Covid, positivi in fuga dalla quarantena: irreperibili dopo il tampone (per non rovinarsi le vacanze)

Covid, positivi in fuga dalla quarantena: irreperibili dopo il tampone (per non rovinarsi le vacanze)
Covid, positivi in fuga dalla quarantena: irreperibili dopo il tampone (per non rovinarsi le vacanze)
di Lorenzo De Cicco
Venerdì 20 Agosto 2021, 00:00 - Ultimo agg. 17:13
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Numeri di telefono falsi, indirizzi inventati di sana pianta oppure, senza industriarsi troppo, la banale irreperibilità dello squillo a vuoto. Nel campionario dei furbi Covid, ecco una nuova fattispecie. Decisamente pericolosa: i contagiati irreperibili. Positivi, ma irrintracciabili. Imboscati per salvare la vacanza. Inseguiti dalle Asl a colpi di chiamate senza risposta. Solo a Roma e provincia se ne contano 250 da inizio agosto. «Nell’Asl Roma 3 abbiamo avuto 160 casi», racconta Stefania Iannazzo, professione: cacciatrice del virus, a capo del Sisp (Servizio di igiene e sanità pubblica). «Noi ne abbiamo avuti 50», confida il direttore del Sisp dell’Asl Roma 1, Enrico Di Rosa. Identikit: «Sono soprattutto persone che fanno il test rapido in farmacia e poi, quando ottengono il referto positivo, staccano il telefono, per evitare di fare il molecolare di conferma. L’unico tampone che vale a livello diagnostico per dichiarare la positività al Covid». Provano a scansare la quarantena e andare in ferie come nulla fosse, sperando di cavarsela con un «non lo sapevo». Non sempre i controlli sono stringenti, tutt’altro, soprattutto nelle grandi città. Quando le Asl segnalano i nomi, poi si rischia una sanzione amministrativa (dai 400 ai 3mila euro). Ma qualcuno si è ritrovato i poliziotti sotto casa.

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Sull’isola di Capri, l’Asl Napoli 1 non è mai riuscita a trovare 30 positivi. «Tutti avevano fatto il test in farmacia», spiega Lucia Marino, la direttrice del dipartimento di Prevenzione.

Nel Salento, altri 20 sono spariti dai radar. «Qui però chiamiamo subito le forze dell’ordine, non si può pensare di farla franca», mette in chiaro Alberto Fedele, direttore della Prevenzione dell’Asl di Lecce. «Abbiamo denunciato anche qualcuno che al telefono ci ha risposto, ma dal rumore di sottofondo si capiva che era al mare». «In ogni caso - aggiunge Pier Luigi Lopalco, l’assessore alla Sanità della Puglia - teniamo nella nostra banca dati anche i nomi dei positivi al test rapido».

A Rimini, mecca della movida romagnola, nelle ultime settimane l’Ausl ha chiamato 4 volte i vigili urbani perché i contagiati erano introvabili. «Sono principalmente i ragazzi a mostrarsi reticenti, vogliono godersi le vacanze – racconta il capo dell’ufficio d’Igiene, Franco Borgognoni – Le prime difficoltà nascono col tracciamento: quando troviamo un positivo e gli chiediamo di fornirci i nomi di chi ha incontrato nelle ultime 48 ore, spesso risponde di non avere visto nessuno. ‘Sono rimasto in casa per due giorni’, cose così». La famosa vita monastica della riviera.

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A Bologna l’azienda sanitaria locale ha scoperto che un turista positivo, sotto isolamento, era andato a svacanzare a Firenze. «L’hanno trovato le forze dell’ordine», racconta Paolo Pandolfi, direttore del dipartimento di Sanità pubblica. In Abruzzo, l’Asl dell’Aquila ha spedito 2 segnalazioni alla Questura, sempre per persone infettate che non rispondevano ai sanitari del contact tracing. «Dopo l’intervento della Polizia, in genere collaborano – dice il direttore dell’unità operativa di Epidemiologia dell’Asl Abruzzo 1, Enrico Giansante – Più dei test rapidi, che alla fine sono controllati e inseriti nel circuito regionale, ci preoccupa la diffusione dei test fai-da-te». I kit che si acquistano in farmacia e si eseguono in casa, in solitaria, spesso di nascosto. «Gli esiti di questi esami sono fuori da qualunque radar. Chissà quanti sono i contagiati che non l’hanno detto a nessuno, per non perdere la vacanza». Già a fine luglio, a Roma, Federfarma ha fatto sapere che quei test erano andati esauriti. E molti farmacisti, anche per una scelta etica, si sono rifiutati di rimetterli in commercio, proprio per l’impossibilità di monitorare gli infetti. A Ragusa, la Confesercenti ieri ha scritto al prefetto, denunciando l’aumento esponenziale del ricorso ai test fai-da-te. «Chi è positivo al Covid non si autodenuncia all’Asp - scrive l’organizzazione - per evitare la quarantena e andare in giro per la città a contagiare il prossimo, un gesto criminale».

I TRUCCHI
Alle prese con la quarta ondata, gli esperti delle Asl fanno quello che possono. «Di solito, quando il positivo è irreperibile spediamo una segnalazione al commissariato di zona – riprende Iannazzo, a capo dei “contact tracer” dell’Asl Roma 3 – Ma molti sono turisti, vanno in farmacia e poi fuggono. C’è chi mette sul modulo del test un numero di cellulare sbagliato. Altri scrivono indirizzi falsi: proprio poche ore fa cercavamo un bed & breakfast che si è rivelato inesistente. Qualcuno alla fine risponde alla telefonata, ma ci dice: tranquilli, sono sicuro di essere un falso positivo. Auto-diagnosi, a occhio». La maggior parte, semplicemente, scarta la chiamata. «Proviamo anche 2-3 volte - conclude Di Rosa, il dirigente dell’Asl Roma 1 - ma dall’altro capo del telefono tutto tace».
 

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