La moglie dell'ex presidente Leone: «Io e Melania, la bellezza in politica resta ancora un tabù»

La moglie dell'ex presidente Leone: «Io e Melania, la bellezza in politica resta ancora un tabù»
di ​Francesco Pacifico
Domenica 13 Novembre 2016, 22:32 - Ultimo agg. 14 Novembre, 16:38
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«Melania, non badi alle critiche perché il positivo certamente emergerà. E si comporti secondo coscienza. Detto questo, sinceramente non comprendo perché tanto clamore e giudizi così negativi». Neppure si è insediata alla Casa Bianca che Melania Trump già viene accolta dall’opinione pubblica americana con un misto di moralismo e pruderie: troppo bella, modella, moglie silente e giovane di uno speculatore. Persino indossare una camicetta che per un gioco di parole si chiama “pussy–bow”, finisce per renderla “complice” del sessismo del marito Donald. E la mente corre a Vittoria Leone. Bellissima, colta, indipendente, origini casertane e inglesi, ma soprattutto prima e forse ultima first lady italiana: rappresentava lo Stato sia nelle più disparate occasioni di beneficenza sia, quando in missione all’estero con il marito Giovanni, sdoganava la moda italiana fasciata in elegantissimi abiti di Valentino o di Galitzine. E lo fece con grande impegno, nonostante al Quirinale, come i suoi figli del suo resto, non ci voleva neppure andare a vivere. Donna diversissima da Melania, ma come lei vittima delle critiche e dei pettegolezzi di un Paese bigotto. Il Mattino l’ha raggiunta nella sua villa alle porte di Roma, dove passa le giornate tra i suoi impegni: una beneficenza mai ostentata, le coccole ai cinque nipotini, tenere viva la memoria del marito.

Siamo nel ventunesimo secolo e sono passati quarant’anni dalla presidenza di suo marito. Come vede l’accoglienza riservata a Melania Trump?
«Se si riferisce alle critiche di certa stampa o dei detrattori del marito io non condivido. Essere una bella donna e avere lavorato come modella non è certo un peccato, anzi dovrebbe essere considerata una virtù specialmente negli Usa dove il lavoro e la visibilità sono generalmente apprezzate. E poi ho letto che si è impegnata molto per il marito. È una brava madre, parla molte lingue, e si dedicherà anche a fare beneficenza. Sinceramente non comprendo perché tanto clamore e così giudizi negativi». 
Cosa provò quando divenne la first lady italiana?
«Per estrazione familiare e per le cariche pubbliche di mio marito avevo già molta esperienza della vita di palazzo e del cerimoniale. Emotivamente ero felice per Giovanni e, senza false modestie per l’Italia, ma ero consapevole delle invidie che avremo suscitato». 
Dove trovò la forza per non rispondere mai alle critiche gratuite dell’epoca?
«Se si riferisce a quello che accadde alla fine del mandato la storia e i fatti hanno fatto giustizia e non ero io il bersaglio. La forza si trova quando si ha consapevolezza di avere svolto bene il proprio ruolo e di non avere nulla da nascondere».
Che cosa consiglierebbe a Melania Trump?
«Di non badare alle critiche perché il positivo certamente emergerà e di comportarsi secondo coscienza».
Lei ha conosciuto anche Jackie Kennedy. Anche lei fu criticata per la sua bellezza e per il suo protagonismo. È possibile fare un parallelo tra ieri e oggi?
«Jackie era una persona speciale, come del resto lo era anche il marito che ebbi il piacere di conoscere per ultimo in occasione della sua visita in Italia nel 1963 pochi mesi prima di essere ucciso. Il Presidente Kennedy visitò Napoli su suggerimento di mio marito e fu accolto da una folla di oltre un milione di persone; ne rimase talmente colpito che al rientro in USA scrisse “viva Napoli” in una lettera inviata a Giovanni che allora era Presidente del Consiglio. Jackie, come tutte le persone speciali, non può essere paragonata perché unica nel suo genere. Credo anche che quale spirito libero non desse molto peso alle critiche, che comunque erano inferiori ai consensi per quel che ricordo». 
Perché la politica ha ancora paura della bellezza? 
«Credo ci sia paura di chi emerge in genere. Vedo uno scadimento del bello piuttosto generalizzato». 
Qual è il ruolo di una first lady?
«Non esiste una regola valida per tutte le stagioni e per tutte le nazioni. Credo però che un denominatore comune sia la presenza discreta e il supporto al coniuge Presidente non solo nella ufficialità ma nella vita in casa e con la famiglia. Seguire le proprie inclinazioni è essenziale, ma nella consapevolezza che si viene giudicati a ogni respiro e quindi molto controllo di se stessi e dare l’esempio soprattutto con la buona educazione, la disciplina di vita e l’eleganza di modi e di aspetto. Trasmettere sensazioni positive e amore per il prossimo e per il bello, che poi dovrebbe essere una nostra cultura diffusa».
Lei è stata l’unica vera first lady italiana. Perché dopo di lei non ce ne sono state altre?
«Non credo di essere stata l’unica; si è parlato molto di me e della mia famiglia e devo dire che fui accolta con grande affetto, stima e simpatia. Eravamo una famiglia giovane e conosciuta già da prima della elezione di Giovanni. Considerai un dovere occuparmi della Croce Rossa, chieder conto alla Russia dei nostri morti e occuparmi quotidianamente di aiutare la povera gente. So che lo hanno fatto anche altre mogli di Presidenti come Franca Ciampi e Clio Napolitano». 
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