La sinistra e la sindrome del grillo parlante

di Massimo Adinolfi
Mercoledì 12 Giugno 2019, 08:00
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Sinistra, un libro parallelo. Bisognerebbe cominciare da principio, proprio come fece Giorgio Manganelli con la storia di Pinocchio: scavandoci dentro un abisso di interpretazioni. Chi non ricorda l’incipit? C’era una volta… «– un Re! – diranno subito i miei piccoli lettori». E invece no, li delude subito Collodi, con sottile perfidia. Perché uno che altro si aspetta dalla favola, se non che vi sia un Re nel mezzo del suo Regno? 

Ma il Re non c'è, e il favoleggiatore (cioè Collodi), con quell'esordio «ha dato accesso sì al luogo della fiaba, ma di fiaba diversa». Ora, in quel luogo quasi di fiaba che è ormai la sinistra in Italia, dove ci si aspetterebbe di trovare un Re, o perlomeno un leader, si muovono al posto suo non pochi e diversi personaggi. Tutti provvisti di maiuscola, come in ogni storia che si rispetti. C'è lo Scrittore Impegnato (o la Scrittrice), c'è il Critico d'Arte Intransigente, c'è il Giurista Illustrissimo, carico d'anni e di benemerenze, c'è il Testimone Civile, un po' pasticcione ma sempre in buona fede (e, certo, c'è anche, nella stessa compagnia, il Filosofo o la Filosofa Che Sa Sempre Il Fatto Suo). Tutti questi, e altri con loro, abitano da almeno cent'anni la casa della sinistra, proprio come il Grillo Parlante, «paziente e filosofo», è da cent'anni che abita nella stanza di Geppetto.

E fanno quello che fa il Grillo, cioè dicono ai pinocchi bugiardi e insolenti le loro gran verità: su cosa sia la sinistra e su quel che si deve fare senz'altro. Manganelli sospettava che quell'animaletto «pedagogico, banale e fatale» avesse, in realtà, un immusonito compito ideologico: quello di fornire ragioni e giustificazioni spesso discutibili, quando non speciose. Ad ogni modo, faceva il suo mestiere di Grillo parlante: di intellettuale e di coscienza critica, potremmo dire in parallelo.

Cosa, dal canto suo, fa allora Pinocchio, in quella favola nera che ha scritto Collodi? Si infuria, afferra d'impulso un martello, lo scaglia contro il Grillo e chissà cosa ne pensano i piccoli lettori! lo centra in pieno, lasciandolo «stecchito e appiccicato alla parete». Avercelo, un leader così.

Voi, ora, da che parte state? Dalla parte del grosso Grillo, o da quella di chiunque voglia cominciare la propria avventura senza sentire il fiato sul collo della sua saggezza centenaria? Grillaccio del mal'augurio, grida Pinocchio, e grazie alla sua furia Collodi può mettere a tacere la bestiola, e far andare avanti la storia.

Attenzione, non vorrei essere frainteso: non sto affatto suggerendo di rompere la testa a qualcuno. (In particolare: non ai filosofi). Più semplicemente, mi sto chiedendo se non vi sia, anche a sinistra, un bisogno di politica, che i magisteri morali, sempre molto alti (e un pochino sussiegosi), non possono troppo a lungo supplire.

Ho in mente, in particolare, due cose. La prima: un partito votato all'opposizione si allea naturalmente con i contropoteri diffusi nella società, con i corpi intermedi così come con le istituzioni che svolgono funzioni di controllo, di garanzia, di censura, di presidio democratico. Ma se va al governo, se il sistema politico si sbocca e quel partito entra nell'area di governo, allora deve aggiornare i suoi riferimenti, o perlomeno il modo in cui vi ha rapporto. Il tempo, tortuoso e accidentato, di questo aggiornamento è stato, per la sinistra, la seconda Repubblica, tra ulivismo e antiberlusconismo. Poi è arrivato il Pd. Ma questo percorso si è concluso, e può dirsi riuscito? Non mi pare. Sono state accese presso la stampa, presso la magistratura, presso il ceto intellettuale e l'opinione pubblica in genere un numero di ipoteche morali che ancora oggi non si sa come spegnere, così che l'opposizione continua a farsi (nobilmente, per carità) su principi irrecusabili l'antifascismo, l'umanitarismo , invece che su quello che dai principi principia, cioè su quel che da detti principi consegue, che non è meno importante.

Controprova? L'imbarazzo per la vittoria della sinistra in Danimarca, solo perché sull'immigrazione la posizione dei socialdemocratici danesi era più articolata e realistica di una semplice petizione di principio.

La seconda cosa ha a che vedere proprio con il Re, cioè con la decisione politica. Se non c'è, finisce che qualcuno ne prende il posto: i grilli parlanti. E difatti: il loro cri-cri-cri si sente molto più forte di quanto non si senta la voce del soggetto politico che ne dovrebbe raccogliere i saggi consigli.

Ora, io non sto auspicando un segretario à la Roderigo di Castiglia, lo pseudonimo con cui Togliatti si firmava sulle colonne di Rinascita, per richiamare all'ordine o per scomunicare schiere di intellettuali. Ma se nel mondo fanno sentire forte la loro voce sovranismi e populismi, e se in Italia c'è un governo che effettivamente urla ai commissari europei: «grillacci del mal'augurio!», una proposta politica alternativa deve avere anch'essa un po' di sangue in più: non solo il frinito dei grilli. Il terreno per un'opposizione politica vera, per un diverso pensiero dell'economia e della società, per qualcosa di più dell'ennesima testimonianza morale, insomma, c'è. Controprova? Beh, Zingaretti dice che l'ha fornita il voto di domenica, anche se nessuno sa in nome di cosa, precisamente, il nuovo centrosinistra abbia vinto a Livorno, Ascoli Piceno o Reggio Emilia. Tocca perciò esser cauti. Però, se vale il parallelo, allora si sappia: Pinocchio a casa non tornò se non passando attraverso molti cambiamenti e trasformazioni.
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