Coronavirus, l'Europa dell'Est fa paura: è allarme in Italia per le «bombe virali»

Coronavirus, l'Europa dell'Est fa paura: è allarme in Italia per le «bombe virali»
di Lucilla Vazza
Mercoledì 8 Luglio 2020, 11:00 - Ultimo agg. 17:08
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Dopo le riaperture internazionali di giugno, i contagi di rientro sono lo spauracchio in questa nuova fase di convivenza con il coronavirus. L'ultima bomba virale per fortuna disinnescata in tempo, per usare le parole dell'assessore alla Sanità del Lazio D'Amato, è quella dei cittadini del Bangladesh che due giorni fa erano in volo da Dacca per Roma, 21 dei quali risultati positivi al virus già prima di atterrare, e dunque potenzialmente vettore di contagio per tutti gli altri passeggeri a bordo (in totale 276) su cui si stanno ancora effettuando test e tracciamento dei contatti. Già negli altri giorni questi voli straordinari dal paese orientale avevano innescato piccole catene di contagio, e, appresa la notizia dei 21 positivi in volo, il ministro della Salute, Roberto Speranza di concerto col collega degli Esteri, Luigi Di Maio, ha dato lo stop per una settimana a tutti i voli provenienti dal Bangladesh, «almeno finché non si troverà un modo più sicuro per gestire le misure di sicurezza per gli arrivi dai Paesi extra Schengen ed extra Unione Europea» ha spiegato Speranza. Fino a ieri sera, i positivi al tampone individuati all'aeroporto di Fiumicino e riferiti al volo atterrato due giorni fa, sono stati 36 (più del 13%) e sono stati in gran parte trasferiti al Covid Center di Casal Palocco a Roma.

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Ma esiste già nel Lazio un focolaio bengalese e per questo si stanno organizzando incontri informativi con la numerosa comunità, che si è dimostrata collaborativa: «I casi correlabili ai voli provenienti da Dacca sono stati finora complessivamente 77. Tutti i passeggeri del volo di ieri sono stati posti in isolamento presso strutture alberghiere e alcuni di loro presso il proprio domicilio previa la verifica delle condizioni di isolamento», ha chiarito in una nota l'assessore Alessio D'Amato. Il punto è che nelle settimane passate non c'è stato lo stesso spiegamento di forze per chi è rientrato dal Bangladesh ed è per questo che la Regione Lazio ha chiesto a tutti coloro che siano tornati dal 1° giugno, o siano stati a contatto con gente di ritorno dalla madrepatria, di fare i tamponi nei vari punti dislocati in città. Sono oltre 5.500 i lavoratori agricoli del Bangladesh impegnati nelle campagne prima dell'emergenza coronavirus e in totale circa 140mila sono regolarmente presenti nel nostro Paese.

Per il super esperto di tamponi e tracciamento della Regione Veneto, il microbiologo Andrea Crisanti, bisogna fare il test a chiunque arriva: «Senza controlli, vista la percentuale di positivi importati che si stanno registrando - il caso del volo da Dacca docet - si rischia molto: si rischia la seconda ondata più dai casi di importazione, se non sono gestiti, se non sono tracciati e si disperdono, che dai focolai interni. Chi arriva se non tracciato si disperde sul territorio, serve un sistema di tracciamento forte fin dall'ingresso». In conclusione, «sapere che chi arriva in Italia non è positivo al coronavirus è essenziale come avere il passaporto» ha chiosato Crisanti. 
 


La paura per i contagi di rientro è cresciuta dopo che in pochi giorni si sono susseguiti i cluster di Mondragone, Vicenza e Fiumicino, tutti causati da rientri per motivi di lavoro.

«La quarantena per chi viene da Paesi extra Ue ed extra Schengen - ha detto il ministro della Salute - è già prevista ed è confermata. Ma dopo tutti i sacrifici fatti non possiamo permetterci di importare contagi dall'estero», il punto è che oltre ai voli diretti, come già successe a gennaio e febbraio, resta il nodo degli scali intermedi, per questo la richiesta che arriva da più parti è di coinvolgere l'Europa per concordare un'unica strategia ed evitare le falle del passato. Finora il Bangladesh ha registrato 169mila positivi, ma il problema restano i tamponi, tanto che la stessa comunità in Italia ha spiegato che è molto difficile farsi diagnosticare in patria e chi parte, spesso non ha possibilità di sapere se è contagiato.
Ma non è critica solo la situazione del Paese asiatico, perché i contagi si mantengono alti anche in molti Stati europei da cui provengono migliaia di lavoratori stagionali, così come badanti e collaboratori familiari. La comunità di braccianti stranieri più presente in Italia, secondo Coldiretti, è quella rumena con 107.591 occupati ma tra gli europei ci sono tra gli altri anche polacchi (13.134) e bulgari (11.261), tutti paesi con cui c'è libertà di movimento, ma che hanno situazioni molto diverse rispetto ai contagi interni. Romania e Bulgaria registrano aumenti sostenuti, anche perché si fanno più test, mentre la Polonia che ha registrato un picco vertiginoso in giugno per via dei contagi nelle miniere di carbone, ora è parzialmente sotto controllo.

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Ma preoccupa tutto l'Est Europa con numeri in crescita in Montenegro, Kosovo, Bosnia-Erzegovina, Albania, Macedonia del Nord, Croazia e Ucraina.
Il maggior aumento percentuale dei decessi totali è stato osservato in Kosovo (+150%), Albania (+79,5%), Montenegro (+55,6%) e Macedonia del Nord (+43,3%). In molti di questi paesi la strategia di contenimento del virus è stata attivata in ritardo, soprattutto per la mancanza di reagenti necessari a effettuare test e tamponi e le misure di contenimento non sembrano ancora sortire effetti decisivi. 

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