Covid, il vaccino di Ascierto: «Via ai test sui pazienti, sarà pronto prima dell'estate»

Covid, il vaccino di Ascierto: «Via ai test sui pazienti, sarà pronto prima dell'estate»
di Gigi Di Fiore
Lunedì 2 Novembre 2020, 11:00 - Ultimo agg. 15:51
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Ricercatore e oncologo dell'Istituto per i tumori «Pascale» di Napoli, il professore Paolo Ascierto è dall'inizio della pandemia uno dei medici più impegnati nell'approfondimento delle cure per il coronavirus.

Professore Ascierto, è vero, come ha annunciato il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che lo studio sul vaccino cui sta lavorando è in fase avanzata?
«Ci stiamo lavorando dall'inizio della pandemia, su sollecitazione della ditta farmaceutica Takis con cui collaboro da tempo per la messa a punto di un vaccino con neoantigeni. A marzo, abbiamo avviato lo studio sul vaccino anti-covid che verrà sperimentato nella fase uno, oltre che al Pascale, anche allo Spallanzani di Roma e all'Università Bicocca di Milano».

A che punto è lo studio?
«Abbiamo terminato la sperimentazione sugli animali e iniziamo la fase uno sui pazienti.

Ne verranno selezionati un centinaio, con schede sul trattamento e i dosaggi. Dopo tre mesi, potremo esaminare le risposte sugli effetti collaterali e i dosaggi. Poi partirà la seconda fase».

E in cosa consiste?
«Si tratta di un'ulteriore sperimentazione su altri cento pazienti, per verificare tossicità e dosaggi. Anche questa fase dura tre mesi per arrivare alla terza e ultima fase».

Quella conclusiva?
«Si. Se non si sono incontrati intoppi e indicazioni negative in precedenza, la terza fase consente di mettere a confronto gruppi di pazienti trattati con il vaccino in sperimentazione e gruppi senza vaccino. Dai risultati e dalle indicazioni raccolte, si potrebbe poi partire con la produzione».

Quando potrebbe partire?
«Non prima di giugno e luglio del prossimo anno, sempre se tutto procederà bene e se tutte le sperimentazioni avranno fornito risposte positive, come ne abbiamo ricevute dalla sperimentazioni sugli animali».

Nel frattempo, c'è generale disorientamento e paura. I numeri attuali dei contagi devono preoccupare?
«Analizziamo l'ultimo bollettino della Regione Campania. Indubbiamente 3860 positivi e 21785 test sono un record, con numeri in aumento rispetto al giorno prima. Analizzando i positivi, si vede che i sintomatici sono 174. Scontato che, se avessimo fatto più test in primavera, avremmo avuto risultati con più positivi asintomatici. Ma oggi quello che preoccupa è la diffusione e la velocità del contagio».

Per quale motivo?
«Per i numeri dei posti letto. Su 227 posti di terapia intensiva, 170 sono già occupati. Di 1500 posti in degenza normale, ne abbiamo 1416 occupati. Sono dati intrecciati e in evoluzione collegata. Se aumentano i contagi, in proporzione statistica avremo più pazienti sintomatici che avranno bisogno di ricovero. È una catena. Se i numeri aumentano, il sistema rischia il collasso. Le famose tre T, nate dall'esperienza cinese (testare, tracciare, trattare) con questi dati di contagio in aumento rapido rischiano di saltare».

Il potenziamento della medicina di base può essere una soluzione?
«Anche il sistema di medicina di base è alla saturazione. Conosco molti colleghi che lavorano sul territorio e hanno decine di pazienti in cura domiciliare, risultati positivi. Molti non riescono a tenere testa all'aumento rapido di assistiti risultato positivi asintomatici, da curare. Significa che la vera risposta è la responsabilità collettiva, nel seguire le indicazioni e i consigli di prevenzione».

Pensa si arrivi al lockdown?
«È la soluzione estrema, che abbiamo già sperimentato con successo in primavera. La soluzione che, in maniera drastica, ha scelto la Cina con ottimi risultati. Sappiamo che, dal punto di vista economico-sociale, non ce lo possiamo permettere. Se però non si arresta la crescita dei contagi e se non c'è uno scatto di responsabilità collettivo, la strada del lockdwon diventa obbligata».

Sulle cure, le conoscenze sono ormai acquisite?
«I passi in avanti sono stati significativi in questi mesi. Ora sappiamo che cortisone e eparina sono la combinazione farmacologica più efficace».

E il famoso Remdesivir, il farmaco diventato famoso dopo la guarigione di Trump?
«Ci sono studi scientifici divergenti. La prima ondata è stata affrontata con gli antivirali già usati per il virus dell'Hiv. Dopo l'approvazione europea, anche in Italia il Remdevisir viene usato in modo diffuso per affrontare le complicanze dei sintomatici soprattutto polmonari. Si utilizza all'ospedale Cotugno di Napoli e anche in altre strutture ospedaliere, per i casi più gravi».

In attesa del vaccino, che cosa si può fare?
«Senso di responsabilità di tutti, nell'evitare assembramenti, limitare le uscite, utilizzare le mascherine e le precauzioni igieniche. Se non si capisce che così si limitano i contagi, la strada segnata è il lockdown con tutte le implicazioni che sappiamo. Come e con quali limiti non spetta a me dirlo».

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