La rivolta dei sindaci contro il decreto sicurezza parte dal Sud. Da una regione, la Sicilia, che alle elezioni di marzo diede al M5S il 48% di consensi e alla Lega poco più del 5%. L'iniziativa del sindaco di Palermo Leoluca Orlando - al di là della disputa sui poteri che ha un primo cittadino per non applicare una legge dello Stato - conseguirà a breve l'obiettivo di spedire il decreto Salvini di fronte alla Corte Costituzionale. L'imbarazzo dello stato maggiore grillino all'attacco del primo cittadino palermitano si coglieva ieri dai silenzi, riproponendo le contorsioni che ci furono nel M5S al momento del voto sul decreto, quando esplosero fortissimi dissensi nei gruppi parlamentari. In testa quello del presidente della Camera Roberto Fico e di alcuni senatori di recente espulsi.
L'insidioso attacco al decreto-Salvini - partito dal capoluogo di una regione dove la Lega pesa poco, ma molto cara ai grillini - rischia quindi di tramutarsi in una bomba a tempo posta sotto l'esecutivo. L'adesione del sindaco di Napoli Luigi De Magistris conferma quanto siano altre le emergenze che si avvertono nel Mezzogiorno e che - a differenza del decreto sicurezza - non sembrano aver trovato ancora risposte. Il redditto di cittadinanza o una crescita del Paese che crei lavoro, sono le richieste che partono dalle regioni del Mezzogiorno che nelle prossime settimane dovranno anche vedersela con l'intenzione della Lega di concedere più autonomia ad un paio di regioni del Nord (Lombardia a Veneto), decisive per le sorti del Paese.
Mentre di Maio e Salvini continuano a rincorrersi proponendo un canovaccio di iniziative per il nuovo anno molto simile a quelle dell'anno appena concluso (tagli agli stipendi dei parlamentari o legittima difesa), latitano «le cose concrete» che anche il Di Battista senior ieri invocava. L'eventualità che la Consulta possa smontare anche parti del decreto sicurezza, o essere chiamata a pronunciarsi su categorie escluse dal reddito di cittadinanza, rischia di aumentare il senso di incertezza e di alimentare nella maggioranza una campagna elettorale destinata a paralizzare l'azione del presidente del Consiglio. Conte deve ora fare i conti anche con numeri più ridotti a palazzo Madama per l'espulsione di due senatori del M5S ai quali potrebbero presto aggiungersene altri spingendo magari Silvio Berlusconi ad affondare il colpo portando nel suo gruppo qualche altro senatore.
Le difficoltà dei governi a palazzo Madama non sono una novità, mentre sembra molto improbabile che la maggioranza possa allargarsi in maniera organica ai FdI di Giorgia Meloni senza dover passare per un rimaneggiamento della squadra e del programma. E' invece più probabile che da qui a maggio la maggioranza, puri andare avanti, eviti di affrontare temi pericolosi avviandosi ad un stagione di rinvii o di complicatissimi patteggiamenti.
Salvini, oltre ai temi securitari, da qualche giorno rilancia con la legge sulle Autonomie forse anche per coprire l'eventualità che il Reddito venga percepito dal suo elettorato come un mega trasferimento di ricchezze dal Nord al Sud, o che possa essere destinato anche a 200 mila famiglie di immigrati residenti da cinque anni in Italia. Ma dopo i primi sei mesi è difficile che una maggioranza possa reggere i consensi solo con nuovi annunci senza dover anche rendere conto dell'efficacia delle misure già approvate. La sfida tra alleati in vista delle elezioni europee di primavera rischia quindi di non tramutarsi in un semplice travaso di consensi tra M5S e Lega. Gli ultimi sondaggi, effettuati dopo il varo della manovra di Bilancio, dimostrano infatti che le difficoltà mostrate dai grillini contagiano la Lega che ha un elettorato interessato più alle diminuzione delle tasse che ad una nuova riduzione degli stipendi dei parlamentari.
Il leader del Carroccio sembra aver colto questa nuova aria che spira da un Nord deluso per la manovra di Bilancio, e rilancia promettendo di nuovo la flat tax e annunciando l'arrivo a breve del decreto attuativo di Quota100. Un provvedimento che il governo ha annunciato per la prima decade di gennaio ma che è destinato politicamente a seguire l'iter del reddito di cittadinanza la cui attuazione è più complicata degli annunci.
Le pressioni su Alessandro di Battista, esercitata anche dal vicepremier tra una sciata e l'altra, confermano le difficoltà che vive l'attuale leadership grillina. Su come verrà erogato il Reddito Di Maio si gioca tutto. Di Battista sembra esserne più che consapevole quando riassume i tre giorni sulla neve con un lapidario «io e Gigi siamo molto amici». D'altra parte gli amici si riconoscono nel momento del bisogno.
Le spine giallo-verdi: il Sud nuova miccia che scuote il governo
di Marco Conti
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Giovedì 3 Gennaio 2019, 07:00 - Ultimo agg. :
12:44
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