Covid senza sintomi, il segreto è nel Dna: studio napoletano individua i tre super geni protettori

Covid senza sintomi, il segreto è nel Dna: studio napoletano individua i tre super geni protettori
di Lorenzo Calò
Martedì 10 Maggio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 11 Maggio, 08:23
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Prendiamo due soggetti, indipendentemente dall'età e dal sesso, entrambi affetti da Covid: il primo mostra uno o più sintomi (anche gravi); l'altro no. Perché succede questo? La risposta è geniale o, se più vi soddisfa, genica. Sì, perché a garantire la corazza della difesa asintomatica sono almeno tre mutazioni genetiche rare le quali agiscono indebolendo i geni coinvolti nei processi di attivazione del sistema immunitario e di reazione infiammatoria scaturita dalla presenza del virus. La scoperta, che potrebbe aprire la strada a nuove tecniche di diagnosi e terapie, è stata pubblicata sulla rivista «Genetics in Medicine» ed è il risultato degli studi condotti dal gruppo Ceinge-Biotecnologie di Napoli (diretto da Mario Capasso e Achille Iolascon, entrambi docenti di Genetica medica dell'Università Federico II). La ricerca, cui hanno collaborato Pellegrino Cerino, dell'Istituto Zooprofilattico di Portici, e Massimo Zollo, coordinatore della task-force Covid del Ceinge e docente di Genetica della Federico II, si è basata sull'analisi dei campioni di Dna di circa 800 individui (prevalentemente dai 60 anni in su) rimasti asintomatici dopo l'infezione da Sars-CoV-2, pur mostrando fattori di rischio come l'età avanzata.

Lo studio parte dall'analisi dettagliata del genoma dell'ospite, quindi noi poveri umani, grazie al sequenziamento condotto su un campione di 56.885 individui sani. «Ed è chiaro - spiega il professor Zollo - che la risposta asintomatica avviene anche se non si manifesta la contemporanea presenza delle tre mutazioni genetiche. In ogni caso, se si attivano tutte e tre, tale risposta è più forte. In secondo luogo, abbiamo osservato che questo meccanismo si mette in moto indipendentemente dalle varianti del virus». Dunque, quello che solo alcuni mesi fa era un fondato sospetto, oggi ottiene la propria controprova: la resistenza all'infezione del virus e la conseguente manifestazione di sintomi hanno un'origine genetica. «Lo studio ha preso le mosse dal famoso cluster nel 2020 di Ariano Irpino e di alcuni centri del Salernitano - sottolinea il professor Capasso - dalle evidenze scientifiche da noi osservate non ci sono differenze tra maschi e femmine circa l'attivazione della mutazione genetica anche se, come tutti sappiamo, il Covid colpisce dal punto di vista statistico maggiormente soggetti maschi.

Sono stati analizzati tutti i geni finora conosciuti utilizzando sequenziatori di ultima generazione e ottenendo così un'enorme mole di dati». Nulla rileva, ai fini dell'attendibilità della ricerca, il fatto che il campione sia cristallizzato territorialmente alla sola Campania in quanto non si verifica quel fenomeno che gli studiosi di genetica definiscono come effetto del fondatore. Strategie di analisi bioinformatiche avanzate, messe a punto grazie al contributo del ricercatore Giuseppe D'Alterio e del team di esperti bioinformatici del Ceinge, hanno poi consentito di identificare mutazioni patogenetiche rare che erano significativamente più frequenti nei soggetti infetti e asintomatici. 

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Per gli addetti ai lavori i geni coinvolti nelle infezioni asintomatiche si chiamano Masp1, Colec10 e Colec11 e appartengono alla famiglia delle proteine della lectina, cioè quella coinvolta nel processo di riconoscimento cellulare. «Oggi è ampiamente dimostrato che l'eccessiva risposta immunitaria all'infezione da Sars-CoV-2 e la successiva iper-attivazione dei processi pro-infiammatori e pro-coagulativi sono la causa principale del danno agli organi come polmoni, cuore, rene - osserva ancora Capasso - la nostra ricerca dimostra che le mutazioni del genoma umano che attenuano questa eccessiva reazione immunitaria possono predisporre a un'infezione senza sintomi gravi». Dove può condurre questa scoperta è un interrogativo che apre immense praterie di pensiero e di prospettiva medico-scientifica. «L'obiettivo che sembra più a portata di mano - concorda Zollo - è quello di arrivare in tempi ragionevoli alla selezione della popolazione maggiormente esposta a rischio mediante uno screening genetico. Sapere quali soggetti risponderanno al virus in maniera asintomatica e quali no può costituire un importante vantaggio anche per l'industria farmaceutica e per la definizione di nuovi approcci terapeutici». Ma per realizzare tutto questo occorrono nuovi fondi. Tanti fondi. 

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