Riforma delle Regioni, altolà di M5S al pressing della Lega: «No al bonus ricchi»

Riforma delle Regioni, altolà di M5S al pressing della Lega: «No al bonus ricchi»
di Francesco Lo Dico
Lunedì 11 Febbraio 2019, 12:00 - Ultimo agg. 16:34
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Prima il vero federalismo applicato finora a metà a vantaggio del Nord e in danno al Meridione, poi l'autonomia di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Che avrà il via libera del Movimento solo a patto che rispetti alla lettera la Costituzione e che sia emendabile in Parlamento a dispetto dei desiderata della Lega, oppure non s'ha da fare. A pochi giorni dalla scadenza del 15 febbraio, quando la bozza d'intesa segreta siglata dal ministro Stefani con i governatori Zaia e Fontana dovrebbe essere presentata, il M5s mette le carte in tavola. Pochi punti, ma molto precisi. Che il vicepresidente della commissione bicamerale per il Federalismo, Vincenzo Presutto, illustra al Mattino.
 
«La Costituzione spiega il senatore napoletano che segue il dossier sull'autonomia rafforzata - prevede all'art.117 l'onere in capo allo Stato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, i cosiddetti Lep concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti senza alcuna discriminazione, su tutto il territorio nazionale». Parliamo in questo caso di quella soglia minima di servizi, che lo Stato si impegna, Carta alla mano, ad assicurare in modo omogeneo a tutti gli italiani. E che però non sono mai stati quantificati. Con la conseguenza che nelle scuole dell'Emilia Romagna è stato ritenuto livello essenziale la vacanza estiva per gli studenti pagata dai comuni, mentre a Reggio Calabria di contro non è compreso tra i servizi minimi la mensa scolastica. «Il riparto per i fondi dell'istruzione annota a tal proposito la senatrice napoletana Paola Nugnes - ha violato le basilari norme del riequilibrio territoriale: il 74% dei fondi assegnati per la scuola dell'infanzia, per esempio, è andato al Nord. Dove un bambino vale per lo stato italiano 90 euro (Emilia Romagna) contro un bambino del Sud che vale solo 43 euro. Ecco perché parlando di Autonomie non basta dire, come dice il ministro del Mezzogiorno che «nulla sarà tolto al Sud». Al Sud va ridato quanto non assegnato». Facile comprendere a questo punto, perché «il primo passo necessario e imprescindibile per l'attuazione del Federalismo dice Presutto - riguarda la definizione dei Lep da parte del Parlamento mediante legge. Dal 2001 ad oggi tutto questo è rimasto inattuato, nonostante che la necessità di calcolarli fosse stata anche ribadita nella Legge 42/2009 attuativa del federalismo fiscale». È un punto sul quale ha insistito ieri anche il ministro del Sud Barbara Lezzi, che ha sottolineato come sia «un punto fermo nel nostro contratto, quello di colmare il divario tra Nord e Sud. Nessuna azione di governo potrà andare in direzione contraria rispetto a questo». Non un divario da poco, quello tra Mezzogiorno e Settentrione. Che l'ultimo rapporto Cpt sui conti pubblici territoriali del 2018, valuta in un discrimine di 2mila euro procapite: 15mila euro in servizi per ogni cittadino del Centronord, contro i 12mila spesi per chi sta a Sud. Un delta che vale l'enorme somma di 40 miliardi di diritti sottratti al Sud, in barba all'equità stabilita dalla Costituzione. Ma nella roadmap del Movimento verso l'autonomia, i Lep sono premessa indispensabile per sciogliere il secondo nodo: quello dei costi standard, necessari per consentire il rispetto dei Livelli Essenziali delle Prestazioni e garantire i diritti basilari di cittadinanza. Ma è qui che arriva il terzo paletto. A differenza di quanto più volte reclamato dal governatore veneto Luca Zaia, che intende trattenere sul territorio circa i nove decimi delle tasse versate dai suoi cittadini, il Movimento reputa incostituzionale il cosiddetto bonus ricchi previsto dall'intesa sulle autonomie («Più servizi a chi ha di più») nell'ambito della definizione dei costi standard. Un meccanismo che dev'essere «svincolato dalla capacità fiscale del territorio e deve essere attuato con parametri validi in tutta la nazione», osserva ancora il vicepresidente della commissione bicamerale. In tal senso, denuncia ancora il senatore Presutto, «ad oggi manca la nomina del Presidente della C.T.F.S. (ovvero la Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard), che a norma di legge avrebbe dovuto relazionare all'attuale Parlamento circa il calcolo di tali fabbisogni».

Ma a dividere leghisti e stellati sull'autonomia, non ci sono soltanto considerazioni di merito, ma anche di metodo. Il governatore Zaia ha sottolineato più volte come a suo modo di vedere, l'intesa sull'autonomia sia affare riservato tra governo e regioni coinvolte, sul quale il Parlamento potrà esprimere un semplice voto di ratifica: sì o no a maggioranza rafforzata, prendere o lasciare. Ma sul punto il Movimento pare di altro avviso, anche nella sua componente governativa. «Vogliamo una vera autonomia per i cittadini di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna è l'altolà che consegna al Mattino il sottosegretario alla Pa del M5s, Mattia Fantinati - nella cornice della nostra Costituzione. Una riforma disegnata dal Parlamento sovrano per accorciare la distanza fra territori e istituzioni. Per questo, non possiamo accettare proposte calate dall'alto o blindate». È lo stesso paletto che pianta anche il senatore Presutto. «Il Parlamento, in base alla Costituzione, deve poter analizzare l'intero iter, emendando e trasformando in legge gli accordi che il Governo prenderà con le Regioni». Pertanto «è da escludere la sola ratifica di accordi vincolanti, presi dal Governo con le Regioni». «Qualsiasi altro iter avverte il senatore - violerebbe i diritti uguali per tutti i cittadini italiani e sanciti dalla nostra Costituzione».
 

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