Tenente Colonnello Paglia, qualche giorno fa hanno giurato 201 Allievi Ufficiali appartenenti al 202°Corso “Onore” dell’Accademia Militare di Modena. Lei è stato il padrino, cosa rappresenta il giuramento di fedeltà alla Repubblica?
“Non è una semplice formula, va onorato con Lealtà, Onore, Sacrificio e Amor di Patria. Chi decide di indossare l’uniforme è ben consapevole che c’è un prezzo da pagare, l’importante è farsi trovare pronti quando questo accade e di non arretrare mai di fronte alle difficoltà. Esse vanno superate e ad un Comandante in determinati momenti spetta l’onere di prendere decisioni in cui il tempo diventa essenziale per la salvaguardia dei propri soldati e per la sicurezza del Paese. Ed è proprio in questi contesti che l’esempio del Comandante diventa fulcro essenziale per tutti gli altri soldati.
Lei è stato l'uomo simbolo della presenza italiana in Somalia. Quella missione le ha cambiato la vita, quali obiettivi sono stati raggiunti?
“Non sono un simbolo, eroe è colui che è rientrato in Patria in una bara avvolto dal Tricolore, la mia vita seppur cambiata va comunque avanti. Purtroppo, però, gli obiettivi di quella missione ancora oggi non sono stati raggiunti perché ci fu un ritiro forzato da parte delle Nazioni Unite e questo ha reso la Somalia, terra abbandonata e di facile conquista.”
E’ di pochi giorni la notizia che dopo vent’anni può essere considerata conclusa la missione in Afghanistan. Rientreranno anche i nostri soldati italiani che verranno impiegati in altri teatri.
“Se è stata presa questa decisione, evidentemente sono state date delle garanzie. E’ anche fisiologico che dopo venti anni si possa iniziare a prendere in considerazione il rientro. Abbiamo letto di come i talebani stiano minacciando ritorsioni nei confronti degli Stati Uniti in quanto il ritiro era stato preannunciato per il primo maggio ed invece con il nuovo presidente si parla dell’11 settembre, esattamente allo scadere dei 20 anni. La speranza è che questo rallentamento non infici gli accordi stipulati con il governo afgano. Purtroppo quando si chiude una missione ci sono sempre dei rischi e l’auspicio è che ciò non avvenga perché altrimenti risulterebbe un fallimento.
Quale sarà il nuovo assetto nei teatri internazionali a cominciare dall'Africa e dall'Iraq?
Per quanto riguarda l’Iraq noi continueremo a fare ciò che abbiamo sempre fatto e cioè addestrare l’esercito iracheno, mentre le nuove sfide le abbiamo proprio in Africa ed è proprio lì che andremo a rafforzare la presenza dei contingenti già esistenti anche perché è un continente in subbuglio, basti pensare alla Libia, al Corno d’Africa, classiche pentole a pressione pronte ad esplodere.
Perché, a suo avviso, può essere importante che l'Italia prosegua l'impegno nelle missioni di pace?
Noi siamo in Europa, facciano parte della Nato, abbiamo assunto degli impegni che vanno rispettati. Abbiamo dimostrato di non essere secondi a nessuno e continueremo, come è giusto che sia.
Con l'arrivo del generale Figliuolo, c’è stato un cambiamento di rotta per la campagna vaccinale.
Rispetto a due mesi fa, i numeri si commentano da soli. Ancora una volta con il pieno appoggio delle Forze Armate e la super visione del Gen. Figliuolo, i risultati che si stanno ottenendo, grazie anche alla integrazione con il mondo militare e sanitario, sembravano impossibili fino a poco tempo fa. Questo vuol dire che l’organizzazione precedente aveva incontrato grosse criticità.