Lazio e Campania senza fondi Pnrr per il trattamento dei rifiuti, in un’Italia che si conferma a più velocità anche in questo fondamentale settore. I divari territoriali sono ampi e penalizzano in particolare i cittadini del Centro-Sud: ma il piano nazionale di ripresa e resilienza, che poteva essere lo strumento quanto meno per accorciare le distanze, è stato in parte un’occasione mancata: le Regioni con il maggior fabbisogno di impianti per gestire i rifiuti da raccolta differenziata, ovvero il Lazio e la Campania, sono tra quelle che non hanno ottenuto finanziamenti, a causa dell’esaurimento del plafond disponibile. La panoramica delle disparità regionali, insieme ad alcune proposte per invertire la tendenza, è contenuta in uno studio realizzato dagli analisti di Cassa Depositi e Prestiti, coordinati da Andrea Montanino e Simona Camerano. Il documento (che per quanto riguarda opinioni espresse e conclusioni non impegna la responsabilità di Cdp) raccoglie ed elabora una grande mole di dati soffermandosi su tutte le fasi del ciclo. E in questa chiave evidenzia come la termovalorizzazione non rappresenti un disincentivo alla raccolta differenziata, restando anzi una tecnologia indispensabile per ridurre al minimo il ricorso alle discariche.
MAGGIORI COSTI
Un significativo indicatore della diseguaglianza è rappresentato dalla percentuale di rifiuti che ogni Regione porta fuori dai propri confini.
Il Pnrr invece non finanzia impianti di recupero energetico, ma anche su questo specifico terreno le disparità territoriali sono forti. Nelle Regioni settentrionali è concentrato il 70 per cento delle strutture, mentre nei territori dove gli impianti proprio non ci sono (Valle d’Aosta, Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo e Sicilia) il livello di conferimento in discarica risulta particolarmente alto. La stima degli analisti di Cdp è che il fabbisogno impiantistico per il recupero energetico necessario a centrare i target europei sul ricorso alle discariche sia di 2,8 milioni di tonnellate: i maggiori fabbisogni sono in Sicilia, Veneto e Lazio (quest’ultima con oltre 460 mila tonnellate).
Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, alla testa di una pattuglia di colleghi, in tempi non sospetti, segnalò al governo che i criteri scelti dalla Ue per l’erogazione dei fondi del Pnrr avrebbero penalizzato i centri più grandi, dove c’è maggiore deficit di impianti per il trattamento di rifiuti in ottica di economia circolare. E così è andata. Complici la mancanza totale di risorse rispetto alle richieste o un punteggio dei progetti mediamente più basso, il Lazio non si è visto finanziare nessuno dei 99 piani presentati, anche se tutti sono stati definiti ammissibili. Il Campidoglio e le altre amministrazioni coinvolte (Fiumicino, Rieti, Patrica, Castelnuovo di Porto, Velletri e Riano) da mesi premono sul ministero dell’Ambiente per trovare risorse alternative. Il ministro Gilberto Pichetto ha dato mandato ai suoi dirigenti, per ora senza risultato, di individuarle. Allo stesso modo, il ministero per gli Affari regionali e per la Coesione, Raffaele Fitto sta valutando se questo dossier può rientrare nel più generale piano per chiedere all’Europa di rimodulare i fondi del Pnrr.
IL MINISTERO
Ai Comuni, quindi, non è restato che usare fondi propri. Roma, per esempio, utilizzerà i 160 milioni del Piano per le città metropolitane per finanziare la costruzione di due biogestori (a Cesano e Casal Selce), due piattaforme di selezione per plastica e carta (a Ponte Malnone e Rocca Cencia Carta) e dieci centri di raccolta. E - mentre «vanno avanti le interlocuzioni con il ministero» - si guarda ai fondi del Gse per la produzione di energia alternativa, visto che i biodigestori captano metano dall’organico. Fiumicino si affiderà alla finanza di progetto per trovare 40 milioni di euro per realizzare un suo biodigestore, Rieti guarda ai fondi per la ricostruzione post sisma per il suo selezionatore di carta e plastica (valore 15 milioni), Velletri, invece, ha chiama raccolta i centri vicini per avere un impianto di compostaggio.