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Covid, l'infettivologo Cauda: «Picco? Fase ancora ascendente, i prossimi giorni saranno decisivi»

Siamo oltre il rapporto tamponi eseguiti e positivi che contraddistingue una diffusione del virus non più per focolai ma nella comunità
Siamo oltre il rapporto tamponi eseguiti e positivi che contraddistingue una diffusione del virus non più per focolai ma nella comunità
di Stefania Piras
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 30 Ottobre 2020, 14:53 - Ultimo agg. : 19:07
5 Minuti di Lettura

Lo scenario pandemico è il numero 3 ufficialmente, ma lo scenario che si preparano ad affrontare le autorità italiane in realtà è il quarto, quello più grave, a cui ci stiamo avvicinando. I contagi si espandono: i numeri recano tutti il segno più nel bollettino sanitario.

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Ci sono da ieri +26.831 nuovi casi, +217 decessi, +22.734 attualmente positivi, +115 casi in terapia intensiva, +983 ricoverati con sintomi e +21.636 persone in isolamento domilicialiare; ma ci sono poi anche +3.878 pazienti guariti. L'ultimo Dpcm con le chiusure programmate dalle 18 ha l'obiettivo di rallentare la curva dell'epidemia che sta salendo verso un nuovo picco. Proprio come successo durante la prima ondata primaverile.

«Ci vogliono scelte consapevoli e coerenti sia da parte dei cittadini che da parte delle autorità», dice Roberto Cauda, ordinario di Malattie infettive all'Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell'Unità operativa di Malattie infettive della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs di Roma. 

Professor Cauda, anche stavolta dobbiamo aspettarci un picco? Quando ci sarà?

«Sì aspettiamo il picco anche questa volta. Ad agosto abbiamo registrato una ripresa del virus con i giovani contagiati che per l' 80% hanno diffuso il virus in famiglia. Questo non vuol dire che la famiglia sia un luogo pericoloso ma dobbiamo capire che le persone avendo una vita sociale possono contrarre il virus all'esterno della famiglia e poi trasmetterlo all'interno del nucleo famigliare».

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Quando si prevede il picco?

«Il picco si vede quando si abbassa la curva. Prendiamo atto che si tratta di un virus che si trasmette attraverso le goccioline emesse: dobbiamo evitare tutto quello che può aumentare il rischio. A costo di sembrare banale: è indispensabile l'uso delle mascherine al chiuso e all'aperto ed anche in famiglia quando si ricevono estranei. Mantenete la distanza anche quando ci si incontra fuori. Mascherina e distanza aumentano la protezione. Il lavaggio delle mani è importante: uno studio giapponese dimostra che questo virus dura sei ore sulla cute, il virus influenzale permane due ore invece. Se non ci si può lavare le mani, usate il gel disinfettante». 

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Ci sta dicendo che il picco possiamo accelerarlo noi facendo abbassare la curva dei contagi?

«Sì, bisogna avere delle accortezze. Voglio essere chiaro: più persone vedi e più rischi di infettarti anche attraverso gli asintomatici. Si stima che il 20% dei contagi siano asintomatici: persone che non sono ammalate ma possono trasmettere l'infezione. Oltre ai malati identificabili ci sono dunque gli asintomatici che sono infettanti. Questo cambia le nostre conoscenze pregresse su altri virus e dobbiamo farci i conti. Ma cosa è successo da agosto ad oggi? Una coincidenza di molti fattori: quando si applica il lockdown in due settimane l'Rt (indice di trasmissione del virus) che ora è 1,5 /1,6 scende al di sotto dell'1. Cioè c'è una forte riduzione della circolazione del virus. Alla fine di giugno abbiamo terminato il lockdown, abbiamo vissuto di più all'aria aperta e le occasioni di assembramento erano minori. Ma sono fattori che non sono bastati. Il vero frutto di questa estate con pochi contagi è stata l'onda lunga del lockdown».

Il picco di ieri e il picco di oggi: in cosa si differenziano, professore?

«Oggi registriamo molti più casi, prima di tutto. A marzo-aprile, attorno al 22-23 marzo c'è stato il picco della prima ondata e poi il decremento. L'età media dei contagi era 66 anni nella prima ondata, oggi al momento è 42 anni. Si vedevano molti meno casi prima perché facevamo circa 30 mila tamponi al giorno, oggi che è in corso la seconda ondata ne facciamo circa 200mila. Il virus, più lo cerchi e più lo trovi, è chiaro. Oggi ci sono 13 tamponi positivi su 100, nella prima ondata erano 20-30 tamponi su 100. Quindi la situazione era più grave. Quanto al picco: oggi siamo ancora in una fase ascendente. La settimana scorsa eravamo tra i 10 mila e oggi siamo a 20 mila contagi al giorno. Solo a posteriori potrai dire quando c'è stato il picco e quindi quando cominci a vedere la curva che scende».

Le misure dell'ultimo Dpcm servono anche a questo.

«L'obiettivo in questa fase non è di bloccare il virus ma cercare di far sì che i contagi si spalmino su più giorni: bisogna evitare lo tsunami, il sovraccarico delle strutture sanitarie. Non dimentichiamo che quando guardiamo i numeri dei contagi giornalieri stiamo osssrvando quello che è successo fino a 15 giorni fa. C'è un tempo di latenza: 5-6-7 giorni di incubazione, dal momento che si fa il tampone a quando hai l'esito passano ulteriori giorni. Un altro aspetto è l'osservazione del numero dei decessi, dei ricoveri in ospedale, e delle persone che vanno in terapia intensiva tutti i giorni».

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Quali sono le soglie?

«Avere un'occupazione di pazienti Covid-19 ricoverati superiore al 40% negli ospedali e del 30% nelle terapie intensive porta a un sovraccarico del sistema sanitario. Anche perché non dobbiamo dimenticare i pazienti non Covid. Le misure servono a rallentare la pressione sugli ospedali. A marzo in terapia intensiva c'erano circa 4mila persone, ora sono poco sopra il migliaio (ieri: 1651). Altro aspetto importante: mentre nella primavera scorsa l'infezione era presente prevalentemente al nord soprattutto in Lombardia, oggi colpisce tutta l'Italia con alcune regioni più colpite come la Campania, segno evidente che il Centro-sud non è più protetto. Come leggiamo il rapporto tra tamponi eseguiti e positivi? Se sale non è una buona notizia. Meno di una persona su 100 che faceva il tampone questa estate aveva il Covid-19. Poi, questo dato è andato lentamente aumentando. L'OMS mette il 3 o il 5% di rapporto tamponi eseguiti/positivi come soglia per avere una diffusione non più per focolai ma nella comunità. In altre parole che se vai oltre il 5% non riesci più a identificare, e quindi a circoscrivere, i focolai. Hai una circolazione del virus generalizzata. Noi abbiamo oltreppasato da settimane la soglia del 5%».

E quindi come dobbiamo comportarci?

«Questa è l'ultima chiamata prima di un lockdown, questa è la mia impressione. Dobbiamo essere responsabili nella scrupolosa osservanza delle misure di prevenzione».

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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