Il bivio europeo/ L’ora di ripartire ma la direzione sia quella giusta

Il bivio europeo/ L’ora di ripartire ma la direzione sia quella giusta
di Romano Prodi
Mercoledì 22 Marzo 2017, 00:00
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Da Roma a Roma: dopo sessant’anni dalla firma dei Trattati che hanno istituito le Comunità europee, i leader dell’Unione si ritrovano in Campidoglio per ricordare il passato e per riflettere sul futuro. 

Anche se viviamo in tempi difficili i risultati passati vanno sottolineati con consapevolezza e con orgoglio. La costruzione europea prometteva pace, sicurezza e sviluppo quando questi obiettivi sembravano impossibili: eppure essi sono stati pienamente raggiunti. Lo scorrere del tempo sembra cancellarne il merito ma è bene cogliere l’occasione di questa celebrazione per meditare su quanto è stato fatto e in quali condizioni saremmo oggi senza l’Unione Europea.

Il muro di Berlino non è stato solo abbattuto dalla potenza militare americana ma anche e soprattutto dalla prosperità e dal modello di vita che la solidarietà europea avevano reso possibili. Questa è la ragione per cui il progetto europeo ha avuto tanta capacità di attrazione nei confronti di tutti i paesi del nostro continente: nelle sale del Campidoglio non vi saranno i rappresentanti di sei paesi, come nel 1957, ma di ventisette nazioni europee. 


Tuttavia proprio questo numero, che ci ricorda un passato di cui possiamo andare orgogliosi, ci ammonisce anche sulle difficoltà del presente, perché i membri dell’Unione Europea sono ventotto ma a Roma non vi sarà la Gran Bretagna, in via di uscita dopo un referendum popolare che ne ha sancito il definitivo distacco dall’Unione. Un distacco che ha radici lontane nella storia ma che è il simbolo delle difficoltà e dei problemi che l’Europa sta affrontando in questo difficile momento. 


Il terrorismo, la prolungata crisi economica, le migrazioni ma, soprattutto, la mancanza di una solidarietà e di una politica condivisa hanno reso più deboli le nostre radici comuni e hanno di conseguenza fatto nascere al nostro interno movimenti e partiti politici che mettono in dubbio le ragioni stesse dell’Unione. 


Le mettono in dubbio proprio quando si afferma sempre più forte l’evidenza che le sfide che abbiamo di fronte non possono essere affrontate con successo da nessun paese europeo preso singolarmente. Non le migrazioni, non la globalizzazione, non il terrorismo. Stiamo cadendo, nella tentazione di una rottura fra nord e sud e fra est e ovest proprio quando è chiaro che di fronte a queste sfide e di fronte al ruolo che Stati Uniti, Cina e Russia stanno assumendo nel mondo, un’ Europa divisa è un’Europa finita. 


Anche se può sembrare un paradosso una sollecitazione alla presa di coscienza di questa nostra fragilità ci viene proprio dal nuovo atteggiamento degli Stati Uniti che, attraverso una voce sempre più forte e perentoria del presidente Trump, vedono in un’Europa unita il concorrente economico più pericoloso e operano in modo attivo perché si abbandoni l’Unione e si ritorni agli stati nazionali. Un atteggiamento che, ovviamente, rende sempre più assertivo e muscoloso il comportamento della Russia nei nostri confronti. 


Siamo quindi ad un crocevia decisivo della nostra storia, anche se non è ancora maturo il momento per una risposta comune a questa sfida mortale. Vi sono ancora troppe divisioni fra di noi. Per questo motivo il documento preparatorio della Commissione Europea per l’incontro del Campidoglio non contiene una strategia precisa ma elenca cinque diverse opzioni tra le quali scegliere, opzioni che vanno da un’unione sempre più stretta fino ad un’alleanza puramente commerciale. 


Nemmeno il vertice di Roma sarà quindi in grado di fare una scelta precisa: siamo ancora nella tempesta e siamo in un anno elettorale. I risultati delle elezioni olandesi e le prospettive francesi e tedesche ci danno tuttavia il messaggio che il punto più critico è forse passato. Per questo motivo la proposta di proseguire il cammino anche se non tutti assieme contemporaneamente, e con diverse intensità, costituisce un’importante occasione per fare ripartire il progetto europeo. Non con la velocità che la storia richiederebbe ma almeno nella direzione giusta. D’altra parte, come recita un antico proverbio: “Roma non è stata fatta in un giorno”. Figuriamoci l’Europa.
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