Covax, rischiano di andare a male le dosi destinate ai Paesi poveri

Covax, rischiano di andare a male le dosi destinate ai Paesi poveri
di Erminia Voccia
Venerdì 24 Settembre 2021, 11:00
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Il programma Covax in 12 mesi ha raggiunto risultati importanti, qualcosa di mai visto prima se si considerano le risposte multilaterali alle altre crisi sanitarie che hanno segnato la storia. Covax è un'iniziativa per la distribuzione globale equa dei vaccini applicata dall'Oms in collaborazione con le Alleanze per i vaccini pubblico-private Gavi (The Gavi Alliance) e Cepi (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations). L'Unicef sostiene l'iniziativa in qualità di partner principale di approvvigionamento dei vaccini. In un anno di vita, Covax ha raccolto più di 10 miliardi di dollari; in 6 mesi, 240 milioni di dosi sono state distribuite in 139 Paesi. Ma è troppo poco rispetto a quanto era stato promesso. Il quadro attuale dell'accesso mondiale ai vaccini è inaccettabile, così viene descritto nel comunicato ufficiale diffuso dalla stessa iniziativa Covax lo scorso 8 settembre. Solo il 20% dei cittadini delle nazioni a reddito basso e medio basso ha ricevuto la prima dose, una percentuale ancora troppo scarsa comparata all'80% delle nazioni a reddito alto e medio alto. I partecipanti al programma che si sono autofinanziati, vale a dire gli Stati che hanno pagato Covax per avere i vaccini, hanno ricevuto oltre 200 milioni di dosi. 

È vero che Covax ha incontrato molti ostacoli: i bandi alle esportazioni di fiale, la priorità data dalle aziende che hanno sviluppato i vaccini agli accordi bilaterali stipulati con i singoli Stati, i ritardi nell'autorizzazione dei vaccini da parte degli organismi regolatori dei farmaci e i problemi riscontrati nel tentativo di aumentarne la produzione. Tutti questi impedimenti hanno compromesso gli sforzi tesi ad assicurare protezione alle persone più vulnerabili di tutto il pianeta, evidenziando un divario molto profondo tra ricchi e poveri. Uno degli stop più gravi c'è stato ad aprile 2021, quando l'India, la cosiddetta farmacia del mondo, ha sospeso le esportazioni di vaccini per far fronte alla grave diffusione della variante Delta in tutto il Paese. L'esportazione riprenderà ai primi di ottobre. Tuttavia, non è stato così possibile per Covax raggiungere l'obbiettivo prioritario: 2 miliardi di dosi amministrate entro dicembre 2021. Alla fine di quest'anno, secondo le previsioni, le dosi a cui il programma avrà avuto accesso saranno state 1,4 miliardi. In data settembre 2021, si è già molto in ritardo rispetto alla tabella di marcia tracciata per la distribuzione delle fiale, dunque Covax ha spostato in avanti il limite temporale entro cui arrivare a questo traguardo, adesso fissato alla fine del primo trimestre del 2022. La responsabilità, secondo la direzione dell'iniziativa, va addossata ai Paesi ad alto reddito che hanno prenotato e acquistato più dosi del necessario. E mentre in questi Paesi si discute di come amministrare le terze dosi o le dosi booster, in altri, quelli più poveri, si combatte tra la vita e la morte e tante persone sono ancora in attesa della prima iniezione. In Corea del Nord, ad esempio, le fiale garantite da Covax non sono mai arrivare perché il regime di Kim Jong un le ha rifiutate.

Secondo il rapporto redatto dalla società di analisi e informazione scientifica britannica Airfinity, le nazioni del G7 e l'Unione Europea avranno, entro la fine dell'anno, 1,2 miliardi di fiale in più del necessario, considerate anche le dosi booster. Un quinto di queste dosi 241 milioni di vaccini andrà perso, se non sarà donato immediatamente. Adesso quindi, non esiste più un problema di dosi: al mondo vengono prodotti 1,5 miliardi di fiale ogni mese, alla fine del 2021 le dosi prodotte saranno 11 miliardi. 

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Seth Berkley, amministratore delegato di Gavi, ha lanciato un appello agli Stati con i tassi più alti di vaccinazione affinché cedano i loro posti nelle liste d'attesa dei produttori di vaccini ai Paesi più bisognosi, nel caso abbiano fiale in eccedenza rispetto alle loro necessità. Questa possibilità permetterebbe di andare incontro alle nazioni più in difficoltà e consentirebbe di accelerare le campagne di immunizzazione dove i tassi sono ancora bassi, mentre i governi che hanno ordinato dosi ora in eccedenza le riceverebbero più in là nel tempo e riuscirebbero comunque a garantire le terze dosi ai loro cittadini. Lo ha fatto, ad esempio, il Regno Unito con la Corea del Sud. «Non possiamo permetterci di non vaccinare gli operatori sanitari e gli anziani di tutto il mondo», ha affermato Berkley citato dal Financial Times. Sulle terze dosi - ha aggiunto Berkley - è importante seguire la scienza, non ci sono abbastanza fiale per condurre sperimentazioni e ora queste fiale devono andare dove servono di più. Gli ha fatto eco Richard Hatchett, amministratore delegato di Cepi: «Le dosi condivise oggi salveranno più vite di quelle che saranno disponibili tra 6 mesi». Le dosi booster sarebbero una protezione aggiuntiva, certamente utile ma non paragonabile a quanto potrebbero esserlo se fossero le prime iniezioni per chi non è ancora stato vaccinato, ha concluso Hatchett.

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