Covid, addio a odori e sapori: per un paziente su 10 non c'è cura

Covid, addio a odori e sapori: per un paziente su 10 non c'è cura
di Ettore Mautone
Venerdì 30 Luglio 2021, 23:52 - Ultimo agg. 1 Agosto, 10:09
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Anosmia o iposmia: sono i termini un po’ ostici con cui si indica l’assenza o diminuzione del senso dell’olfatto. C’è poi l’ageusia, ossia la mancanza di gusto. Sono considerati sintomi specifici e caratteristici dell’infezione da Sars-Cov-2 che compaiono all’esordio del Covid in una notevole percentuale di infezioni dal 50 all’80 per cento dei casi e a prescindere dal livello di gravità accompagnando spesso anche i casi privi di altri sintomi nel 10 per cento dei contagi. Circa il 30 per cento ha accusato invece il disturbo come primo segno poi accompagnato da tutti gli altri, febbre, tosse ecc. Si tratta di sintomi neurologici che spesso si manifestano insieme, come riferiscono i pazienti. «Questo avviene perché il centro nervoso dell’olfatto è quello del gusto sono localizzati a livello di zone del cervello molto vicine e connesse fra di loro» spiega Ettore Cassandro docente ordinario dell’Università di Salerno e Past president della Società Italiana di Audiologia e Foniatria. 


La perdita dell’olfatto e del gusto sono reversibili ma non in tutti i casi. Una buona percentuale di essi, circa il 50 per cento, ha un recupero completo e in breve tempo dalla conclusione dell’infezione.

Altri, in una quota variabile, circa il 30 per cento, accusa invece forme di lunga durata con recuperi parziali che influiscono sulla percezione di odori e sapori che pregiudicano la qualità della vita e anche la percezione di pericoli (basta pensare alla mancata percezione del bruciato o ai sapori sgradevoli che indicano che il cibo è avariato evitandone l’assunzione). Senza contare la spiacevole sensazione di mangiare pietanze che perdono il vecchio appeal e che si ancorano solo sulla percezione della consistenza e del dolce o del salato senza più alcuna gradazione di sapori. Allo stato attuale delle osservazioni circa il 10 per cento dei casi di infezione lascia una perdurante perdita dell’olfatto refrattaria anche ai tentativi di riabilitazione con la stimolazione continua a fonti olfattive e a una sorta di rieducazione a riconoscere gli ordori e i sapori. 

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«Le prime osservazioni ospedaliere e i primi studi su questo disturbo – spiega Alfonso Varricchio, specialista del Santobono - hanno suggerito diversi possibili meccanismi per lo sviluppo di anosmia in Covd-19, incluse lesioni alle vie nervose olfattive, legate alla tempesta infiammatoria scatenata dal virus o alla compromissione del centri di percezione olfattiva nel cervello. Un danno totale e irreparabile alla struttura olfattiva nasale è stata segnalata solo in rari casi. Ovviamente i casi transitori sono legati come in altre infezioni virali alla ostruzione nasale associata al raffreddore. È improbabile che i la perdita di gusto e olfatto sia causata da un danno neurologico infiammatorio. La maggior parte la causa evidente dell’anosmia associata a COVID-19 può essere invece spiegata da danni ad altre cellule epiteliali di sostegno direttamente colpite da Sars-Cov-2». 

Recentemente tre gruppi indipendenti hanno segnalato l’identificazione di cellule “sustentacolari” che sono altamente infettate dal Covid. Queste cellule proteggono i neuroni olfattivi e intercettano le sostanze chimiche tossiche volatili e hanno anche la capacità di processare le molecole chimiche responsabili degli ordori trasmettendo il segnale a quelle nervose del nervo olfattivo. «La maggior parte dei pazienti perde l’odore come per effetto di un interruttore della luce che si spegne e lo recupera rapidamente - conclude Ettore Cassandro – ma c’è una frazione di pazienti invece che ha un’anosmia molto più persistente e si riprende in tempi più lunghi». L’epitelio olfattivo si rigenera regolarmente. 

Ciclo di steroidi ad alto dosaggio per ridurre l’infiammazione, un programma di condizionamento dell’olfatto con olii essenziali, integratori di vitamine del gruppo B e beta-carotene (vitamina A) per la rigenerazione dei nervi, agopuntura, l’uso della la vitamina D ma in alcuni casi nulla sembra avere effetto. Budesonide, uno steroide topico ha dimostrato di migliorare i risultati in uno studio dell’Università di Stanford su soggetti con perdita dell’olfatto post-influenzale per più di sei mesi. Un altro trattamento promettente è a base di plasma arricchito di piastrine per trattare alcuni tipi di danni ai nervi. Ma nessun trattamento ha finora dato risultati sorprendenti. 
 

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