Elezioni, nei partiti l'ira degli esclusi: caso Lombardia per Salvini. Molti big lumbard rimasti fuori pronti allo scontro

Elezioni, nei partiti l'ira degli esclusi: caso Lombardia per Salvini. Molti big lumbard rimasti fuori pronti allo scontro
Elezioni, nei partiti l'ira degli esclusi: caso Lombardia per Salvini. Molti big lumbard rimasti fuori pronti allo scontro
di Andrea Bulleri e Martina Pigna
Martedì 23 Agosto 2022, 09:29 - Ultimo agg. 20:25
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C'è chi ha annunciato da subito il passo indietro. Chi, alla fine, è stato costretto a farlo. Chi si sacrificherà in un collegio dato per perdente e chi ha rifiutato la sfida impossibile. Quel che è quasi certo è che per tutti, salvo sorprese, non scatterà il seggio nel prossimo Parlamento. Il rebus delle candidature, reso ancora più complicato dal referendum sul taglio dei parlamentari, ha mandato in fibrillazione le forze politiche e accesso i malumori soprattutto tra gli esclusi.

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Così è stato per Forza Italia che dispone di una dote di collegi ben più ristretta rispetto alla passata legislatura.
A rinunciare alla candidatura di «pura testimonianza» al Senato, l'ex governatrice del Lazio, Renata Polverini.

Che raggiunta a telefono non si definisce «amareggiata».

«Rammarico», invece, quello sì, soprattutto per «i tanti progetti di legge su cui mi ero spesa, e che non potrò portare avanti». Ma di correre in un posto «non dignitoso per me, ne per la mia storia» non poteva accettarlo. Non ha intenzione di cambiare partito, Polverini. Né di tentare la corsa al consiglio regionale del Lazio, anche se «dopo aver guidato la regione», si sarebbe aspettata forse un po' di riconoscenza in più: «Io nel mio partito ci ho messo la faccia e anche la reputazione, per via delle tante cose che mi sono state scaricate addosso negli anni, a cominciare dal caso Fiorito». Ma del resto, «come diceva Enrico De Nicola, la riconoscenza è il sentimento della vigilia. Chi dovrebbe averla, spesso quando è il momento se ne dimentica».

Ha l'amaro in bocca, invece, Andrea Ruggieri, quando gli chiedono il motivo dalla sua esclusione dalla prossima tornata elettorale: «La regola d'ingaggio - spiega - era tutelare anzitutto gli uscenti. Ma pur essendo io un deputato uscente, che a Forza Italia ha fatto sempre fare una bella figura, mi sono stati preferiti esordienti anonimi e senza titolo».

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Stessa sorte spetterà, anche a Simone Baldelli, vice presidente dei deputati FI che ha scelto il silenzio, limitandosi a condividere svariati tweet a sostegno del suo lavoro in Parlamento. Rischia grosso pure il collaboratore storico del Cav, Sestino Giacomoni che, con un terzo posto nel proporzionale della Camera, si prepara ad un'ardua corsa per la rielezione. Non mancano le rinunce dell'ultimo minuto nemmeno nel Terzo polo.

A fare il passo indietro, ieri, è stato l'ex primo cittadino di Parma, Federico Pizzarotti, che, sui social, ha annunciato che non correrà come candidato nella lista di Calenda e Renzi. Ai due leader di Azione e Iv, l'ex primo cittadino ora alla guida di Lista civica nazionale rimprovera «la scelta conservativa e poco coraggiosa» di «salvare l'attuale dirigenza» non lasciando spazio «a rappresentanti dei territori». Poi l'ammissione: «Purtroppo le fusioni a freddo realizzate in due settimane hanno queste conseguenze».

 

I CASI AL NORD

Parte dal basso, invece, lo stop della candidatura di Laura Castelli, nel collegio di Novara con il Pd. A protestare, i dirigenti locali dem sul piede di guerra contro l'ex vice ministra, al punto di inviare una nota critica contro la segreteria nazionale. «Scopro dai giornali, e da qualche simpatico tweet - ha risposto di tutto punto la Castelli - che sarei candidata all'uninominale di Novara: no grazie, casa mia è Collegno». Ma il Nord non distribuisce rancori e delusione solo in casa dem. Sono un caso infatti le liste della Lega. Sulla carta i big ci sono tutti, o quasi. Ma il risiko dei collegi fa ribollire alcuni maggiorenti del partito. Tra tutti, fa rumore la candidatura in posizione difficilmente (o per nulla) eleggibile di due big della Lega Lombarda. Da una parte Raffaele Volpi, ex sottosegretario alla Difesa nel governo Conte e già presidente del Copasir. Tra i leghisti che hanno guidato la campagna nel Sud Italia del 2018 con «Noi con Salvini», Volpi è stato a lungo considerato un fedelissimo del segretario Matteo Salvini ed è vicino a Giancarlo Giorgetti. Dall'altra Paolo Grimoldi, ex segretario della Lega Lombarda che controlla buona parte delle truppe leghiste in Lombardia e potrebbe far pesare il malcontento in un futuro congresso.

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