Covid, storia di un virus in continua mutazione da Wuhan alla variante sudafricana

Covid, storia di un virus in continua mutazione da Wuhan alla variante sudafricana
di Ettore Mautone
Martedì 30 Novembre 2021, 13:09 - Ultimo agg. 15:48
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Sono le numerose e inedite mutazioni che ha la variante Omicron di Sars-Cov-2, posizionate in alcune regioni chiave della proteina Spike (quella che apre le serrature delle cellule umane) a preoccupare la comunità scientifica internazionale. Mutazioni associate ad altre cruciali per il riconoscimento da parte del sistema immunitario. «Tutte novità di preoccupazione, ma da correlare ora con l'espressione clinica della malattia provocata da questa nuova versione del Coronavirus - avverte Massimo Zollo genetista del Ceinge di Napoli, ordinario di Genetica umana all'Università Federico II e responsabile della Task force Covid-19 della Regione Campania - anche perché dalle preliminari notizie che giungono dal SudAfrica sembrerebbe che questo virus, nei vaccinati, provochi solo sintomi benigni simil influenzali. Dobbiamo aspettare per trarre conclusioni. È certo però che Omicron, per il numero e la posizione delle mutazioni che possiede, sembra quasi configurare un nuovo virus rispetto alla variante Delta oggi dominante e al ceppo originario di Wuhan. Ciò potrebbe anche diventare una svolta favorevole per il genere umano». 

Quella di Sars-Cov-2 è in effetti la storia di una famiglia di capostipiti, progenie, discendenti, ascendenti e sopratutto rami: alcuni già estinti e altri emergenti che compongono un albero genealogico in continua evoluzione. L'originaria prima versione apparsa a Wuhan alla fine del 2019, ha caratterizzato la prima ondata nel mondo mietendo milioni di contagi e centinaia di migliaia di vittime. Oggi è preistoria ed è ormai estinto. Dalla primavera del 2020 di varianti Sars-Cov-2 ne ha già prodotte a decine in una strenua corsa a chi è più bravo a infettare e replicarsi. Oggi la mappa delle varianti restringe il cerchio a quattro ceppi di preoccupazione di cui solo la Delta massicciamente presente ovunque nel mondo. Sono la Alfa inglese, apparsa nel Regno Unito a settembre del 2020, più contagiosa e capace di fare ammalare anche i giovani. È stata a lungo la protagonista della seconda ondata nell'inverno di un anno fa. Poi è andata progressivamente scemando nella primavera di quest'anno anche grazie alla campagna vaccinale avviata in Europa. Attualmente si riscontra sporadicamente nei sequenziamenti effettuati in Italia e in Europa. In campo ci sono poi la Beta, emersa insieme a quella inglese ma in Sud Africa dove ha dato luogo a estesi focolai ma di rilievo occasionale in Europa. È temuta per la potenzialità di evadere dalla protezione del vaccino ma non ha mai raggiunto picchi in quanto meno infettiva della Delta. Destino analogo per la Gamma, che si è fatta strada in Brasile da dicembre del 2020. Anche questa indicata come pericolosa per la capacità di aggirare le difese immunitarie, è ben presto diventata marginale. Solo l'indiana, la Delta dunque, affermatasi dal dicembre del 2020, è sopravvissuta diventando predominante a partire da quest'estate tanto da produrre anche una significativa progenie di Delta Plus a maggiore infettività. 

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«La storia di Omicron è ora tutta da scrivere - spiega Franco Buonaguro, virologo del Pascale, direttore per l'Italia del global virus network - il fatto che abbia le potenzialità di soppiantare la Delta non è detto che si correli a un profilo di malattia identico o più grave, anzi potrebbe attenuarsi in un processo di adattamento all'ospite. Finora tutte le varianti di Sars-Cov-2 hanno avuto in comune un profilo di malattia simile. La Delta e l'Alfa hanno registrato un maggior numero di contagi ed esiti letali tra i giovani, configurando un progressivo aumento della contagiosità e un profilo di più rapida progressione della malattia verso forme severe arginato e frenato dai vaccini. Vedremo quello che Omicron riuscirà a fare». Il fatto che si stia affermando sulla Delta - conclude il ricercatore - ci dice che sicuramente è più contagiosa della Delta dominante. Ma ciò non sembra correlarsi, nei vaccinati, con una malattia più grave, anzi. La premessa è che oggi, delle quattro varianti di preoccupazione classificate nella banca mondiale del virus (Alpha inglese, Beta sudafricana, Gamma brasiliana e Delta indiana) solo quest'ultima ha dato vita a una significativa discendenza assommando su di sé la migliore capacità infettante (circa dieci volte superiore all'originaria di Whuan e due volte su quella inglese). «La variante Omicron - aggiunge Zollo - ha una proteina spike che nella regione in cui apre la serratura della cellula, ha moltissime mutazioni. La Delta ne ha 4, la Omicron ben 16. Su questo calco è costruito anche il vaccino. Da qui nasce la preoccupazione che però va correlata all'osservazione clinica. Questa è rassicurante in quanto tutti i vaccinati in SudAfrica ma anche il caso indice in Italia a Caserta, hanno accusato una blanda sintomatologia non catastrofica». Di mutazioni Omicron sull'intera proteina Spike ne ha 32: «Sono tante, potrebbe averne avuto un vantaggio adattativo in sud africa ma non attecchire in Europa - continua Zollo - dobbiamo pertanto aspettare, continuare a vaccinarci e se sarà necessario aggiornare il vaccino».

Intanto in Giappone il virus dominante Delta è in estinzione. La popolazione di quel paese ha un gene Bca3B che fornisce resistenza, sono tutti vaccinati, seguono una particolare dieta e sono maniacali nell'igiene personale nell'uso delle mascherine.

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