Aids, 45mila morti in Italia ma 40 anni dopo le prime diagnosi non si muore può

Aids, 45mila morti in Italia ma 40 anni dopo le prime diagnosi non si muore può
Martedì 30 Novembre 2021, 21:53
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Con i farmaci oggi a disposizione non si muore più di Aids, se la malattia viene presa e trattata per tempo, ma non è ancora possibile eradicare il virus dell'Hiv dall'organismo. È migliorata l'efficacia dei trattamenti e sono diminuiti gli effetti collaterali, ma il vaccino resta una sfida aperta, anche se gli occhi sono ora puntati su quello con tecnologia a mRna. Così come resta aperta la sfida, lanciata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, di eradicare l'epidemia entro il 2030. A 40 anni dalle prime diagnosi di Aids, malattia che ha fatto in tutto 45.000 vittime solo in Italia, questo il quadro che emerge alla vigilia della Giornata mondiale contro l'Aids che si celebra domani, primo dicembre. Dalla scoperta dei primi casi di Hiv, si stima che la malattia abbia colpito 78 milioni di persone nel mondo e che 35 milioni di persone siano morte per malattie legate all'Aids.

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«Dal 1981 anno in cui i primi casi di Aids sono stati segnalati - spiega il direttore di Malattie Infettive dell'Irccs Policlinico Gemelli di Roma, Roberto Cauda - sono stati ottenuti risultati straordinari consentendo di trattare l'Hiv alla stregua di altre malattie croniche.

Dalla disperazione dei primi anni si è passati alla speranza e oggi alla cura. Ma la lotta non è ancora conclusa». Lo sviluppo delle terapie antiretrovirali ha cronicizzato la malattia: al virus viene impedito di replicarsi e diffondersi nell'organismo, quindi di diventare fatale per il paziente. «Questo - spiega Gianni Sava, professore di farmacologia all'Università di Trieste e consigliere della Società Italiana di Farmacologia (SIF) - ha permesso di concentrare l'attenzione su terapie sempre più efficaci e meglio tollerate, anche se restano criticità a cui la ricerca sta cercando di dare risposta, come la diminuzione dell'efficacia nel tempo, l'insorgenza di resistenza e la tossicità».

Le nuove formulazioni di farmaci a lunga durata d'azione, sono una risposta efficace e aiutano a superare il problema dell'aderenza alla terapia. Ma, diversamente da quanto fanno gli antiretrovirali contro l'epatite C, quelli per l'Hiv non riescono a eradicare il virus dall'organismo, aggiunge Sava, perché «agiscono solo sui virus replicanti attivati, non sui serbatoi latenti. Per questo la terapia dura tutta la vita». Dopo tutti questi anni, a mancare è soprattutto un vaccino economico, efficace e sicuro. Sono stati testati una nutrita serie di candidati, basati su strategie diverse ma, spiegano gli esperti, rimane una sfida aperta. Una risposta è che la volontà politica e gli investimenti che hanno stimolato lo sviluppo del vaccino contro il Covid sono in gran parte mancati dalla ricerca sui vaccini contro l'Aids. Ma un'altra risiede nella complessità del virus. «L'Hiv muta molto più facilmente del Covid e quindi è più difficile generare gli anticorpi neutralizzanti che potrebbero prevenire l'infezione», spiega Olivier Schwartz, capo dell'Unità virus e immunità presso l'Istituto Pasteur di Parigi. Un aiuto potrebbe arrivare dalle tecnologie oggi in uso contro il Sars-Cov-2.

Uno dei vaccini in fase di studio, seppure ancora agli inizi, utilizza l'Rna messaggero e vede impegnata la statunitense Moderna. «L'utilizzo delle piattaforme a mRna fatto sul Covid - spiega Andrea Antinori, direttore dell'Immunodeficienze virali dell'Istituto Nazionale Malattie Infettive Spallanzani - aprirà nuove porte, potenzialmente interessanti per l'Hiv, ma per ora sono ipotesi o auspici. Nonostante gli annunci fatti negli anni passati, è purtroppo una strada lastricata di insuccessi. L'unica piattaforma in sperimentazione sull'uomo è a vettore adenovirale, si attendono i dati, ma per ora non sembra stia dando grandi risultati: uno studio su donne africane è fallito, un altro su uomini europei e americani è ancora in corso». In attesa del vaccino, l'attenzione si concentra sul testing e sulla prevenzione, «anche attraverso la Profilassi pre-esposizione (Prep), una terapia farmacologica che si sta rivelando molto efficace nel prevenire il contagio in soggetti a rischio», precisa Antinori. Quello che è importante, conclude Matteo Camporeale, vicepresidente della Croce Rossa Italiana, è che «non dobbiamo abbassare la guardia sull'Aids, perché, nonostante le diagnosi in Italia siano in calo, il numero dei contagiati tra i giovani cresce». Solo nel 2021 il Telefono Verde Aids dell'Istituto Superiore di Sanità ha ricevuto 6.219 telefonate da parte di utenti che hanno ricevuto consigli utili e indicazioni su dove effettuare il test.

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