Tagli alle università, la rivolta dei ricercatori: «È un colpo allo sviluppo al Paese»

Tagli alle università, la rivolta dei ricercatori: «È un colpo allo sviluppo al Paese»
di Mariagiovanna Capone
Venerdì 20 Dicembre 2019, 07:00 - Ultimo agg. 19:24
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Sono giorni di tensione e riflessione al Miur. La delusione del ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Lorenzo Fioramonti per il miliardo e 970 milioni euro ottenuto nella legge di bilancio 2020, a fronte dei tre miliardi richiesti, scotta ancora molto e le dimissioni sono sempre una possibilità. Se a Palazzo Chigi diminuiscono i suoi sostenitori, dalla comunità scientifica e accademica non sono mancati segnali di riconoscenza per aver portato alla ribalta nazionale il tema della ricerca scientifica e dell'università, palesemente valutate irrilevanti per l'attuale governo Conte bis. Dopo il grido d'allarme del presidente della Crui Gaetano Manfredi, di ex ministri e rettori, anche il mondo della ricerca sottolinea la gravità di non assegnare quel miliardo in più a un settore in grado di portare sviluppo ed economia al Paese e che favorirà l'allontanamento di altri talenti, scoraggiati da un futuro nebuloso.

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Andrea Ballabio per natura è un ottimista. Eppure su questo argomento mostra rabbia mista a timore perché «convinto che tanti giovani vadano via, e stavolta li perdiamo per sempre». «Il miliardo di euro non assegnato a università e ricerca è terribile ma non mi sorprende. Da sempre i governi offrono risorse insufficienti, perché incapaci di capirne l'importanza» ammette il direttore del Tigem. «Oltre alla scarsità dei fondi assegnati prosegue dobbiamo fare i conti anche con una distribuzione impari, spesso lobbistica e sicuramente non meritocratica. Io mi ritengo un fortunato, nel mio istituto lavorano 258 persone e abbiamo alle spalle la Fondazione Telethon che distribuisce le risorse con metodi assolutamente meritocratici. Risorse ottenute direttamente dai cittadini, che capiscono l'importanza della ricerca per le malattie rare più del governo». Per Ballabio «la lungimiranza della gente comune ha permesso di sostenere tanti ricercatori, che in Italia non avrebbero avuto futuro. Il Paese si sta impoverendo sempre più di giovani talenti, com'è possibile che il governo non lo capisca? A sostenerci ci pensano più gli enti locali, come la Regione Campania che ha investito nella ricerca oncologica. Si parla di fuga di cervelli, ma in verità i cervelli sono messi in fuga da una strategia miope dello Stato».

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Qualche cervello per fortuna rientra in Italia. Come Mariafelicia De Laurentis, professore di astronomia e astrofisica al Dipartimento di Fisica dell'Università di Napoli Federico II, tra le poche donne che hanno contribuito a scattare la «foto del millennio», ossia la prima immagine reale di un buco nero. Prima di essere assunta dall'ateneo federiciano, ha insegnato in Russia e Germania, e proprio non immaginava di rientrare. Sui mancati stanziamenti mostra amarezza e frustrazione perché «è inconcepibile che ancora non si comprenda che la ricerca costituisca una delle principali risorse per rendere un Paese competitivo nel mercato globale, al passo con altri più avanzati, di garantire il benessere e il livello di vita di una popolazione». «Certo, non è immediato comprenderne il valore ma grazie alle attività di ricerca sono nati alcuni importanti strumenti che oggi usiamo quotidianamente: il World Wide Web, i libri digitali, la tecnologia touch-screen o, in campo medico, la risonanza magnetica e gli archivi di immagini biomediche utili a formulare diagnosi. Contribuire al suo sviluppo, vuol dire guardare al futuro e partecipare concretamente alla sua costruzione, non farlo ci terrà nelle retrovie».

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Maria Chiara Scappaticcio ha 35 anni e da tre anni è professore di lingua e letteratura latina alla «Federico II». Un posto ottenuto con sacrifici e rinunce, dopo dieci anni in giro per il mondo, dalla Francia agli Usa, passando per Austria, Regno Unito, Germania e così via. «Quasi dimentico le nazioni in cui sono stata» confessa.

Per fortuna c'è il lunghissimo curriculum che mostra come dal 2004 al 2016 abbia girato come una trottola come borsista, per soggiorni di studio e ricerca «ma sperando sempre di rientrare nella mia Università, dove mi sono formata come latinista grazie agli insegnamenti illuminati dei docenti». Una donna caparbia e capace che quando ha vinto il prestigioso Erc Project Platinum, ossia un milione e mezzo di euro dall'Ue per il suo progetto «Papyri and LAtin Texts: INsight and Updated Methodologies», non ci ha pensato due volte ed è tornata a Napoli. «Ci ho creduto e ci sono riuscita. Per molti colleghi il percorso è più complesso, tanti rinunciano e abbandonano la ricerca, altri restano all'estero».

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