Covid, pazienti contagiati a casa: quali cure? Manca il protocollo, medici disorientati

Covid, pazienti contagiati a casa: quali cure? Manca il protocollo, medici disorientati
di Graziella Melina
Sabato 14 Novembre 2020, 07:58 - Ultimo agg. 15:18
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Per i pazienti positivi al Covid che si trovano a casa con pochi sintomi, una cura uguale per tutti non c'è. I medici di base provano di volta in volta a personalizzare la terapie. E l'esito è ovviamente sempre incerto. Un aiuto a scegliere le cure più opportune dovrebbe però arrivare a breve dal ministero della Salute: il testo, che sarà condiviso anche dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici Chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), cerca di dirimere diversi dubbi. Che dividono i dottori. 

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«Nel documento - spiega Filippo Anelli, presidente della Fnomceo - sono indicate le possibili cure a livello domiciliare, in quali condizioni si raccomanda l'utilizzo di antinfiammatori, del cortisone, oppure degli antibiotici.

E' un passaggio importante, fa il punto rispetto alle evidenze scientifiche disponibili per orientare i medici nella scelta della cura più appropriata». Indicazioni che già i medici conoscono, anche se a volte la scelta di un farmaco o anche solo la tempistica giusta, pesano sulle spalle come un macigno, proprio perché possono fare la differenza. «Sappiamo che gli antibiotici non rispondono all'infezione - rimarca Anelli - e che l'utilizzo del cortisone va indicato solo ai casi che realmente necessitano. Gli antivirali, invece, sul territorio non si possono dare. Quanto alla terapia con eparina, va utilizzata solo se il soggetto presenta dei rischi e non si muove molto». 

In realtà, prima del documento del ministero, la Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg) aveva già provato a fare chiarezza mettendo nero su bianco alcune raccomandazioni. «Dal momento in cui viene effettuata la diagnosi di positività al covid - precisa il presidente della Simg Claudio Cricelli - noi cerchiamo di tenere a casa quei pazienti per i quali non esiste la necessità di una terapia particolare». A questo punto, di volta in volta, si decide in base al singolo paziente. «Premesso che non ci sono più quei farmaci provati nella prima fase come l'idrossiclorochina - rimarca Cricelli - il vero problema è quello di riuscire a fare una diagnosi corretta, per capire se la persona positiva al Covid oltre ad essere sintomatica possa avere anche problemi di tipo respiratorio». 

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Ma non è affatto semplice. «Terapie efficaci nei confronti dei malati di Covid non ce ne sono e non c'è ancora un protocollo ufficiale - sottolinea - Noi come società scientifica facciamo ogni giorno un aggiornamento, autonomamente, diamo indicazioni precise sui trattamenti efficaci, suggeriamo di personalizzare la cura. Ma per farlo bisogna conoscere il paziente, e a seconda del suo rischio e delle sue condizioni si devono applicare le poche risorse terapeutiche finora disponibili». Che la scelta a volte possa trasformarsi in un dilemma, è un dato di fatto. Il Sars Cov 2 ancora non lo si conosce fino in fondo. E la mancanza di un protocollo unico rende la questione ancora più complicata. «Non si può mai prescindere dalla valutazione della persona - spiega Pier Luigi Bartoletti, vice segretario vicario della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) - devi capire chi hai davanti, occorre valutare la saturazione dell'ossigeno, la pressione arteriosa, lo stato di vigilanza della persona».

Per cercare di supportare i medici, insieme all'infettivologo Emanuele Nicastri dello Spallanzani, Bartoletti già da tempo aveva elaborato un documento per la gestione a domicilio di pazienti sintomatici. Si suggerisce per esempio di non utilizzare antibiotici, mentre il paracetamolo è indicato in caso di temperatura superiore a 38 gradi mal sopportata. «A casa non si può gestire la situazione - spiega Bartoletti - non c'è un monitoraggio continuo e quindi alla fine ti devi adattare alla situazione».

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