«Cancro, al Nord terapie di serie B
per i meridionali»: scienza divisa

«Cancro, al Nord terapie di serie B per i meridionali»: scienza divisa
di Ettore Mautone
Venerdì 5 Gennaio 2018, 08:14 - Ultimo agg. 11:51
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Cura del cancro, terapie innovative e protocolli sperimentali: terapie di serie B per i pazienti del Sud che vanno a curarsi al Nord, secondo lo scienziato Antonio Iavarone, beneventano, titolare, del laboratorio di ricerca clinica della Columbia University e autore, insieme alla moglie, di uno studio sulla fusione di alcuni geni che accendono i mitocondri, motori delle cellule tumorali. Il ricercatore sannita, un cervello in fuga diventato famoso all'estero, in un'intervista pubblicata ieri dal Mattino ha gettato il sasso nello stagno quando ha sostenuto che i meridionali che si recano al Nord per ricevere cure migliori in realtà sono sottoposti a protocolli vecchi e terapie obsolete. Dichiarazioni choc che scatenano diverse reazioni tra gli studiosi campani. C'è chi difende a spada tratta la qualità della ricerca clinica di centri come il Pascale assurti a livelli di eccellenza internazionale e chi al contempo conferma la tesi di Iavarone sottolineando come anche all'Ieo di Milano spesso si applicano protocolli non più attuali.

Un fenomeno, quello dell'esodo dei campani in viaggio verso altre regioni per aggrapparsi alla speranza di maggiori possibilità di guarigione di fronte a una diagnosi di cancro, da anni costante e che conta circa 25 mila pazienti. Afferiscono ai centri clinici e alle strutture specialistiche di tutti il centro nord preferendo soprattutto la Lombardia, l'Emilia Romagna e la Toscana. E pesano sulle casse della Regione circa un terzo dei 350 milioni di euro annui che la Campania lascia sul piatto del riparto della torta delle risorse del fondo sanitario nazionale. Eppure secondo Iavarone sarebbe tutto inutile, visto che i cittadini del Mezzogiorno che vanno al Nord ricevono cure inadeguate in un'Italia che già di suo sarebbe indietro nell'applicazione di protocolli di cura innovativi e sperimentali.

«Sono io stesso a suggerire ai meridionali di andare al Nord dice Iavarone però quando entri in un ospedale del nord Italia sono trattati con il protocollo per meridionali, e non per una forma di razzismo. Una terapia di Serie B. Chi si cura fuori sede dopo qualche tempo è costretto a rientrare. E quindi determinate terapie che richiedono la presenza del paziente non vengono neppure iniziate. Per esempio l'estrazione di cellule immunitarie che vanno poi rinfuse nel paziente. La terapia basata sulle analisi genetiche è complessa e però è la sola in grado di portare risultati perché permette cure mirate e personalizzate».

Una versione, quella di Iavarone, seccamente smentita da Giuseppe Curigliano, direttore della divisione per lo sviluppo di Nuovi farmaci e Terapie innovative dell'Ieo di Milano e condirettore del programma Nuovi farmaci dell'Università di Milano: «Conosco bene Iavarone avverte il docente di origini calabresi l'ho avuto con me all'Università Cattolica e anche io stesso sono stato alla Columbia University. Ma quello che dice il collega non corrisponde al vero. Qui a Milano adottiamo le più avanzate sperimentazioni del mondo e nel mio istituto, all'Ieo, curiamo tantissimi pazienti meridionali con la stessa intensità e attenzione riservata ai residenti. Anzi, dico di più, anche gli operatori sono del Sud e l'80% dei miei collaboratori proviene dalla Calabria, da Salerno, da Napoli. Chiunque venga da queste città riceve esattamente gli stessi trattamenti sperimentali. Da qualche anno Aifa e ministero della Salute dettano criteri di qualità per le sperimentazioni in questo settore e qui a Milano siamo avvantaggiati nelle sperimentazioni mai testate prima sull'uomo. Ciò grazie agli investimenti fatti negli anni passati. Tuttavia effettivamente negli ultimi cinque anni il Pascale di Napoli è assurto a un rilievo internazionale».
 

Di certo il massimo dell'innovazione nella terapia del cancro è oggi rappresentato dai farmaci mirati a bersaglio molecolare, dagli immunomodulatori e dalle terapie con cellule re-ingegnerizzate in vitro. Protocolli che secondo Curigliano si praticano a Milano per tutti, meridionali compresi. E al Sud? Secondo Paolo Ascierto, uno dei massimi esperti al mondo di immunoterapia e ricercatore al Pascale, la Campania non è seconda a nessuno.
«Da qualche anno pratichiamo tutte le sperimentazioni che si effettuano in altri centri clinici e anzi, su alcuni fronti, siamo unici in Italia soprattutto nell'immunoterapia, settore in cui siamo attrattivi tanto che vengono da noi anche dall'estero. Presto saremo pronti anche per l'ingegnerizzazione cellulare di cui parla Iavarone. Utilizziamo farmaci immunologigi per i tumori del polmone, del testa-collo, del rene e dello stomaco. In questo momento al Pascale abbiamo studi clinici tra i più avanzati a livello internazionale».
Paolo Muto, responsabile della radioterapia dell'Istituto tumori di Napoli concorda solo in parte con le affermazioni di Iavarone: «Partiamo dal presupposto che il nostro Istituto tumori è oggi dotato delle macchine più moderne per una radioterapia avanzatissima anche nei tumori cerebrali. Con Iavarone potremo anzi collaborare unendo le forze del Sud. Manca ancora la Neurochirurgia per dare il via alla conservazione dei reperti di cui parla il collega. Per questo c'è stata l'annessione dell'Ascalesi al costituendo polo oncologico del Mediterraneo consentirà presto di colmare questo ritardo anche in Campania. La migrazione? Spesso le terapie iniziano al Nord ma poi proseguono qui a Napoli quando sorgono le complicazioni o in fase terminale».
Michele De Laurentis, primario della Oncologia medica del Pascale da un lato conferma il valore della ricerca clinica campana: «Sul tumore del seno avverte - abbiamo in corso 55 progetti di ricerca sperimentale che non ha nemmeno l'Ieo e utilizziamo i farmaci più avanzati». Ma sulle terapie di serie B eseguite dai meridionali che vanno al Nord, concorda con la versione di Iavarone: «Spesso le chemio utilizzate al Nord per i nostri pazienti sono quelle minimali, protocolli standard e di base che si facevano anni fa e che noi non pratichiamo più. In Campania, invece, su alcuni tumori tipizzati geneticamente applichiamo protocolli avanzatissimi anche rispetto all'Ieo. E giungono al Pascale pazienti anche dal Nord. Semmai ci presentiamo malissimo. Ma siamo impegnati con la nuova amministrazione a invertire questa immagine investendo in strutture e personale. Gli studi di cui parla Iavarone? In realtà sono molto preliminari, non ancora approdati a terapie consolidate e validate e servono, in questa fase, a capire se la terapia è tollerata dal paziente, a valutare la tossicità. Le cure vere e proprie dovranno attendere le successive fasi di valutazione dell'efficacia da comparare infine rispetto agli attuali protocolli, dando dimostrazione di una maggiore sopravvivenza».
et.ma.
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