Adolfo Urso ministro delle Imprese e del Made in Italy: «Cantieri veloci per il Pnrr e taglio graduale al cuneo»

«Alzare i salari è un nostro obiettivo ma vanno rispettati i vincoli di bilancio»

Adolfo Urso: «Cantieri veloci per il Pnrr. E taglio graduale al cuneo»
Adolfo Urso: «Cantieri veloci per il Pnrr. E taglio graduale al cuneo»
di Umberto Mancini
Domenica 13 Novembre 2022, 08:00 - Ultimo agg. 11:36
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«Troveremo i soldi per tagliare il cuneo fiscale nel corso della legislatura, ora acceleriamo sul Pnrr e le semplificazioni per dare sprint alle aziende, creare lavoro, difendere le filiere strategiche». Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, va dritto al punto, assicurando che sulle trivelle si troverà un accordo con il governatore del Veneto, Luca Zaia, che aveva criticato le mosse dell’esecutivo: «apriremo un tavolo tecnico con la Regione al dicastero». 

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Oggi il presidente Bonomi è tornato a chiudere la riduzione del costo del lavoro. Troverete i soldi in manovra?
«Non si può fare tutto e subito. Tagliare il cuneo fiscale di cinque punti è un obiettivo di legislatura, opereremo gradualmente in modo costante nella direzione che ci siamo dati compatibilmente con le regole del Bilancio. Il taglio del cuneo sarà per 2/3 per il lavoratore e 1/3 per l’azienda. Dobbiamo alzare i salari in maniera graduale». 

Le semplificazioni sono una delle priorità: quali sono le mosse che vuole attivare subito?
«“Non disturbare chi vuole fare”.

Lo ha affermato il presidente Meloni nel suo discorso programmatico in occasione della fiducia: il vero Made in Italy, ovvero costruito in Italia, non deve essere “ostruito in Italia“ ma anzi sostenuto e incentivato. Assieme a strumenti di semplificazione mettiamo in campo risorse come mai prima, grazie al Pnrr, al fondo complementare, alle risorse di coesione e quelle della Legge di bilancio. E tutela, in Italia e nel mondo. Spero a conclusione dei cinque anni di legislatura il nuovo Mimit sia percepito come il Ministero delle opportunità e non più come il Ministero delle crisi».

Lei ha parlato della creazione di un ufficio ad hoc per aiutare le aziende, piccole e grandi, a districarsi nella giungla della burocrazia, ci spiega come funzionerà e che compiti avrà nel dettaglio? Chiederete anche alle associazioni di categorie di partecipare? 
«Sarà un vero e proprio “difensore civico delle imprese” che potrà avocare a sé gli iter autorizzativi dinanzi ad inadempienze delle amministrazioni centrali e, in sinergia con Palazzo Chigi, per quelle locali. Il ministero delle Imprese è la “Casa delle imprese” e vogliamo lavorare assieme alle categorie produttive per mettere a terra, realmente, le risorse». 

Nella prima riunione della cabina di regia sul Pnrr, il presidente Meloni ha chiesto di mettere a terra rapidamente i miliardi stanziati, attivando progetti, facendo partire i cantieri, sbloccando le procedure, che ruolo avrà il suo dicastero nell’accelerare i lavori? 
«Il nostro ministero vuole che i cantieri si aprano e, soprattutto, si concludano in tempi congrui. Stiamo attivando contratti di sviluppo come mai prima su filiere produttive strategiche, sul turismo, sull’automotive, sulle batterie per realizzare anche quella sovranità tecnologica assolutamente necessaria nell’epoca della deglobalizzazione».

Ministro, penso però al fotovoltaico, all’eolico, ai 5 anni che servono per ottenere una autorizzazione.
«Le autorizzazioni per gli impianti di produzione energetica vanno date rapidamente anche e soprattutto in considerazione dell’emergenza che stiamo vivendo. La semplificazione - in questo caso - significa sovranità. Stiamo realizzando una nuova norma specifica, insieme al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, per consentirci di sbloccare i processi autorizzativi anche per quanto riguarda i grandi impianti energetici rinnovabili. È questo il futuro del nostro Paese che va messo in cantiere nel presente».

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Se gli enti locali non si attiveranno, il governo centrale potrà sostituirsi? 
«Sì, attivando il comma 2 dell’articolo 30, in sinergia con Palazzo Chigi, convocando una conferenza dei servizi ad hoc».

Ita e Rete unica. Due dossier aperti: per Ita ripartirà la trattativa per chiudere entro l’anno e trovare un partner industriale? E che tempi vi siete dati per creare una infrastruttura pubblica in grado di garantire l’interesse nazionale?
«Due dossier strategici per due settori strategici. E speriamo per due operatori leader. Ita sta rinnovando la governance e, pur con le difficoltà congiunturali, ha coronato il suo primo anno di vita con buoni risultati aziendali. Un partenariato forte, anche sul piano industriale, non può che essere un valore aggiunto. Più articolato il tema Tim-rete unica dove si tratta di creare delle condizioni che consentano di salvaguardare un asset, ma di non rinunciare a un principio primo che ispira la buona politica: non lasciare indietro nessuno. Vale per le aree bianche e grigie; vale per gli addetti di Tim e del suo indotto; vale per gli utenti. La rete è un bene pubblico e quindi deve essere a controllo pubblico».

Parliamo delle tensioni con la Francia e della tutela del made in Italy?
«Noi siamo pienamente consapevoli di ciò che ci lega anche sul piano economico e produttivo; non a caso siamo due paesi fondatori dell’Ue. Abbiamo un interscambio di 100 miliardi, 400.000 addetti creati da investimenti reciproci di 4.000 imprese con uno stock che raggiunge i 110 miliardi. Tra pochi giorni incontrerò il ministro Le Maire per definire la nostra politica per lo spazio nell’ambito dei progetti Esa. Lo dico per l’esperienza acquisita nei consessi Ue: le nostre economie oltreché intrecciate hanno interessi comuni. Dalla tutela delle indicazioni geografiche alla valorizzazione della manifattura, dall’audiovisivo appunto allo spazio, all’automotive, al lusso. Poi, lo sappiamo bene, fra partner strategici possono esservi momenti di incomprensione, dai cantieri navali di Saint Nazaire alle vicende legate alle politiche migratorie fino ai rapporti con la Libia. Il partenariato, anche alla luce del Trattato del Quirinale, deve essere basato sul rispetto reciproco, noi ne siamo pienamente convinti e sono convinto che lo siano anche loro, malgrado qualche dichiarazione di troppo che probabilmente va letta più sul piano interno che estero».

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