Salvini e Meloni, competizione per il voto del Sud: sfida su lavoro e fondi Ue

Competizione FdI-Lega per il voto del Sud: sfida su lavoro e fondi Ue
Competizione FdI-Lega per il voto del Sud: sfida su lavoro e fondi Ue
di Francesco Bechis
Lunedì 29 Agosto 2022, 07:05 - Ultimo agg. 15:07
5 Minuti di Lettura

Lui sarà al ristorante «Marina di Nettuno», vista mare. Lei al Mercato Vascone, tra banchi di pesce e verdura. Chissà se si concederanno un saluto, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che oggi portano la campagna elettorale a Messina. Il leader della Lega non chiude la porta, «faremo in modo di vederci». Ma l’agenda è fittissima e il tour ancora lungo: Comiso, Scicli, Modica, Gela, Ravanusa. Meloni è invece attesa a Catania, per arringare i suoi all’ombra dell’Etna insieme a Renato Schifani, candidato unitario alle presidenziali siciliane di settembre. La campagna elettorale del centrodestra parte dal Sud e non è un caso. L’ultima mappa dei collegi uninominali dell’Istituto Cattaneo, al Sud, è una distesa di blu. Con il centrosinistra diviso, il «cappotto» nel maggioritario non è più una chimera. Ecco perché il Meridione pesa come un macigno sul bilancino elettorale della coalizione, e si vede.

È evidente nella geografia della campagna dei tre partiti di testa. Forza Italia ha aperto i battenti a Vietri sul Mare con Antonio Tajani, candidato a Salerno. La Lega con Matteo Salvini a Grazzanise, provincia di Caserta. Meloni ha tagliato il nastro nelle Marche per poi volare in Puglia. Silvio Berlusconi per una delle sue rare apparizioni sceglierà la Sicilia, il fortino azzurro dove nel 2001 la Casa della Libertà fece en plein.

Quella del centrodestra al Sud è una corsa fisica, in presenza, i leader ci mettono la faccia. «Per noi il Sud non è terra di conquista dove candidare qualcuno che viene da Roma e poi sparisce», ha promesso ieri Salvini dalla Calabria, a Corigliano Rossano.  

Ma è anche una corsa interna. Perché se il Rosatellum invita a serrare i ranghi per vincere negli uninominali, è qui che i rapporti di forza tra partiti troveranno un banco di prova cruciale. Il voto al Sud, lo sanno i sondaggisti, è un consenso volatile. Tra chi ne ha beneficiato in tempi recenti, finiti gli anni del predominio forzista, c’è anche la Lega salviniana, che al Sud deve parte del successo alle europee del 2019: 34,3%. Riuscì perfino il sorpasso del Pd in Campania con un 19,2% che lasciò di stucco. Complice un’operazione di rebranding politico iniziata quattro anni prima. Quando l’allora Lega Nord fu affiancata la macchina di «Noi con Salvini», il “partito-bis” che ha portato nel Meridione il verbo salviniano grazie a colonnelli come il pavese Raffaele Volpi, oggi non ricandidato. Prima ancora è stato il turno dei Cinque Stelle, con il successo a valanga del 2018 trainato dalla proposta-bandiera del Reddito. 

Video

Oggi, se i sondaggi non mentono, la valanga potrebbe chiamarsi Giorgia Meloni. In Fdi preparano il campo da tempo. A scrivere la strategia, insieme agli onnipresenti Ignazio La Russa e Francesco Lollobrigida, c’è il campione di preferenze Raffaele Fitto, ex governatore della Puglia, capolista nel collegio Lecce-Brindisi. Oltre ai colonnelli, che pure contano, c’è un programma tagliato su misura. È di Fdi la promessa di mettere a terra, insieme al Pnrr, i fondi per la coesione europei, l’80% dei quali, circa 58 miliardi, è destinato al Sud Italia. O ancora la proposta di un fondo di perequazione per allentare gli effetti dell’autonomia richiesta a gran voce dalla Lega al Nord. A via Bellerio nel frattempo non danno la partita per persa ma prevale il realismo. Salvini può contare su pochi colonnelli dai territori. Aiutato da Claudio Durigon, che a Roma è tornato a prendere quota insieme a Federico Freni, si affida a fidatissimi come Gianluca Cantalamessa in Campania e Domenico Furgiuele in Calabria. I leghisti sperano di reggere l’urto di Fdi e mantenere una parte del consenso del 2019.

Anche per questo al tavolo di coalizione hanno tentato di frenare la tagliola sul Reddito, misura da rivedere, sì, ma non da attaccare senza pietà se si vuole restare in partita. Anche i centristi di Maurizio Lupi di «Noi moderati» hanno qualche carta in mano, come Francesco Saverio Romano in Sicilia e l’ex candidato sindaco di Catanzaro Antonello Talerico, che con Noi con l’Italia prese il 13%. Forza Italia invece punta sulle roccaforti Calabria e Sicilia e si aspetta molto in Basilicata, dove il governatore Vito Bardi cavalca l’onda dopo l’accordo con le compagnie petrolifere che decurterà il costo del gas per i cittadini lucani. «La partita al Sud è tra noi e Fdi», rimarca un big del partito che confida i timori dalle parti di Arcore. Uno scontro polarizzato tra Meloni e Letta può consegnare un conto salato alla compagine azzurra a Sud, dove la corsa a votare il partito sulla cresta dei sondaggi può scattare con facilità. Le barricate forziste contro il dibattito Rai in solitaria tra i leader di Pd e Fdi - fermato da una delibera dell’Agcom - hanno molto a che vedere con la partita interna che si giocherà nel Meridione. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA