Salvini indagato, mercoledì atti alla procura di Palermo: tre reati contestati

Salvini indagato, mercoledì gli atti alla procura di Palermo
Salvini indagato, mercoledì gli atti alla procura di Palermo
Domenica 26 Agosto 2018, 20:16 - Ultimo agg. 27 Agosto, 07:22
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Potrebbero essere trasmessi già mercoledì prossimo alla Procura di Palermo gli atti dell'inchiesta aperta dai pm di Agrigento a carico del ministro dell'Interno Matteo Salvini e del capo di Gabinetto del Viminale Matteo Piantedosi, indagati per sequestro di persona, abuso d'ufficio e arresto illegale. Un epilogo nell'indagine sul caso Diciotti arrivato nella serata di ieri con la nota dei magistrati che comunicava il trasferimento del fascicolo al tribunale dei ministri di Palermo. Saranno però i pm del capoluogo, dopo aver ricevuto le carte dai colleghi agrigentini, a «girare» la questione al tribunale competente per i reati contestati ad esponenti del governo.

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Il collegio, che dovrà decidere se trattenere per giorni a bordo della nave i migranti soccorsi dalla Guardia Costiera abbia o meno violato la legge, è composto da tre giudici e tre supplenti. I magistrati titolari, estratti a sorte, sono i gip Fabio Pilato, ex giudice tutelare, e Filippo Serio, approdato al'ufficio del giudice delle indagini preliminari dal tribunale del Riesame, e Giuseppe Sidoti, magistrato della sezione fallimentare. Entro 15 giorni dalla ricezione del fascicolo la Procura, dice la legge, deve trasferirlo al tribunale dei ministri con le sue eventuali richieste. I giudici, dopo aver svolto le indagini preliminari, entro 90 giorni dovranno, sentito il procuratore della Repubblica, chiedere l'archiviazione o chiedere al capo dei pm di presentare un'istanza di autorizzazione a procedere a Palazzo Madama essendo Salvini un senatore. Anche la posizione del capo di Gabinetto, che si è detto «sereno, tranquillo e determinato», verrà trattata dal tribunale dei ministri.

Nei giorni scorsi, i magistrati di Agrigento hanno sentito testimoni come i militari della Guardia Costiera e acquisito documenti per capire da chi e in che tempi fosse partito l'ordine di non far sbarcare i profughi dalla Diciotti. Fondamentale sarebbe stata la deposizione del prefetto Bruno Corda, vicecapo del Dipartimento delle Libertà Civili del Ministero dell'Interno, che avrebbe detto di aver semplicemente eseguito una disposizione ricevuta dal capo di Gabinetto del Viminale. Mentre il capo del Dipartimento, il prefetto Gerarda Pantalone avrebbe fatto presente di essere stata in ferie nei giorni in cui si sono svolte le vicende. La disposizione sarebbe stata data al telefono da Piantedosi ai funzionari del Viminale. Ma la questione Diciotti è tutt'altro che semplice: a cominciare dagli aspetti relativi alla competenza a indagare. Il sequestro di persona si è consumato quando la nave si trovava a Lampedusa, dove è attraccata per far sbarcare i migranti ammalati e, per i pm di Agrigento poteva fermarsi per compiere le procedure di identificazione, o quando, dopo l'individuazione di Catania come porto sicuro, il Viminale avrebbe espressamente vietato lo sbarco? Un interrogativo che, a seconda della risposta, potrebbe spostare davanti al tribunale dei ministri etneo l'intero caso. «La cosa certa è che il sequestro si perfeziona da quando viene impedito ai profughi di scendere dalla nave - dice l'avvocato Giorgio Bisagna, presidente dell'associazione avvocati dei diritti umani ed esperto di diritto dell'immigrazione - È importante capire dunque quando la disposizione è stata comunicata, quando cioè per la prima volta i migranti sono stati privati della libertà personale». Bisagna, che si chiede poi perché il porto sicuro sia stato individuato a Catania, quando Porto Empedocle era decisamente più vicino al primo attracco, pone anche un altro problema: «C'è un evidente danno erariale perché la Diciotti è stata per giorni ferma in porto e 'distoltà dalla sua missione che è quella di soccorso», conclude.

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