Virus Italia, Ricciardi: «In arrivo migliaia di focolai, Rt sotto l'1 non è un dogma»

Virus Italia, Ricciardi: «In arrivo migliaia di focolai, Rt sotto l'1 non è un dogma»
di Lorenzo De Cicco
Lunedì 15 Giugno 2020, 06:52 - Ultimo agg. 16 Giugno, 07:20
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«Teniamoci pronti a migliaia di cluster. Finora le Regioni hanno risposto bene, ma con un numero limitato di casi è facile. Per l'autunno non basterà il tracciamento manuale realizzato fino a oggi, sarà decisiva la tecnologia. Come l'App Immuni, che funzionerà a pieno, però, solo se la scaricherà almeno il 60-70% dei cittadini». Walter Ricciardi, super-consulente del Ministero della Salute e rappresentante italiano al Consiglio dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), è convinto che i focolai che iniziano a moltiplicarsi lungo lo Stivale possano essere solo l'inizio della nuova fase dell'epidemia. Tre regioni hanno un indice Rt che si avvicina pericolosamente a 1.

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Che succede se si supera questa soglia? Alla Regione Lazio, che ora ha l'indice Rt allo 0,93, fino a qualche settimana fa si ipotizzavano chiusure, se si fosse andati oltre l'1. Quale è la linea del Ministero? C'è un automatismo?
«No, nessun dogma. L'indice Rt è uno dei parametri, sottolinea la dinamica del contagio. Ma non può essere l'unico fattore. Anche perché quando i numeri sono bassi e c'è un focolaio come quello di questi giorni, è chiaro che l'Rt si alza subito. Per questo non dobbiamo guardare solo a quell'indicatore, ma anche ai numeri assoluti e alla capacità di risposta del sistema sanitario, se si fanno tutti i tamponi necessari per circoscrivere i focolai in tempi stretti».

Quali indicatori farebbero scattare l'allarme?
«Tocca guardare ai numeri assoluti dei casi positivi. Se si ha l'Rt a 0,9 con dieci casi è un conto, se si ha lo stesso indice con mille casi è tutto un altro scenario. Poi è decisiva la capacità di fare diagnosi tempestivamente e la risposta assistenziale sul territorio. Finora le regioni stanno rispondendo bene nel contenere i nuovi cluster. Ma è chiaro che in questo momento, dato il numero estremamente limitato di focolai, è possibile reagire più facilmente. Se si arriva a una situazione di migliaia di cluster, bisogna essere aiutati dal tracciamento tecnologico, altrimenti non si riesce a fronteggiarli. Il tempo e le risorse che si impiegherebbero, sarebbero talmente tanti che non ce ne sarebbe la possibilità».

Dobbiamo quindi davvero ipotizzare una nuova fase fatta di migliaia di focolai in tutta Italia?
«Noi dobbiamo considerarlo, auspicabilmente per evitarlo, però ci dobbiamo far trovare pronti. Tutti ci auguriamo che, con tutte le misure messe in campo e i comportamenti corretti da parte delle persone, non si arrivi a questa situazione, però normalmente in epoca autunnale-invernale, si sa che tornano i virus respiratori, quello dell'influenza, della para-influenza, le polmoniti e probabilmente anche il coronavirus. Dobbiamo prepararci al fatto che i numeri si alzino. Il tracciamento manuale che si sta facendo in questi giorni è importante, ma è essenziale che venga potenziato col tracciamento tecnologico».

Come la App Immuni, che dopo una settimana di sperimentazione in quattro regioni, da oggi sarà attiva in tutta Italia.
«Sì, finora è stata scaricata da alcuni milioni di persone, ma la cosa importante è che la scarichi almeno il 60-70% dei cittadini. Altrimenti dal punto di vista nazionale non avrebbe quella validità ed efficacia che potrebbe avere. È fondamentale che la popolazione lo capisca, finora non è stata spiegata molto bene la cosa».

A Roma nell'ultima settimana sono bastati due focolai per arrivare a centinaia di contagiati. Che segnale è in vista dei prossimi mesi?
«Queste vicende caratterizzeranno un po' tutto il prossimo periodo, perché la circolazione del virus c'è, quindi è decisivo isolare prontamente i focolai per evitarne l'allargamento, con tamponi su larga scala. Nel Lazio si è vista una buona capacità di risposta da parte del servizio sanitario regionale, si è intervenuti subito».

Per bloccare i focolai è decisivo il contact tracing. Come Ministero da tempo avete chiesto alle regioni di aumentare i famosi detective del virus, gli esperti che devono ricostruire i contatti di chi si scopre positivo, per arginare il contagio. A che velocità ci si sta attrezzando a livello locale?
«L'impressione è che tutte le regioni si stiano muovendo, ma è ancora da capire quanto stiano andando speditamente, c'è un tavolo che si occupa di monitorare la questione.
Questi professionisti sono fondamentali, non a caso il governo con i vari decreti ha stanziato un fondo ad hoc per aumentarli in tutti i territori. È una questione che va presa molto sul serio».

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