Covid, Locatelli: «Aumentano i malati gravi, facciamo rispettare le regole»

Covid, Locatelli: «Aumentano i malati gravi, facciamo rispettare le regole»
Covid, Locatelli: «Aumentano i malati gravi, facciamo rispettare le regole»
di Mauro Evangelisti
Giovedì 27 Agosto 2020, 01:37 - Ultimo agg. 19:30
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«Per natura io penso sempre che l’educazione e il convincimento siano più importanti della repressione. Però a un certo punto le regole vanno fatte rispettare».

Il professor Franco Locatelli, luminare del Bambino Gesù (è direttore del dipartimento di Oncoematologia Pediatrica), membro del Comitato tecnico scientifico e presidente del Consiglio superiore di sanità, nei mesi difficili del lockdown, quando ciclicamente è comparso in tv, ha aiutato gli italiani a capire quanto stava succedendo. Ad avere fiducia anche nei giorni più difficili. Ha spiegato le ragioni dei sacrifici che hanno quasi azzerato il numero dei contagi e, ancora più importante, delle vittime. Dopo qualche mese, però, l’Italia è cambiata: finito il tempo del Paese che reagiva compatto e coraggioso all’epidemia, che sosteneva i medici e gli infermieri e piangeva i morti, l’estate ha restituito immagini di movida, assembramenti, scarso rispetto delle regole, ribellione alla prudenza, aggressioni agli agenti che tentano di fare rispettare le norme. Fino alla deriva negazionista.
 


Professor Locatelli, quanto pagheremo questa avversità al rispetto delle regole scritte ma anche del buon senso?
«Se veniamo meno ai principi che ci hanno portato fuori da quella che era la fase critica, rischiamo di fare tornare il sistema sanitario nazionale e il Paese in una significativa difficoltà. Il virus ha continuato a circolare. È bastato allentare un attimo l’attenzione e c’è stata la ripresa del numero dei contagi. Non solo: per quanto l’età dei casi positivi si sia abbassata, c’è stato anche un incremento dei malati gravi. Questo lo vediamo ormai ogni giorno, comprese le ultime 24 ore».

Servirebbero più severità e puntualità nel fare rispettare le regole?
«Personalmente credo molto di più nel convincimento e nella persuasione delle persone, rispetto a misure coercitive o a provvedimenti di carattere punitivo. Questo detto, però è chiaro che non possiamo pensare che la scarsa responsabilità di pochi metta poi a repentaglio e a rischio la salute di molti. L’appello è a considerare sempre come preminente il rispetto di se stessi, degli altri e della memoria di chi non ce l’ha fatta. Bisogna avere sempre bene in testa che questo è un problema che continua a esistere. La capacità di conviverci dipende largamente da ognuno di noi, fino a quando non ci sarà un vaccino disponibile. Più saremo in grado di farlo nella maniera più opportuna e prudente, più sarà meglio per tutti».

Giusto spiegare alla gente cosa sia giusto fare, ma poi le regole in qualche modo vanno fatte rispettare.
«Ovviamente, come tutte le regole, ogni volta che ci sono, vanno rispettate e vanno considerate le strategie perché questo rispetto sia garantito».

Secondo lei da dove nasce questa forma di ribellione, questo reagire in modo violento a un sacrificio per la verità non così pesante come indossare la mascherina o mantenere le distanze?
«Come dice giustamente, non si chiedono grandi sacrifici: indossare la mascherina, mantenere distanziamento e lavarsi spesso le mani non sono cose che vanno ad alterare le libertà individuali o a incidere in maniera così pesante sullo stile di vita di ognuno di noi. Stupisce che ci sia questa tendenza al negazionismo, credo che tutti, lo dico anche a me stesso, dobbiamo avere responsabilità nella informazione e nella comunicazione e non fare passare messaggi fuorvianti».

Eppure, sono gli stessi italiani che hanno rispettato il lockdown, contribuendo a una sostanziale diminuzione del numero di positivi.
«Probabilmente i numeri bassi che abbiamo avuto attorno alla metà di luglio e il quasi azzeramento dei decessi hanno dato la falsa illusione che eravamo fuori dal problema. Ma dal problema non si è fuori, si è solo usciti dalla fase più drammatica, guai a ritornarci, a vanificare gli sforzi profusi. Guai a perdere altre vite».

Le immagini degli assembramenti arrivati da varie regioni d’Italia l’hanno colpita?
«Ðiciamo che si è persa la memoria di quanto è successo nel Paese e del numero dei morti che abbiamo contato in quei giorni.
Forse dobbiamo tornare con la memoria a quel periodo e proprio dalla memoria farci guidare nei comportamenti. Ripeto: non si chiedono grandi sacrifici, ma solo buon senso».

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