Zone rosse e 21 parametri, il governo alle Regioni: «Fino al 3 dicembre nessuna modifica»

Zone rosse, tavolo con le Regioni per rivedere i 21 parametri. Ma fino al 3 dicembre non si toccano
Zone rosse, tavolo con le Regioni per rivedere i 21 parametri. Ma fino al 3 dicembre non si toccano
Giovedì 19 Novembre 2020, 19:55 - Ultimo agg. 20 Novembre, 10:38
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Il governo respinge per il momento il pressing delle Regioni sull'ipotesi di rivedere i 21 parametri oggi alla base del monitoraggio anti-Covid che definisce le fasce di rischio rossa, arancione, gialla o verdeI parametri non cambiano fino al 3 dicembre ma da domani fino a fine mese ci sarà un tavolo tecnico tra il presidente dell'Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, i tecnici dell'istituto, quelli del ministero della Salute e delle Regioni per valutare le «ulteriori ponderazioni e proposte delle Regioni» in merito. È quanto avrebbe concordato il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia e le Regioni nella riunione di oggi. «C'è stata una condivisione unitaria del percorso» avrebbe sottolineato Boccia. 

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All'incontro in videoconferenza era presente anche il ministro della Salute Roberto Speranza e il presidente.

Tra i presidenti, presenti Toti, Acquaroli, Fedriga, Toma, Marsilio, Bardì e Spirlì.

Puglia, Basilicata, Sicilia a rischio rosso

Il monitoraggio delle prossime ore quindi seguirà lo schema utilizzato finora e potrebbe determinare il passaggio alla zona rossa di almeno altre 4 Regioni: Puglia, Basilicata, Sicilia e Abruzzo, che di fatto già lo è per decisione del presidente Marsilio, con Emilia Romagna e Liguria ancora in bilico. «Non escludo che possano esserci altre regioni rosse» conferma il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia. Per i prossimi 15 giorni il sistema resta dunque quello attuale anche se il governo 'concedè due aperture ai governatori: un «coordinamento politico» per il prossimo Dpcm - che in sostanza significa andiamo avanti così fino all'inizio di dicembre e poi decidiamo insieme le regole per Natale - e, soprattutto, la possibilità di chiedere i ristori per le categorie colpite dai provvedimenti anche se sono i presidenti e non il governo, d'intesa con il ministro della Salute, a decidere le misure restrittive.

«Una riunione proficua» ha commentato non a caso il presidente della Conferenza delle Regioni Giovanni Toti. Il perché non si cambia lo ha spiegato Roberto Speranza: «non va sottovalutata la serietà della situazione, la pressione sugli ospedali» è ancora «molto alta e non si può assolutamente scambiare qualche primissimo e ancora insufficiente segnale in uno scampato pericolo». «Il cambiamento dei parametri non è dunque in discussione fino al 3 dicembre» ha aggiunto Boccia. Lo stesso presidente del Consiglio Giuseppe Conte, difendendo il metodo scelto ha però ammesso la necessità di «fare di più» e «rendere ancora più chiari e trasparenti i parametri».

Chiarezza chiesta anche dal presidente dell'Anci Antonio De Caro all'assemblea dei comuni. Di qui la decisione di istituire un tavolo tecnico che entro fine novembre dovrà individuare una soluzione che non metta in discussione la scelta dei parametri e allo stesso tempo semplifichi il processo. Se i criteri restano, non significa che non possano esserci una serie di 'aggiustamentì a livello territoriale prima del 3 dicembre. Innanzitutto per quelle regioni che per prime sono entrare in zona rossa: in Piemonte e Lombardia, ad esempio, già si registrano valori da zona arancione che, se confermati con il monitoraggio del 27 novembre, potrebbero portarle fuori dalle restrizioni più dure.

Le Regioni possono inoltre autonomamente intervenire per allentare le misure in quelle province dove il contagio è meno diffuso. Una possibilità, come ha ricordato il premier, già prevista dal Dpcm: «c'è un meccanismo che consente, sulla base di dati oggettivi e su richiesta del presidente della Regione, di farlo».

L'altra questione principale della riunione tra Governo e Regioni è stato il nuovo Dpcm, quello che dovrebbe dare le indicazioni per il periodo natalizio. Dal premier ai ministri fino agli scienziati, tutti continuano a ripetere che non sarà un Natale come gli altri e che, seppur con qualche inevitabile concessione, non sarà certo un liberi tutti.

«Dobbiamo predisporci ad un Natale più sobrio: veglioni, festeggiamenti, baci e abbracci non è possibile - ha ripetuto anche oggi Conte - Una settimana di socialità scatenata significherebbe pagare a gennaio un innalzamento brusco della curva». «Il cenone classico, con 20 persone, quest'anno non ce lo possiamo permettere« conferma il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo che lancia però un altro allarme: va evitato in tutti i modi l'assalto a negozi e grandi magazzini per lo shopping natalizio. Qualche apertura però ci sarà, come conferma lo stesso premier, per consentire alle famiglie di stare insieme e soprattutto per non affossare ulteriormente l'intero commercio e il turismo. La linea da seguire verrà decisa nei prossimi giorni, anche confidando sul fatto che le misure prese a partire dal 24 ottobre frenino la diffusione del virus.

Una delle ipotesi sul tavolo è quella di un 'Dpcm ponte' per il periodo natalizio che sospenda l'automatismo delle fasce, allenti il coprifuoco nazionale, consenta l'apertura serale di bar e ristoranti e lo spostamento anche tra le regioni 'rossè e 'arancionì per raggiungere i parenti più stretti, allunghi l'orario dei negozi, preveda un nuovo protocollo per le messe e le cerimonie religiose, indichi i divieti per la notte di capodanno, compreso lo stop a qualsiasi assembramento nelle piazze. »Parlare ora di Natale vuol dire fare un dibattito surreale e lunare - dice Boccia - pensiamo a medici e infermieri quando tiriamo fuori il cenone».  

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