Renzi e Toti, il nuovo Centro non interessa solo a loro: tutti i partiti si muovono nello spazio tra i due poli

Renzi e Toti, il nuovo Centro non interessa solo a loro: tutti i partiti si muovono nello spazio tra i due poli
Renzi e Toti, il nuovo Centro non interessa solo a loro: tutti i partiti si muovono nello spazio tra i due poli
di Mario Ajello
Mercoledì 9 Febbraio 2022, 00:04 - Ultimo agg. 12:49
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Non solo c’è lo spazio e c’è il bisogno, ma c’è anche un consenso stimato tra il 10 e il 15 per cento, e quello fa gola a tutti. E allora il centro di gravità permanente, sia pure ognuno a modo suo, ma i processi politici partono in disordine e possono trovare coagulo, è l’obiettivo ormai un po’ di tutti. Perché moderazione e mediazione, qualità centriste per eccellenza, si sono confermate anche nella partita del Quirinale quelle preziose alla politica. Con buona pace degli estremismi improduttivi. Ognuno mira a fare il centro con gli altri, o contro gli altri, e questa è già una vittoria - per ora soltanto ideale - del centro. «Il centro sono io», dice Berlusconi da Arcore a tutti, e a Salvini dice qualcosa di più: «Il centro lo possiamo fare insieme e aiuto la Lega, con i miei buoni uffici presso il Ppe, ad aderire alla famiglia dei popolari europei, se tu me lo consenti». Perfino il duro e puro Matteo ci sta pensando a farsi centrista. E i primi passi da atlantista e non da fan di Putin sulla questione Ucraina in questo senso sembrano andare (al netto di contro-svolte possibilissime). 


Chi come Berlusconi è bravissimo a toccare il polso del Paese sa che la voglia di centro, inteso come politica responsabilizzata, decidente e non ideologica, non è una questione di Palazzo ma di Paese. Non a caso, nel festival del centrismo a cui a proprio modo partecipano anche quelli che dicono «la parola centrismo mi fa schifo» (ossia Calenda e Azione farà il suo primo congresso il 19 febbraio a Roma, Palazzo dei Congressi), il Cavaliere mai come adesso insiste sul ruolo mediano, europeista, cattolico, liberale, di Forza Italia. 
E quello è il suo centro con i centristi Cesa, Lupi, Rotondi e via così. Il centro di Renzi, federato con Toti, Quagliariello, Romani e allargabile ad altri soggetti e a tante esigenze (quella della giustizia giusta è la primaria, e il tema non è certo di Palazzo ma profondamente nazionalpopolare), è quello del cantiere costituente del 26 febbraio a Cinecittà dove non si svolgerà semplicemente l’ennesima assemblea nazionale di Italia Viva ma una sorta di nuovo inizio.


Unione - Poi i vari centri si uniranno? Si troverà il leader che incarnerà i molteplici progetti coagulati? L’arrivo alla persona giusta dipenderà dalla giustezza del percorso. E tra i molteplici centri nascenti, la questione del leader o del federatore non è all’ordine del giorno per ora, e c’è chi un po’ scherza e un po’ fa sul serio su questo tema: «Perché non chiamiamo Malagò che ormai vince anche nel curling?». Le personalità possibili sono diverse. Le opzioni in campo anche. «Il centro che guarda a destra - avverte Emma Bonino per Più Europa - non è il nostro».

Perfino in M5S c’è voglia di centro. 
Clemente Mastella, che vuole rifare la Margherita e ha la sua formazione di centro, ha telefonato a Di Maio e gli ha detto: «Lo sai che ormai sei un bravo democristiano». E il ministro: «Grazie, detto da te è proprio un complimento». L’istituzionalizzazione di M5S modello Di Maio, ossia l’opposto del progetto Conte che vuole recuperare l’identità e anche lo spirito d’avventura (esempio: mettendo in crisi il governo Draghi con la speranza di andare a votare, ammesso che Giuseppi stia ancora al suo posto che per ora non ha più), può essere letto come una sorta di virata al centro, se la virata ci sarà, e al centro inteso come approdo a uno stile politico di mediazione. 
Quello che molti ex rivoluzionari stellati chiedono a se stessi per la nuova stagione.


Maturità stellata - La democristianizzazione di M5S (molti dicono: abbiamo tagliato stipendi e numero dei parlamentari, abbiamo fatto il reddito di cittadinanza, abbiamo imposto il valore della legalità, ora possiamo pure normalizzarci) è una delle due opzioni in campo: l’altra è il cosiddetto contismo senza limitismo ovvero il continuo rinvio a un approdo alla maturità. 


Siamo insomma al tu che centro sei e tu che centro vuoi. C’è chi lo vuole proporzionalista e chi (Renzi) da maggioritario con doppio turno, Quagliariello lo vuole alla francese (sul modello dell’Udf che univa giscardiani, radicali, repubblicani e democristiani) e Brugnaro a trazione centrodestra e così via. Anche chi è a sinistra, il Pd, ha la sua ala tesa al centro (esempio Area Dem di Franceschini) e il centro non di centrodestra il Nazareno non vede l’ora che nasca per poter allentare il rapporto con M5S e crearsi un’altra sponda. L’unica che sembra lontana da questo tipo di discorso, e dichiaratamente vuole essere e fare la destra è la Meloni. 
Però il solo fatto che stia allestendo un Partito dei Conservatori come dice la parola stessa significa volersi allargare nella zona vasta, d’intrecci, di incroci e di possibili consensi variegati, che non è certamente già segnata nelle mappe del bipolarismo vigenti finora.

 

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