Sea Watch, il flop delle «relocation» e la finta solidarietà dell'Ue

Sea Watch, il flop delle «relocation» e la finta solidarietà dell'Ue
di Valentino Di Giacomo
Domenica 30 Giugno 2019, 08:00 - Ultimo agg. 10:31
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C'è rabbia al Viminale per le accuse rivolte all'Italia sul caso Sea Watch. L'irrigidimento italiano sui flussi migratori secondo il ministro Salvini è diretta conseguenza delle disattese promesse degli altri Paesi europei. «Attacchi che arrivano spiegano dal ministero - quando da anni l'Europa si impegna ad aiutare l'Italia e poi viene meno con atti concreti». È una lunga storia che parte da lontano, già nel settembre 2015, quando il Consiglio Affari Interni Ue su proposta della Commissione Europea approntò un vasto programma di relocation dei migranti che dalla Grecia e dall'Italia sarebbero dovuti essere distribuiti in tutti i Paesi dell'Unione.
 
Il piano era ambizioso e prevedeva di trasferire 160mila richiedenti asilo dai due Paesi più esposti nel Mediterraneo ai flussi migratori. Il Consiglio europeo aveva poi previsto numeri ancora inferiori, offrendo infine la promessa di ricollocare 98.255 persone. Nonostante l'accordo al ribasso, però, neppure questo target è stato centrato a causa dei soliti egoismi. L'Italia avrebbe dovuto trasferire un totale di 52mila migranti. Alla conclusione del piano di relocation sono stati invece meno di 13mila le persone collocate in altri Paesi europei, per la precisione 12.722. È andata meglio alla Grecia che ha distribuito 22mila richiedenti asilo. I quattro Paesi del Gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca) non hanno neppure partecipato al progetto non accogliendo alcun migrante.

L'Olanda, finita oggi nel mirino di Salvini per aver concesso la bandiera alla nave della ong tedesca Sea Watch, si era invece distinta come il terzo Paese accogliendo oltre mille persone. Chi maggiormente aveva offerto supporto all'Italia era stata la Germania con oltre 5mila migranti ricollocati, seguita dalla Svezia con 1408 persone. Scarso l'apporto della Francia con appena 640 richiedenti asilo accolti, ma per far ben comprendere la poca propensione degli Stati Ue a rispettare i patti, i transalpini figuravano comunque come il settimo Paese più disponibile. Prima della Francia c'erano Svizzera, Norvegia e Finlandia. Fanalini di coda l'Estonia con appena sei migranti accolti, la Bulgaria con dieci e la Croazia con ventuno. Il progetto di relocation si è concluso lo scorso anno con una percentuale di migranti distribuiti che si è fermata poco più in là del 20 per cento rispetto agli obiettivi iniziali.

Concluso con un fallimento il piano di redistribuzione dei richiedenti asilo, il governo attuale ha provato a sensibilizzare gli altri Paesi Ue per la ripartizione dei migranti giunti in Italia nell'ultimo anno. Proprio come avverrà per i naufraghi sbarcati dalla Sea Watch, si tratta di Stati che volontariamente hanno accettato di accogliere una quota delle persone. Numeri ancor più ridotti perché gli sbarchi, ad oggi, sono inferiori del 90 per cento rispetto a quanto avveniva appena tre anni fa. Dei 28 Stati membri dell'Ue solo sette Paesi hanno contribuito ad aiutare l'Italia negli ultimi dodici mesi. Sono Francia, Germania, Portogallo, Spagna, Romania, Irlanda e Lussemburgo. A questi si aggiunge il Liechtenstein, micro-Stato che fa parte solo dello spazio economico Ue, che ha contribuito accogliendo 4 migranti. Il Viminale spiega che su tre differenti sbarchi, quello del luglio 2018 sulla nave Uk Protector, quello della Diciotti nello scorso agosto e della Sea Watch dello scorso gennaio, su 961 migranti sbarcati ne sono stati ricollocati in 184. Per due arrivi più recenti di naufraghi recuperati dalla nave della Marina, Cigala Fulgosi, avvenuti lo scorso maggio e il 2 giugno, su 136 migranti totali, in 78 saranno ricollocati in altri Paesi e le procedure sono ancora in corso. L'unico contributo ulteriore avvenne, a pochi mesi dall'insediamento del governo giallo-verde, quando Salvini rifiutò di far attraccare la nave della ong Open Arms con a bordo 87 profughi. In quel caso si offrì di accoglierli la Spagna facendo sbarcare la nave dell'ong nel porto di Algeciras. Tutto ciò avviene per gli effetti dei Trattati di Dublino che obbligano il Paese di ultimo sbarco a ospitare i migranti, con l'Italia penalizzata per la sua posizione di «gancio naturale» nel mezzo del Mediterraneo.

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