Coronavirus, Greco apre alla movida: «Con la mascherina si può stare vicini all'aperto»

Coronavirus, Greco apre alla movida: «Con la mascherina si può stare vicini all'aperto»
di Ettore Mautone
Giovedì 21 Maggio 2020, 10:00 - Ultimo agg. 15:17
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«Il Coronavirus si trasmette per via orale e respiratoria e pertanto l'unica misura di prevenzione efficace è la distanza. La mascherina la rafforza soprattutto nei luoghi chiusi ed affollati. Ma per affrontare la fase della ripartenza bisogna puntare sula responsabilità individuale e sull'informazione». Così Donato Greco, napoletano, specializzato in igiene, prevenzione, malattie infettive e tropicali e in statistica sanitaria. Un epidemiologo che ha diretto il centro di biostatistica dell'Istituto Superiore di Sanità e, sempre all'Iss, il Centro nazionale di epidemiologia. Per oltre vent'anni è stato a capo del centro europeo di studi sulle malattie infettive ed attualmente è ancora consulente per l'Oms presso il centro di controllo malattie di Stoccolma.
 


Riapertura e movida: si può stare all'aperto uno accanto all'altro?
«Con la mascherina e con responsabilità si può fare: in questa fase bisogna posare il lanciafiamme - che va bene quando c'è un popolo che non capisce e non risponde senza i carabinieri in strada e le multe - per puntare sulla responsabilità. Per il governatore Vincenzo De Luca ho tanti motivi di stima, ma continuare con la politica della paura non migliora la responsabilità, soprattutto dei giovani. Il popolo campano si è guadagnato un credito di intelligenza pari a quello del nord Europa».

E le altre regioni? Il Sud è andato meglio rispetto al Nord anche per il rigore?
«Il distanziamento è servito ma in Italia abbiamo avuto tre epidemie: quella lombarda, che purtroppo continua, una nel resto del Nord, un po' più moderata, in Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Trentino, e un'altra nel resto d'Italia».

Anche in Campania però abbiamo assistito alla saturazione dei posti letto e all'aumento dei decessi...
«Certo, ma quello delle barelle è uno scenario che vediamo ogni anno. Ogni anno in Italia muoiono 8-9 mila italiani di influenza e osserviamo il fenomeno delle barelle. Il Coronavirus è arrivato fino all'isola di Pantelleria, ha invaso tutta l'Italia. Se avesse voluto uccidere allo stesso modo lo avrebbe fatto tranquillamente. Da 45 anni seguo le epidemie ma non so dirle perché si sia espresso in modo diverso».

Il virus sembra essersi attenuato: per quale motivo?
«Si è certamente attenuato: i nuovi casi sono in maggioranza poco sintomatici. Un fenomeno consolidato».

Come mai?
«Non lo sappiamo bene, è presto per dirlo, dobbiamo avere il coraggio di dire che la causa non è nota. Napoli non si può dire fosse più protetta di Varese o di Codogno in termini di densità di popolazione o di organizzazione sanitaria. Tutte le epidemie però da 4 mila anni iniziano e finiscono. Per quale ragione finiscano non è ben chiaro né così facile da decifrare. Ancora ci chiediamo per quale motivo l'influenza stagionale inizia a dicembre e finisce in primavera e colpisce solo il 15% della popolazione».

Dipende dalle cure?
«La cura arriva dopo la malattia».

Effetto del distanziamento?
«Ha avuto un effetto diluente forte e insieme alle mascherine riesce a tenere bassa la carica virale che circola. Ma il virus si è attenuato. Chi prende oggi il virus a differenza di prima, anche senza intervento medico, non si ammala».

Quindi ognuno può affrontare in maniera diversa il virus in base ai numeri?
«Ho sempre sostenuto che occorre differenziare gli interventi. Invece abbiamo lombardizzato il paese. L'incidenza settimanale di nuovi positivi in Campania è di 1,36 per 100 mila quindi ci sono circa 80 colpiti che sono a casa o in ospedale. Probabilmente altri 80 sono asintomatici o in incubazione. Per questo scenario può bastare il metro di distanza e la mascherina. Se i numeri fossero 10 volte maggiori come in Lombardia le misure dovrebbero essere diverse».

Quali errori evitare?
«Inseguire le fesserie scientifiche».

Quali?
«Indossare fuori dall'ambiente ospedaliero i guanti di gomma, usare i termoscanner ovunque, le sanificazioni a tutto spiano e le disinfezioni delle strade che creano solo resistenza agli antibiotici e distruggono insetti utili, formiche e api».

Quali invece le regole utili?
«Distanza e mascherina soprattutto al chiuso e in luoghi affollati, evitare i contatti ravvicinati con persone non note, andare nei presidi ospedalieri solo se necessario, evitare le Rsa. I problemi in Campania permangono in qualche nucleo familiare, in qualche Comune dove sono stati commessi errori sociali, matrimoni o funerali. Anche mascherina e distanza vanno usati con intelligenza: chi mette la mascherina la mattina a la toglie la sera deve sapere che diventa una spugna e andrebbe cambiata dopo 4 o 5 ore. La distanza tra familiari non ha senso».

Come declinare queste precauzioni in una fase di ripartenza?
«Facendo riferimento all'equilibrio tra vita e morte: l'impatto sociale, culturale, umano, sentimentale ed economico del lockdown è stato drammatico. I giovani pagheranno lo scotto di questo virus nei prossimi venti anni e dovranno imparare a ricostruire una rete di rapporti umani fondata su baci, abbracci e pacche sulle spalle e ora contaminata dalla paura. I giovani sono poco colpiti, scontano un'incidenza 10 volte inferiore».

E delle scuole che restano chiuse cosa pensa?
«Ho sempre detto sin da febbraio che le primarie non andavano chiuse, tra i bambini non c'è trasmissione».

Le previsioni matematiche sono attendibili?
«Se sono usate bene dagli epidemiologi.
Prendiamo l'indice di infettività del virus R0: in Campania ha lo stesso valore del Nord Italia ma i numeri sono differenti, non comparabili. Così il numero dei tamponi: dipendono sempre dai contagi e dai decessi che sono al numeratore. La Campania ha avuto un'incidenza 10 volte inferiore di quella della Lombardia». 

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