Covid, c'è il boom delle reinfezioni
anche dopo un solo mese: il motivo

Covid, c'è il boom delle reinfezioni anche dopo un solo mese: il motivo
di Ettore Mautone
Domenica 10 Luglio 2022, 09:05 - Ultimo agg. 11 Luglio, 09:19
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Nel linguaggio comune è la classica ricaduta, in pratica lo sviluppo della stessa infezione a distanza di poco tempo dalla guarigione come avviene talvolta per il raffreddore. Anche Sars-Cov-2, lontano cugino di quest'ultimo, con le ultime varianti di Omicron (Ba 4 e Ba 5) attualmente dominanti ha le sue reinfezioni con una malattia che però è diffusissima e tutt'altro che banale sebbene pochi casi oggi evolvano verso la polmonite che ha invece dominato il quadro clinico delle prime micidiali ondate. L'ultimo report dell'Istituto superiore di Sanità conferma un continuo aumento del tasso dei reinfezioni.

Il trend è rimasto stabile nel corso del 2021 (attestato al 4% dei contagiati) per poi assumere un profilo di crescita ad aprile di quest'anno (con l'affermarsi delle sottovarianti Omicron più infettive), fino a superare la soglia del 6% a maggio e andare verso un profilo esponenziale a giugno segnando dal balzo, nell'ultima settimana di giugno, dal 9,6 al 10,8% dei contagiati.

In tutto, dal 24 agosto 2021 allo scorso 6 luglio, in Italia sono stati segnalati 659.578 casi di reinfezioni da Sars-cov-2 passando dal 4.6% del totale dei casi notificati al 10,8%. In Campania la percentuale valutata dal 1 gennaio del 2021, (inizio delle vaccinazioni) a tutt'oggi è del 4,27% ma nell'ultimo mese è salita al 12%, oltre un punto in più della media nazionale.

Conta evidentemente anche l'entità delle infezioni: ieri era ancora la Campania ad avere il record di contagi, 12.814, sebbene con un tasso di positivi al tampone in calo, al 30,3% contro il 33,5% di venerdì. Risaltava l'ennesima impennata dei ricoveri in degenza, che in 24 ore salgono a quota 655 (+61) con un aumento di circa il 10 per cento rispetto ai 594 del giorno precedente. In calo l'occupazione delle terapie intensive, che scende a 36 (-3).

Dallo studio dell'Iss emerge che la categoria maggiormente suscettibile alle reinfezioni è quella dei non vaccinati, a seguire ci sono i pazienti che hanno contratto per la prima volta la malattia di più di 7 mesi prima ma sono in crescita i casi registrati anche a distanza di un solo mese: «L'immunità del vaccino ma anche quella della guarigione dall'infezione, non è sufficiente per scongiurare un nuovo Covid - spiega Luigi Atripaldi primario della microbiologia dell'azienda dei Colli - ciò per l'evoluzione di nuove varianti ma per saperlo con certezza dovremmo sequenziare il virus di tutti i pazienti».

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Il virus, intanto, continua a riservare sorprese per gli immunologi: «In alcuni vetrini di una biopsia intestinale di un nostro paziente guarito mesi prima e ammalatosi di tumore al colon - continua Atripaldi - abbiamo trovato il virus. Il paziente era negativo e asintomatico. In altri lavori scientifici è emersa la presenza del virus nel sangue. Bisogna ancora studiare questo virus, alcuni pazienti potrebbero conservare tracce del virus in alcune aree dell'organismo ma trattandosi di un virus a trasmissione aerea non essere infettivi. Del resto molti pazienti oncologici restano positivi per mesi a causa dell'immunodepressione».

La localizzazione intestinale anche a tampone negativo potrebbe essere causa o concausa del Long covid. Un maggior rischio di reinfezioni lo corrono anche i vaccinati da oltre 120 giorni, le donne, le fasce d'età 12-19, 30-39, 40-49 (un po' meno 20-29) e il personale sanitario, probabilmente in base allo stile di vita e al livello di esposizione.
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«Gli ultimi dati ci dicono che evidentemente la reinfezione è più probabile in chi non è vaccinato ovvero ha assunto l'ultima dose a distanza di molti mesi - avverte Franco Bonaguro, primario emerito di virologia del Pascale - quindi l'immunità anche nei guariti è rafforzata dal vaccino. In gioco oltre agli anticorpi c'è anche l'immunità cellulare, un fuoco di sbarramento che la vaccinazione potrebbe suscitare meglio. Il concetto chiave è che tuttavia la scarsa durevolezza della immunità e la mutevolezza del virus portano alle reinfezioni sia nei vaccinati sia nei guariti se passano più di 6 mesi dalla dose o dall'infezione. Dovremo dunque mettere a punto un vaccino più stabile nel tempo e capace di bloccare per almeno un anno anche le varianti che del resto si sviluppano quando il virus circola troppo. Solo alcuni vaccinati mantengono un alto tasso di protezione probabilmente perché allo scudo del vaccino sovrappongono esposizioni casuali al virus».

Secondo Nancy Baxter dell'Università di Melbourne con le reinfezioni aumenta il rischio di morte e malattia grave e anche di long Covid: i dati raccolti dal database del Dipartimento per gli affari dei veterani degli Usa dicono che contagiarsi più volte comporta rischi maggiori rispetto ai benefici che si ottengono con la prima infezione.

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