Maggioranza, rimpasto prima del voto: la mossa di Pd e M5S per blindare il governo

Maggioranza, rimpasto prima del voto: la mossa di Pd e M5S per blindare il governo
Maggioranza, rimpasto prima del voto: la mossa di Pd e M5S per blindare il governo
di Marco Conti
Giovedì 6 Agosto 2020, 07:30 - Ultimo agg. 15 Febbraio, 18:12
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La telefonata di Nicola Zingaretti a Luciana Lamorgese, per smentire l'ambizione ad occupare la poltrona del Viminale salva il rapporto personale, ma ovviamente non risolve il nodo politico di un Pd sempre più in affanno e che fatica a rintracciare il senso di un'alleanza che esalta il ruolo di Giuseppe Conte e logora quello del segretario dem.
LE IPOTESI
L'ultimatum Pd agli alleati sulla legge elettorale da votare almeno in un ramo del Parlamento prima del referendum del 20 settembre, rischia di rimanere lettera morta malgrado Matteo Renzi abbia ieri l'altro aperto alla discussione. Il no di FI, esaltato dall'ex ministro Renato Brunetta, a discutere della legge prima del referendum chiude a Zingaretti anche il forno alternativo. E così si torna alla casella di partenza con il Pd che invoca la legge elettorale prima del 20 settembre e va a caccia di un complicato riequilibrio anche attraverso un rimpasto della compagine di governo. Il M5S, che non disdegna l'opzione che gli permetterebbe di avvicendare qualche ministro in evidente debito di ossigeno, sta a guardare non sottraendosi all'impegno, ma pronto a stoppare eventuali intese maggioritarie. Formalmente però, sia i dem che i grillini smentiscono le ipotesi di un rimpasto. Lo fa Zingaretti chiamando il ministro Lamorgese e altrettanto Di Maio. Il tentativo è di rimettere il cerino nelle mani del presidente del Consiglio il quale ha però imparato talmente bene a surfare tra le spaccature grilline e le contorsioni dem, da nutrire più di un dubbio sulla necessità di cambiare la squadra di governo.

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Dubbi che però si ridimensionano non solo quando vengono letti a palazzo Chigi i sondaggi sulle regionali di settembre, ma anche quando Conte si ritrova con i capidelegazione per metter mano al decreto agosto che fatica a venire alla luce. I tempi di un eventuale ricompattamento della maggioranza, attraverso un nuovo patto e l'avvicendamento in alcune caselle ministeriali, sono ora nelle mani del presidente del Consiglio che può rischiare di rimandare tutto a dopo il referendum e le elezioni regionali, o accelerare chiudendo la questione prima dei risultati del 20 settembre. La sostanziale presa di distanza del Pd dal referendum sul taglio dei parlamentari scarica ancor maggior peso sulle elezioni regionali che - sondaggi permettendo - rischiano di trasformarsi in una sconfitta non solo per i dem, ma anche per il premier al quale - come accaduto a tutti i suoi predecessori a palazzo Chigi - verrà attribuita quota dell'eventuale insuccesso.

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Per ora l'unica regione sicura per il centrosinistra sembra essere la Campania di Vincenzo De Luca mentre in Toscana Eugenio Giani è avanti, ma di soli 4 punti. Nel resto delle regioni, Liguria, Veneto, Marche e Puglia si profila un disastro per i dem. Proprio in quest'ultima regione il presidente del Consiglio si ritroverà con l'uscente Emiliano, pochi giorni prima del voto, sul palco della Fiera del Levante.
 



L'ALA
I 5S dopo il 20 settembre avranno comunque di che gioire con la più che probabile vittoria dei sì al referendum. Non solo, aver vinto una delle battaglie storiche del M5s, come il taglio dei parlamentari, rischia di galvanizzare l'ala movimentista e di rendere ancor più complicato l'approdo in Parlamento del Recovery plan e del Mes.
Ed è proprio sull'Europa che le maggioranze variabili, sulle quali si è retto sinora l'esecutivo, potrebbero cedere portandosi con se anche il più importante segno di svolta che un anno fa ha cambiato natura al Conte1 permettendo la nascita del Conte2: l'adesione al progetto europeo.
 
 

 

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