Cancro, le donne malate potranno congelare anche il tessuto ovarico

Cancro, le donne malate potranno congelare anche il tessuto ovarico
di Ettore Mautone
Giovedì 21 Marzo 2019, 11:30
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Scoprire di avere un tumore, essere in età fertile e dover sostenere chemio e radioterapia con alti rischi di sterilità. In Campania tutto questo non accadrà più grazie a una rete regionale, la prima in Italia, che mette in collegamento centri oncologici, strutture di procreazione assistita e due centri Hub (policlinico Federico II e Azienda ospedaliera Moscati di Avellino) deputati al prelievo e alla conservazione, in azoto liquido, di gameti e tessuti. L'obiettivo, per le coppie, è avere un figlio dopo una cura anticancro. La presentazione del progetto è avvenuto ieri a Palazzo Santa Lucia alla presenza del governatore Vincenzo De Luca. Proprio la Regione nel 2015 stanziò 4 milioni di euro. Un progetto varato nella precedente consiliatura ma portato avanti per le linee progettuali dall'attuale Giunta che ha realizzato le biobanche (le prime in Italia) e gli altri interventi funzionali. Non ultimo il recente decreto che ha garantito la gratuità della crioconservazione non solo in caso di malattie tumorali ma anche per rischio professionale e in presenza di malattie cronico-degenerative (ad esempio la sclerosi multipla).
 
I responsabili del progetto sono Giuseppe De Placido, direttore del dipartimento materno-infantile dell'Università Federico II e Cristofaro De Stefano, a capo dell'unità di Fisiopatologia della riproduzione del Moscati di Avellino, a cui fanno capo i due Hub della rete con le prime biobanche di tessuto ovarico del Sud. I terminali periferici (spoke) sono invece rappresentati dai centri oncologici e dalle strutture che si occupano di procreazione assistita. Al progetto collaborano l'Istituto superiore di Sanità (Iss) e il Centro nazionale trapianti (Cnt). Il progetto coinvolge almeno una dozzina di strutture oncologiche ospedaliere periferiche. Un ruolo centrale lo ha anche l'Università Vanvitelli di Napoli. Tutti i centri sono collegati da una piattaforma informatica, attiva giorno e notte e per tutto l'anno, cui gli oncologi possono accedere per programmare entro 72 ore un appuntamento con le strutture Hub. «Il nostro programma - spiega il manager del Policlinico Vincenzo Viggiani - coinvolge poi direttamente l'oncologia medica diretta da Sabino De Placido». Presenti ieri tra gli altri Giulia Scaravelli (responsabile del Registro Pma presso l'Iss) Fiorenza Bariani (Cnt), Fulvio Zullo a capo dell'unità che si occupa di Oncologia ginecologica a Napoli i medici Pasquale De Rosa, Roberta Vallone e Alessandro Conforti, gli psicologi Mauro Maldonato e Marzia Duval che hanno collaborato allo sviluppo della rete al policlinico Federiciano. Primi in Italia Dopo la sperimentazione avviata nel 2011, e la validazione dei protocolli di prelievo, congelamento, conservazione e trapianto svolti in collaborazione con il centro pilota di Copenaghen, le prime procedure su tessuto ovarico sono partite in Campania a gennaio 2016. «La nostra azienda - spiega De Placido - è stata la prima in Italia a validare e certificare la tecnica sotto l'egida di Claus Andresen che in Danimarca è a capo della struttura di riferimento in Europa». Al Moscati Cristofaro De Stefano ha poi integrato la consulenza diretta di oncofertilità per tutti i pazienti in età riproduttiva anche nelle patologie eredofamiliari. «Per la donna esistono diverse strategie di preservazione della fertilità - conclude Carlo Alviggi, responsabile del programma di Oncofertilità alla Federico II - dal trattamento farmacologico alla preservazione chirurgica delle ovaie fino alla conservazione in azoto liquido di embrioni, ovociti maturi e immaturi». L'ultima frontiera è il prelievo e la conservazione del tessuto ovarico indicata quando non si possono attendere settimane per l'induzione dell'ovulazione o nelle neoplasie prepuberali. Fino al 2014 meno del 30% delle giovani donne affette da cancro veniva inviato ad un percorso di preservazione della fertilità. Oggi grazie al progetto in Campania siamo quasi al 90% di copertura. «Prima vedevamo le pazienti soprattutto dopo i trattamenti chemioterapici - chiude Alviggi - quando la sterilità era già evidente e troppo tardi per agire. In tre anni la tendenza è invertita».
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