Se il furbetto del vaccino ​pesa sulla conta delle vittime

di Antonio Menna
Venerdì 9 Aprile 2021, 00:00 - Ultimo agg. 07:05
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È arrivato probabilmente il momento di fare il triste tracciamento dei morti da Covid. Non la mera contabilità giornaliera, a cui ormai ci siamo quasi assuefatti. Ma chi sono i deceduti, quando si sono contagiati, quanto tempo fa? Erano a rischio? Potremmo scoprire che le 50 vittime che la Campania ha contabilizzato ieri, per esempio, magari si sono contagiate in febbraio, quando la campagna di vaccinazione era già in corso da diverse settimane. Non è ozioso pensare che molti di loro, se fossero stati vaccinati, non sarebbero morti. Direi che da oggi in poi, ogni volta che leggiamo il numero dei deceduti, siamo autorizzati a pensare che potevamo salvarli. Non aver somministrato il farmaco alle persone a rischio ne ha deciso tra la vita e la morte. Ne ha segnato il destino. Il loro e quello delle loro famiglie. Vite che non sono la nostra, e che per questo trattiamo con il gelo della statistica. Ma vite che sono state di qualcuno, che sono state pezzi di cuore, di ricordi, di emozioni. Vite che sono state tutto. 

Per questo motivo non si può più tollerare che il meccanismo selettivo per l’accesso al vaccino sia ancora avvolto da incongruenze e intollerabili contraddizioni. È il momento di sapere chi ha scelto chi, e secondo quale ragionamento, e poi controllo. Aver vaccinato un soggetto non a rischio ha tolto il vaccino a un soggetto a rischio: se il secondo nel frattempo si è contagiato ed è morto, chi ha organizzato l’accesso al vaccino dando spazio prioritario al primo dovrebbe sentire il peso della conseguenza delle sue azioni. O almeno dare una risposta plausibile. 

Nel bollettino dei vaccinati in Campania c’è uno schema dettagliato per categorie. Ci sono gli over 80 (circa 300mila dosi somministrate), soggetti a rischio per antonomasia. Ci sono gli operatori sanitari e sociosanitari, prima linea dell’assistenza. Ci sono gli ospiti delle Rsa. Ci sono i pazienti fragili e i primi over 70. Su tutti questi c’è poco da obiettare, hanno la priorità. Ma negli elenchi compaiono anche altre voci su cui va accesa una riflessione. Per fortuna la Campania ha resistito all’assalto di alcuni ordini professionali, e non si sono viste le corsie preferenziali attivate altrove. Ma quando AstraZeneca non si poteva usare sugli anziani, si è pensato comunque di avviare al vaccino alcune categorie professionali.

Sono stati scelti gli appartenenti al personale scolastico e universitario e alle forze dell’ordine.

Nulla da dire. Sono due categorie che oggettivamente lavorano in contesti di moltitudine e di rischio, anche se non sono da meno le cassiere dei supermercati o gli autisti degli autobus di linea, che non sono di serie B, a meno di non voler costruire una sorta di diritto sulle classi sociali. Il vero problema, però, è che con entrambe le categorie professionali scelte sono stati vaccinati anche molti lavoratori che non vedono un essere umano da mesi (eccetto i familiari); in alcuni casi si è trattato di impiegati amministrativi delle retrovie, che non sono esposti a più pericoli di un addetto delle Poste o di un ragioniere del Catasto; personale degli uffici, con la curiosa circostanza che un vigile urbano che fa lavoro d’ufficio o un impiegato dell’università ha ricevuto il vaccino pur non correndo più rischi di un comunale o un postale. Perché? La risposta è che non si poteva stare troppo a distinguere negli elenchi. Si è andato per grandi linee, e quindi per grandi ingiustizie. Sarà lo stesso motivo per il quale ai Caregiver, quelli che si prendono cura di una persona fragile, basta un’autocertificazione per accedere al siero (col sospetto di qualche abuso) mentre la persona fragile magari non deambulante deve transitare per una trafila snervante. Infine, c’è la vera voce del mistero: “personale non sanitario” e “altri”. Sono entrati subito tra i fortunati, col personale sanitario; nella prima fase hanno avuto quasi tutti Pfizer o Moderna, togliendo posto agli anziani e ai fragili, quindi, e non è ben chiaro chi siano. Anche in questo caso pare si tratti in parte di amministrativi afferenti ai settori sanitari. 

Impiegati, funzionari, in qualche modo interni alle strutture ma che non stanno certo in corsia a contatto col malato. Perché sono stati vaccinati prima dei fragili? Perché non si è considerato che un ragioniere in buona salute, di 30 anni, anche se porta sul badge la parola sanità, non andava vaccinato prima di un malato oncologico, che magari ancora aspetta che il medico lo iscriva pietosamente tra i fragili, o anche un lavoratore di un supermercato, sicuramente più esposto di lui? Ogni volta che a fine giornate contiamo i morti - non più per virus ma per mancanza di vaccino – cominciano a pesare come pesa la fine della vita di una persona cara, che non potrà più tornare indietro perché il suo turno non è mai arrivato.
 

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