Provenzano: 200 miliardi per rilanciare il Sud un vantaggio per l'Italia

Provenzano: 200 miliardi per rilanciare il Sud un vantaggio per l'Italia
di Nando Santonastaso
Giovedì 6 Agosto 2020, 08:48
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La riserva del 34% come punto di partenza ma per gli investimenti nel Mezzogiorno che faranno parte della proposta italiana per il Recovery Fund si potrà andare anche oltre. «Investire nel Sud è indispensabile per la crescita dell'intero Paese», ribadisce il ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Peppe Provenzano, al question time di ieri alla Camera su sollecitazione del deputato di Leu Federico Conte. E snocciolando un po' di numeri, conferma che in ballo non ci sono soltanto i circa 70 miliardi che corrispondo praticamente ad un terzo dei 209 miliardi assegnati al nostro Paese dall'Ue. A questa massa di risorse vanno aggiunte infatti quelle già previste dal Piano straordinario per il Sud 2030, quelle del Fondo sviluppo coesione (soldi nazionali di cui l'80 per cento riservato al Mezzogiorno) pari ad altri 72 miliardi del ciclo 2021-2027, e infine i Fondi strutturali per i quali l'Europa ha garantito un miliardo in più all'Italia nelle pieghe del drammatico scontro sul Recovery Fund. Ce n'è abbastanza per provare a colmare il divario e soprattutto per mettere fine all'ingiustizia della spesa storica che, come osserva Provenzano (e come ha sempre dimostrato il Mattino), è una delle ragioni del gap stesso oramai da decenni.
La sfida più delicata resta quella però di spendere bene le risorse in arrivo o già stanziate. Il ministro ne è consapevole al punto che non esita a sostenere che «il processo verso nuovi investimenti deve essere accompagnato da una profonda rigenerazione amministrativa». In altre parole, è una Pubblica amministrazione all'altezza del compito il primo vero obiettivo della spesa, persino a prescindere dall'entità dei fondi annunciati. Per Provenzano è una sorta di chiodo fisso: la macchina dello Stato deve cambiare passo, ricorda, attraverso giovani competenze da inserire nei suoi complicatissimi ingranaggi.

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Secondo il ministro, ci sono già gli asset su cui lavorare per utilizzare al meglio le risorse per il Mezzogiorno: «Si può rafforzare il capitale umano. Investire su asili, scuole, ospedali ed economia verde su cui il Sud ha grandi vantaggi competitivi». E poi avanzare delle progettualità per ridurre i divari territoriali, anche a livello infrastrutturale. E poi ci sarà la fiscalità di vantaggio «che sarà una delle misure, non l'unica, per favorire l'occupazione», con un taglio del 30% del costo del lavoro per ogni dipendente che lavora al Sud allo scopo di favorire investimenti e nuova occupazione.

Ci sarà un gioco di squadra nel governo per portare avanti questo impegno che è anche politico. Lo rivela lo stesso ministro: «Ho chiesto a tutti i ministri competenti di avanzare progettualità mirate alla riduzione dei divari territoriali, sulla base dei fabbisogni che in alcuni casi, penso alle infrastrutture, possono essere ancora maggiori». E aggiunge: «Nel nostro Paese l'equità ha sempre una dimensione fortemente territoriale e questa non è un'esigenza di giustizia, che pure non è poca cosa, ma risponde alla necessità di liberare il potenziale di sviluppo di tutti i territori. Insomma, non deriva soltanto da un principio di solidarietà e di uguaglianza, ma dalla necessità di migliorare e rendere più efficienti le politiche pubbliche che vogliamo mettere in campo».

Di qui la considerazione che «è utile anche al Centro-Nord un Sud che cresce, che attivi domanda di beni e servizi per un Paese che è più unito di quanto quelli che vorrebbero raccontarlo come diviso e contrapposto, ci hanno detto in tutti questi anni. La centralità della coesione non è solo una richiesta della Commissione, ma è un'esigenza nazionale, e noi abbiamo l'occasione per realizzare al Sud quegli investimenti che avviino progressivamente al superamento della spesa storica che penalizza sistematicamente il Mezzogiorno».

LA DIFFERENZA
L'occasione è da non sciupare, insomma. Anche perché, insiste Provenzano, «la pandemia ha inciso maggiormente su un Sud già gravato da deficit strutturali. Oggi, però, noi non assistiamo inerti al dispiegarsi degli effetti, che ancora non conosciamo nella loro dimensione, di questa crisi, ma possiamo reagire, e farlo mettendo in campo strumenti eccezionali e accompagnandoli con la giusta e doverosa sensibilità sociale.

Ma davvero non possiamo sprecare l'occasione che l'Unione europea - un'Unione europea che stavolta, a differenza della crisi precedente, ha reagito essendo all'altezza della sua sfida storica - mette in mano ai governi nazionali per provare a uscire dalla crisi. Questo deve essere il compito dell'Italia, con più sviluppo e più equità».

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