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Totoministri: Viminale, rispunta la Lega, Nordio verso la Giustizia

Viminale, rispunta la Lega, Nordio verso la Giustizia
Viminale, rispunta la Lega, Nordio verso la Giustizia
di Francesco Malfetano
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 13 Ottobre 2022, 07:00 - Ultimo agg. : 14:16
4 Minuti di Lettura

«Giorgia è stata generosa con il Cavaliere. Gli ha offerto più di tutti i numeretti e degli algoritmi circolati fino ad oggi». A Villa Grande si sono da poco richiusi i cancelli dietro l’Audi A6 di Giorgia Meloni. Il vertice con il Cavaliere è andato «abbastanza bene» trapela dai suoi. Mentre da FI ci si limita a un «bocche cucite». Che depurato dal linguaggio “contenitivo” tipico in fase di formazione del governo vuole dire che l’accordo nel centrodestra ancora non c’è, o quantomeno che è rimandato. Tutto vero, eccetto che per la presidenza delle Camere. Dopo una lunga giornata, a sera il centrodestra pare chiudere per Ignazio La Russa al Senato e un leghista alla Camera (i principali indiziati restano Riccardo Molinari e Nicola Molteni, ma il Carroccio non esclude sorprese).  

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Camere, accordo a un passo: il Senato a La Russa, a Montecitorio andrà un leghista. Meloni pressa Berlusconi, ma i nodi restano
Salvini si intesta Giorgetti: «Pronti a guidare l’Economia». Chiesti altri quattro ministeri
Berlusconi, il ritorno al Senato senza cravatta e senza fede: «Questo posto mi spettava»

Sulla squadra di governo invece la trattativa pare essere ancora in alto mare. «Non tutti hanno capito che l’obiettivo è chiudere presto e continuano a fissarsi sui nomi, specie su uno...» racconta uno dei fedelissimi di Giorgia subito dopo il vertice. Il riferimento a Licia Ronzulli è evidente.  

Del resto, a quanto trapela, l’offerta recapitata ieri da Giorgia a Silvio durante il faccia a faccia di un’ora e mezzo tenuto senza Matteo Salvini (incontrato alla Camera) è proprio accantonare o sistemare l’ex infermiera, arginandola con un ministero senza portafogli, oppure destinandole “solo” il ruolo di capogruppo azzurra al Senato. A quel punto la trattativa potrebbe procedere, con 6 ministeri destinati a FI. Quali che siano dipende dalla geometria variabile dell’accordo e dalle appendici che ognuno vorrà considerare al manuale Cencelli. Diventano 5 con due di peso o di più con deleghe minori. 

A Berlusconi l’idea non dispiace, ma chiede per i suoi Giustizia e Mise. Una controproposta che Meloni non apprezza affatto, convinta che mettere la riforma della giustizia e le deleghe televisive in mano al Cav possa creare solo problemi all’esecutivo. 

In ogni caso in corsa i nomi che gli azzurri vorrebbero piazzare sono più o meno gli stessi. Tolta la Ronzulli e posto che i ministeri minori sono tutti da spartire, Antonio Tajani pare destinato alla Farnesina (con in alternativa Giampiero Massolo) o allo Sviluppo economico, Anna Maria Bernini all’Istruzione, Alessandro Cattaneo al Turismo (se Ronzulli non dovesse accettare), ed Elisabetta Casellati o Paolo Sisto alla Giustizia. «Liberi di chiedere» spiegano da FdI. Soprattutto quella del Guardasigilli è però una poltrona che Meloni è determinata a tenere per sé, o meglio per l’ex magistrato Carlo Nordio, dato ormai quasi per sicuro. 

Video

In ogni caso, elaborato in questo modo, il modello non tiene conto di una variabile importante: Matteo Salvini. Per il passo indietro al Senato, il Carroccio infatti chiede come compensazione il Viminale e altri 5 ministeri (le Infrastrutture per se stesso, l’Economia per Giancarlo Giorgetti, gli Affari Regionali, l’Agricoltura per Gianmarco Centinaio e poi un dicastero minore). Uno schema “ricco” che non può evidentemente funzionare per Fratelli d’Italia. Tuttavia, con il Tesoro che pare destinato a Giancarlo Giorgetti, la richiesta salviniana apre un nuovo fronte. Se il Capitano ora preferisce per sé le Infrastrutture, vuol dire che non rivendica più l’Interno come carica ad personam, ma come casella politica da assegnare a un fedelissimo. In altri termini potenzialmente sblocca, magari attraverso il nome di Nicola Molteni, uno dei principali motivi di stallo che hanno creato l’impasse attuale. L’ipotesi, spiegano fonti autorevoli a via della Scrofa, non dispiace affatto. Certo, per ora il nome del prefetto di Roma Matteo Piantedosi resta caldissimo, ma diventa plausibile che si pensi anche a qualcun altro che non sia un tecnico d’area.  

Figure che, è noto, Meloni apprezza particolarmente. Tant’è che in corsa per i Beni Culturali e per la Salute ci sono rispettivamente l’ex membro del Cda Rai Giampaolo Rossi e il presidente della Croce rossa internazionale Francesco Rocca. Gli spazi restanti invece, dovrebbero essere occupati da politici di Fratelli d’Italia. E quindi se Adolfo Urso è accreditato alla Difesa, Raffaele Fitto lo è invece agli Affari europei. Resta in ballo il nome del cofondatore di FdI Guido Crosetto. Se non dovesse finire a palazzo Chigi come sottosegretario, e la poltrona del Mise resta sguarnita, potrebbe ottenerla, accorpandovi le due “Transizioni” oggi guidate da Roberto Cingolani e Vittorio Colao. L’alternativa è l’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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