Ultimatum No Tav, imbarazzo M5S e Appendino in trincea: «Io sempre contraria»

Ultimatum No Tav, imbarazzo M5S e Appendino in trincea: «Io sempre contraria»
di Claudia Guasco
Domenica 9 Dicembre 2018, 08:30 - Ultimo agg. 19:02
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TORINO - Sfilano gli apicoltori, gli studenti, gli allevatori di mucche, alcuni gilet gialli, gli abitanti della Val di Susa con i bambini in passeggino, una quarantina di sindaci compreso il vice di Chiara Appendino con fascia tricolore e giunta Cinquestelle. «Oggi è la giornata dell'orgoglio no Tav - scandisce il megafono - di un grande popolo che non si è mai fatto intimidire». Né fiaccare dal tempo, considerato che sono passati tredici anni dalla battaglia di Venaus. Allora erano in 50 mila a circondare il presidio di carabinieri e polizia, che dopo una lunga trattativa lasciarono l'area, oggi sono oltre 40 mila in corteo nel cuore di Torino.
 
Non ci sono bandiere pentastellate ma quelle di Rifondazione comunista e da Roma non è arrivato nessuno, «segno che per il governo la Tav è una faccenda locale e non nazionale, su questo siamo d'accordo con i costruttori», dice un assessore. Dopo le Madamine e gli imprenditori, tocca ai no Tav occupare piazza Castello. Sul palco c'è Alberto Perino, leader storico del movimento: «La Torino Lione non è emendabile, se volete provare a farla ci troverete tutti davanti alle ruspe», avverte. Il messaggio è per l'esecutivo: «Lo chiediamo con forza al M5s, perché era nel loro contratto. Vero che non sono soli al governo, ma diciamo loro di resistere e portare a casa quello che hanno promesso. Non accettiamo nessun tunnel. L'opera economicamente è insostenibile, inutile e devastante per l'ambiente. È uno spreco che va fermato». Il vicesindaco grillino Guido Montanari e gli assessori sono qui per questo. «Essere in corteo significa rappresentare una città e una maggioranza che ha votato un programma. La sindaca Appendino la pensa come me e io qui la rappresento», dice. Ma la sua passeggiata con lo striscione in mano non piace all'ala dura della contestazione e c'è chi lo affronta a muso duro: «Questa non è lotta, la lotta l'abbiamo fatta tutti i giorni al cantiere, fate schifo», gli urla un ragazzo che lo accusa di essere «complice di Salvini». I manifestanti dicono no alla Tav, no alla Tap, sì «alle piccole opere utili, ecologiche e condivise». Come spiega la sindaca Chiara Appendino, «sono persone che vogliono ribadire che un futuro disegnato su un modello di sviluppo alternativo, sostenibile e collettivo è possibile. E che non può essere rappresentato dalla linea Torino-Lione». Un cantiere, spiega, «che rappresenta un modello di sviluppo del passato a fronte di un mondo che sta cambiando molto velocemente con prospettive inedite: non ho mai esitato a ribadire la mia contrarietà all'opera e la vicinanza a chi condivide queste istanze». Secondo il movimento per spostare le merci basta il Frejus, linea ristrutturata e automatizzata, e per i viaggiatori c'è il Tgv. «Se l'alta velocità andasse avanti, con costi elevati e gravi danni per l'ambiente, sarebbe completata nel 2035 e con un risparmio di tempo sulla tratta di soli 30 minuti», rileva Ugo, attivista ex ferroviere. Perino esorta la piazza ad alzare la voce, «facciamoci sentire dalle Madamine con le ville in collina».

Per il governatore Pd Sergio Chiamparino «è stata una manifestazione organizzata, sicuramente partecipata e anche un po' scontata, che ha raccolto le tante sfumature del no a tutto che percorrono l'intero Paese». No Tav a Torino e la Lega a Roma «hanno messaggi diversi che si condizionano a vicenda, in alcuni casi si integrano, trasmettendo un'immagine di un Paese chiuso su se stesso, incattivito, rinunciatario».

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