Lotito, trasferta da brividi nel feudo di De Luca

Lotito, trasferta da brividi nel feudo di De Luca
di Paolo Mainiero
Venerdì 12 Gennaio 2018, 08:19
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Il 21 settembre 2012 superò il vero esame sfilando in processione con la statua di San Matteo. Per Claudio Lotito fu una prova, più che di fede, di amicizia (di ruffianeria secondo molti) per Salerno, la città alla quale un anno prima aveva restituito il calcio risollevando dalle polveri la gloriosa squadra granata. In due anni la Salernitana passò dalla serie D alla Lega Pro-Prima divisione e nel 2015 arrivò anche la promozione in B. Chissà se quel suo battesimo in processione, peraltro proprio nell'anno in cui San Matteo fu polemicamente snobbato da Vincenzo De Luca, che della città è il riconosciuto padre-padrone, gli basterà per ingraziarsi i salernitani e ottenere i loro voti qualora dovesse concretizzarsi la sua candidatura alle politiche nel collegio di Salerno.
L'indiscrezione è di ieri. Claudio Lotito, presidente della Lazio e uno dei proprietari (insieme al cognato Massimo Mezzaroma) della Salernitana, potrebbe essere tra i candidati di «Noi con l'Italia», la quarta gamba del centrodestra di cui ieri è stato presentato il simbolo che racchiude al centro lo scudocrociato. Magari ai tifosi della Lazio, notoriamente di destra, se non di ultradestra (ricordate il caso degli ignobili adesivi di Anna Frank?) farebbe più piacere che il loro presidente si schierasse sotto altri vessilli, ma tant'è, a caval donato non si guarda in bocca e può andar bene anche l'antica ma sempre presente icona della Balena bianca. «Conosco bene Berlusconi e anche Cesa», fa sapere intanto Lotito. Che comunque prende tempo: «Vediamo quello che succede...»; non si sbilancia: «Offerte concrete non ne ho ricevute...»; sfuma: «Sentiamoci più avanti...»; mostra il petto: «Io sono al servizio del Paese...». Il tipo è così, non si concede molto ai giornalisti, parla per metafore e frasi fatte, ne sanno qualcosa anche a Salerno quando a fine partita è sempre poco loquace limitandosi a stringate battute che però danno sempre un titolo. Per esempio: «La macchina è buona ma il pilota no», frase che è una chiara bacchettata all'allenatore.

 

Se son rose fioriranno. Il calcio fa tendenza o, forse, certa politica si illude che tirando per la giacca i presidenti di società ci si porta dietro anche i voti dei tifosi. Ma è una equazione tutta da dimostrare. A Napoli, negli anni d'oro, la Dc provò invano a convincere Corrado Ferlaino. L'Ingegnere mai si concesse. Oggi quel che resta della Dc, il suo simbolo, tenta Claudio Lotito e anche Massimo Ferrero, romano de' Roma ma proprietario della Sampdoria. «Noi con l'Italia» vorrebbe candidarlo a Genova e Viperetta rispetto al suo collega della Lazio appare più possibilista. «E perchè no...», ammicca. E a scanso di equivoci, ecco la non richiesta prova d'amore: «Tutti pensavano che Berlusconi fosse andato in pensione... ma lui morirà a 150 anni...». Non arriva a pensar tanto nemmeno Lotito, uno al quale piace stare al centro della scena. E soprattutto uno che vuole contare. Carlo Tavecchio fu una sua creatura, salvo scaricarlo dopo la catastrofe con la Svezia. Gli piace apparire, più che essere. A Coverciano si fece fotografare con la felpa della Nazionale. Pur di entrare nel consiglio federale della Figc, provò a farsi eleggere presidente della Lega di B. C'è chi lo tira in ballo per la presidenza della Federazione. Lui coltiva l'ambizione ma è troppo furbo per ammetterlo: «Per essere candidati bisogna prima essere indicati, poi ci vuole il consenso ed infine ci vogliono i voti...».
I voti ci vogliono anche per il gran salto nei palazzi della politica. I salernitani non regalano nulla a nessuno e non basta acquistare un centravanti per accaparrarsi le loro simpatie. Anche perchè, ed è il rimprovero che i tifosi fanno al patron, il bomber da trenta gol che farebbe sognare la A Lotito non lo prende affatto. Il padrone ci mette i soldi ma quanto basta per sopravvivere. Si accontenta di galleggiare in B ma poi si lamenta per l'Arechi spesso vuoto. Allo stadio c'è quando può. Va, vede ma non essendo Cesare non sempre vince. Con la città, quella che non tifa, il rapporto è distaccato. Con Vincenzo De Luca non c'è un legame, se non istituzionale e molto formale. In tribuna il patron e il governatore siedono vicini più perchè lo impone il cerimoniale che per scelta.
Certo, sfidare a Salerno Piero De Luca è un po' come andare a sfidare il Real Madrid al Bernabeu. Una trasferta da brividi. Ci vorrebbe l'aiutino di San Matteo, sempre che il Patrono (non il patron) sia d'accordo perchè non può bastare l'aver sfilato qualche volta in processione lungo l'elegante via dei Mercanti per guadagnarsi l'indulgenza.
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