Tav, la furbata di aver proposto i costi totali come fossero quelli di competenza italiana

Marco Ponti
Marco Ponti
di Umberto Mancini
Giovedì 14 Febbraio 2019, 09:07 - Ultimo agg. 10:00
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C'è un mistero nella valutazione della Tav. O probabilmente solo una furbata che il team del professor Marco Ponti, ieri ascoltato alla Camera, ha fatto passare sotto silenzio. L'analisi costi benefici - ora al centro del dibattito politico e di furiose polemiche - non si riferisce solo alla tratta italiana, quella messa sotto osservazione dal Mit, ma all'intero percorso della ferrovia Torino-Lione. Ovvero si riferisce all'intera opera che comprende il tratto italiano e la sezione che porta e attraversa la Francia. Ed è proprio su questo percorso che la commissione voluta dal ministro dei Trasporti Danilo Toninelli composta da cinque membri, quattro dei quali tutti rigorosamente No Tav e da un indipendente che si è tirato fuori non firmando il documento finale, ha stimato un saldo negativo per il nostro Paese di 7-8 miliardi. Una cifra abnorme, eccessiva anche per occhi non professionali. Ma non è un errore, semplicemente questa cifra, peraltro tutta da verificare, è il presunto maggior sconto dell'intera opera che, come è noto, è ripartita fra Europa, Francia e Italia ciascuna per la propria quota. Il fatto è che nello studio di 80 pagine si evita accuratamente di sottolinearlo, lasciando credere che si tratta della sola quota di pertinenza italiana, onde meglio giustificare la bocciatura dell'opera.

IL MECCANISMO
Secondo l'analisi di studiosi indipendenti, il conto per l'Italia dovrebbe dunque essere ridotto di molto rispetto a quei 7-8 miliardi. Molto meno di 3 miliardi a giudizio di Paolo Foietta, commissario uscente del governo alla Tav, che da sempre ha messo in luce i punti deboli del dossier Ponti e che, come noto, sta predisponendo una voluminosa documentazione per smontare pezzo a pezzo il verdetto negativo del Mit. Un giudizio che, tra l'altro, non tiene nel dovuto conto i benefici ambientali e di miglioramento della sicurezza derivanti dal passaggio dalla strada alla rotaia del traffico merci. Foietta parla chiaro: «L'analisi è sbagliata e di parte, contiene grossolani errori che puntano solo a sostenere le tesi anti Tav dei 5Stelle». Per l'Italia, aggiunge, «i costi sono sovradimensionati di almeno 2,5 miliardi, il che vuol dire il 50% in più. Ed è chiaro che se gonfio i costi è difficile produrre poi dei benefici». Del resto molte delle tesi sostenute dallo studio del Mit sono opinioni non condivise dal mondo scientifico, come quando si afferma che l'Italia si risana «aumentando le accise e togliendo i treni in modo che ci siano più incassi per le autostrade».

Sostenere che la perdita delle accise sul gasolio e la riduzione degli introito dai pedaggi pagati dai Tir sia un costo per la casse dello Stato, spiega un altro docente, è un errore perché fatta ricorrendo a metodologie estranee alla cultura europea e perché non tiene conto del valore per la collettività di un'opera oggettivamente strategica.
A giudizio del mondo accademico, ovvero della Sidt guidata dal professor Antonio Musso che raggruppa oltre 100 docenti dei Trasporti, vi è anche «una grave sottovalutazione del flusso dei traffici, sui quali l'analisi prende una cantonata colossale stimandoli in calo». Contro le previsioni dell'università Bocconi e della stessa Ue. Per chiudere i cantieri, metterli in sicurezza, restituire i soldi all'Europa e fare fronte ai contenziosi servirebbero poi tra i 2,5 e i 4 miliardi. Ai quali bisogna aggiungere circa 1,7 miliardi per rammodernare la vecchia linea del Frejus, che ha oltre 150 anni. In tutto quasi 6 miliardi, a fronte dei 4 miliardi necessari per portarla a termine.

In questi anni del resto sono state già realizzate sette analisi costi-benefici, tutte con esito positivo. «Due sono state firmate dall'Ue e una dall'Inea, riconosciuta unanimemente come miglior laboratorio d'Europa - prosegue Foietta - La Tav è prevista in un trattato internazionale autorizzato dal Parlamento e solo il Parlamento può azzerarlo».
 

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