Coronavirus, che significa essere guariti dal Covid-19? Ecco quali sono i postumi e come ripartire

Coronavirus, che significa essere guariti dal Covid-19? Ecco quali sono i postumi e come ripartire
di Maria Pirro
Mercoledì 1 Aprile 2020, 10:00 - Ultimo agg. 15:24
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L'ultimo bollettino sul coronavirus segnala 15.729 pazienti guariti in Italia, di cui 88 in Campania. Ma questi dati sono ancora limitati da un punto di vista scientifico e clinico: non è chiaro cosa vuol dire aver sconfitto l'infezione, cosa succede una volta che la malattia scompare. Le prime indicazioni arrivano dal Consiglio superiore di sanità, con il parere espresso dal direttore generale Claudio D'Amario; altre nuove informazioni dagli esperti consultati dal «Mattino», impegnati nella ricerca di terapie e direttamente nell'assistenza.
 


Cosa vuol dire essere guariti dal Covid-19?
Niente più febbre, rinite, tosse, mal di gola, eventualmente dispnea e, nei casi più gravi, polmonite con insufficienza respiratoria associati all'infezione da Sars-CoV-2: il paziente può considerarsi «clinicamente guarito», quando scompaiono i sintomi della malattia ma può ancora risultare positivo al tampone (68 casi su 88 in Campania). Si definisce «guarito» a tutti gli effetti, quando due test consecutivi, eseguiti a distanza di 24 ore l'uno dall'altro, risultano negativi (i restanti 20 nella regione).

Dopo quanto tempo regredisce la malattia?
Dipende da diversi fattori, innanzitutto dal quadro clinico di base. Incide l'età dei contagiati: gli ultrasessantacinquenni hanno un fisico meno idoneo a combattere l'infezione e, più spesso, sono affetti da patologie croniche pregresse. «A giudicare dai casi trattati, il decorso non è comunque prevedibile e, per arrivare alla scomparsa dei sintomi e al miglioramento clinico, nei casi più favorevoli sono necessarie almeno 2-3 settimane», avverte Roberto Parrella, direttore di Malattie infettive respiratorie al Cotugno, polo di riferimento per tutta la Campania.

Si hanno postumi dovuti al Covid-19?
«In molti casi si ha una remissione totale della malattia, nei più gravi si possono avere complicanze come l'insufficienza renale o tromboembolie che compromettono la guarigione», spiega Parrella, che aggiunge: «In alcuni casi stiamo anche osservando strie disventilatorie o addensamenti fibrotici che dovremo controllare nel tempo». Con l'obiettivo di favorire il recupero funzionale per questi pazienti, il Cotugno prevede un percorso di riabilitazione respiratoria di almeno 7-10 giorni in un reparto dedicato prima del definitivo rientro a casa.

Chi è guarito dal Covid-19 può ammalarsi di nuovo?
«C'è un unico caso di sospetta reinfezione in Giappone ma non ancora chiarito nella sua dinamica», spiega Giovanni Maga, virologo e direttore dell'Igm Cnr, che aggiunge: «È altamente improbabile che nel corso della stessa epidemia una persona guarita si possa reinfettare».

Perché è immune?
La scomparsa dei virus è accompagnata dalla produzione di anticorpi specifici, di tipo IgG, da parte dell'organismo: salvo rare eccezioni, con carattere protettivo. «Un'altra questione è quanto a lungo questa immunità possa durare», chiarisce Maga. Per l'infezione da Sars-CoV-2 i dati disponibili sembrerebbero escludere una rapida insorgenza di mutazioni in grado di sfuggire al controllo del sistema immunitario, quando questo è stato in grado di eliminare il virus.

Dopo il doppio tampone negativo, si può uscire di casa senza restrizioni?
«In teoria, sì. Ma, sul punto, c'è un vuoto normativo a livello nazionale e regionale», ammette Angelo D'Argenzio, direttore dell'osservatorio epidemiologico in Campania e componente dell'unità di crisi sul Coronavirus. Lui chiarisce: «Dopo la malattia conclamata, chi è guarito non rischia di infettare gli altri e quindi potrebbe riprendere una vita normale». I medici del Cotugno comunque raccomandano di restare a casa per altri dieci giorni dopo le dimissioni.

Può considerarsi guarito anche chi ha sviluppato gli anticorpi di tipo IgG rilevati con i test rapidi?
«No. Solo il tampone eseguito nei laboratori certificati è considerato un valido strumento per la diagnosi e gli accertamenti clinici», precisa D'Argenzio.

L'immunità che protegge dal virus può valere la prossima stagione?
«Non è possibile prevedere se chi è guarito sarà protetto in una stagione successiva», dice Maga.

Il virus sta già mutando?
«Sono venti le mutazioni registrate dall'inizio dell'epidemia. Ma, anche se il genoma cambia, si contano massimo 14 mutazioni amminoacidiche nelle proteine, le più importanti, e il virus al momento non è più aggressivo», spiega Rita Berisio,dirigente di ricerca all'Ibb Cnr impegnata a sviluppare farmaci per inibire o contenere l'infezione.

Terapie molecolari e vaccini messi a punto oggi, potrebbero rivelarsi inefficaci domani?
«Potrebbe accadere, ma questo virus non muta molto più degli altri, per i quali usiamo vaccini prodotti anni fa.
Stiamo comunque cercando di sviluppare molecole che possano funzionare anche in caso di variazioni, così come la comunità scientifica ne cerca di efficaci contro più coronavirus», spiega Berisio, che chiarisce che lo stesso procedimento si adotta per il vaccino. 

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