risultato.

Ma non è solo pensando alla Sicilia che l'ex premier dice di voler stare alla finestra.
Un'altra partita destinata a riaprirsi a breve sarà quella della legge elettorale. Renzi si mostra scettico circa la reale intenzione degli altri partiti di voler riprendere in mano il dossier ma non esclude il contributo del Pd: «Disponibile a cambiare se ci sono proposte. Il punto - dice però - è che la palude istituzionale di questo Paese nasce dal desiderio di tenere tutto fermo. Se gli altri vogliono cambiare lo vedremo».
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