Covid-19 e protezione vaccinale: in Italia oltre 3 milioni di ultra 50enni sono ancora renitenti a porgere la spalla per imbracciare lo scudo di due dosi contro Sars-Cov-2 ma già c’è da affrontare il pasticcio delle terze dosi. Uno scoglio contro cui si infrangono, in ordine sparso, i flutti delle divergenze tecniche e scientifiche espresse finora dalle due più autorevoli agenzie regolatorie dei farmaci a livello internazionale. L’Ema ha appena autorizzato l’uso in Europa delle fiale Pfizer oltre che per i fragili anche per chi ha più di 18 anni guardandosi bene però dal raccomandarne l’impiego.
L’americana Fda invece, nei giorni scorsi, ha negato l’autorizzazione alla terza dose di vaccino anti-Covid19 riservandola per ora a immunodepressi e fragili per età e professione. A questo scenario articolato vanno aggiunte la corsa in avanti, in solitaria, di Israele che è l’unico Paese ad aver deciso di vaccinare con la terza dose tutti gli over 12 anni, la posizione autonoma della Gran Bretagna che riserva la terza dose (Pfizer o Moderna senza escludere AstraZeneca) agli over 50 ma ne riserva una ai ragazzini dai 12 ai 15 anni dopo aver raggiunto finora una quota dell’82% circa degli abitanti sopra i 16 anni vaccinati con due dosi e quasi il 90% con almeno una.
A complicare ancora le cose ci sono poi le diversificate modalità applicative delle dosi aggiuntive ai fragili per malattia (immunodepressi), per età (anziani) o per lavoro (personale sanitario) nei 10 Paesi europei che stanno già somministrando la terza puntura.
La certezza è che la terza dose di vaccino è necessaria agli immunodepressi (dose aggiuntiva) che con due dosi non la sviluppano compiutamente. Alle altre categorie a rischio per età o esposizione lavorativa la terza dose conferisce invece un incremento dell’immunità (effetto booster) con un aumento degli anticorpi da 8 a 10 volte in più rispetto a quanto ottenuto con la seconda tanto da ripristinare non solo la difesa dalla malattia severa e dalla morte ma anche dalla ospedalizzazione. Incidenza che tende a crescere dopo sei-otto mesi dalla seconda dose. Il nodo da sciogliere resta stabilire se sia utile allargare la somministrazione della terza dose a tutti i soggetti con più di 18 anni.
Non ci sono certezze: di sicuro c’è invece che attualmente tutti i vaccini approvati con due dosi forniscano una forte protezione contro il ricovero in ospedale e la morte per Covid. La priorità rimane dunque quella di assicurare che il maggior numero possibile di persone sia completamente vaccinato con ciclo completo e fare la terza ai soggetti a rischio di malattia. Dieci Stati europei hanno già deciso la somministrazione dei richiami: la maggior parte si sono regolati sostanzialmente come l’Italia lavorando per categorie o per fasce di età riservando le terze dosi ai fragili, ultra 50 o 65enni. Anche negli Usa l’Fda ha per ora deciso di attribuirla a chi ha più di 65 anni o chi ha tra i 18 e i 64 anni ed è a rischio per malattia o molto esposto.
Solo Israele, come detto, ha esteso il terzo richiamo a tutti. Un’altra domanda è: la terza dose di antiCovid può essere somministrata insieme all’antinfluenzale come autorizzato dal ministero ella Salute? Su questo fronte la Campania non solo è già partita da dieci giorni con le terze dosi ai fragili ma è anche la prima in Italia a essere partita nella somministrazione di antinfluenzale e antiCovid negli studi dei medici di famiglia. C’è infine l’Aifa che per voce del suo presidente Giorgio Palù sottolinea che è inutile fare il dosaggio degli anticorpi per valutare l’opportunità di fare la terza dose. L’efficacia del vaccino è infatti basata su altri dati e non esiste un esame semplice che possa essere correlato con la protezione né un unico parametro immunologico.