Fase 2, il monito di Rezza: «Serve cautela, un altro lockdown sarebbe devastante»

Fase 2, il monito di Rezza: «Serve cautela, un altro lockdown sarebbe devastante»
di Maria Pirro
Martedì 5 Maggio 2020, 10:00 - Ultimo agg. 17:52
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«È troppo presto per dire com'è andata», avverte Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie infettive dell'Istituto Superiore di Sanità: in coincidenza con l'avvio della Fase 2, l'esperto ha presentato il rapporto sull'impatto dell'epidemia realizzato con l'Istat che segnala una mortalità in forte aumento dalla fine di febbraio 2020, per un mese. L'ultimo bollettino, ieri diffuso dalla Protezione civile, indica invece 100mila positivi al momento in tutta Italia.
 


Come interpretare questi dati?
«Il numero dei decessi cala gradualmente, ancora di poco: è l'ultimo indicatore a scendere. Le vittime in genere sono state contagiate diverse settimane fa. Ma il numero di casi è in diminuzione, anche se è chiaro che il virus continuerà a circolare».

L'emergenza non può dirsi superata.
«Per evitare un secondo lockdown, che sarebbe un disastro per il Paese, dobbiamo mantenere comportamenti responsabili e agire tempestivamente per contenere eventuali nuovi i focolai sul territorio, come ha fatto la Campania nei Comuni irpini e salernitani dichiarati zona rossa».

Molto dipende dai nostri comportamenti.
«E dalla capacità di accorgersi se qualcosa cambia in termini epidemiologici, se i casi aumentano, per intervenire con rapidità. Convivere con il virus significa anche continuare a combatterlo».

Ecco, perché è preoccupato: teme innanzitutto che i cittadini possano abbassare la guardia?
«Se da una parte c'è bisogno di riaprire il Paese, dall'altra va ribadito che il virus sta ancora circolando: i cittadini devono essere responsabili e le istituzioni essere pronte a intervenire a livello territoriale. Dobbiamo essere bravi».

Quali precauzioni raccomanda?
«Continuare a fare ciò che si è fatto finora, con un po' meno vincoli. Oltre alla ripresa delle attività produttive e commerciali, c'è anche la possibilità di incontro con gli affetti stabili, che non è una cosa ridicola: mica tutti convivono. È chiaro che occorre cautela: portare sempre la mascherina nei luoghi pubblici, mantenere la distanza tra persone, di almeno un metro, e lavare spesso le mani».

Il Nord è sempre più esposto?
«Certamente, lo è. Al Nord il virus circola di più: al Sud è stato abbastanza arginato, con focolai limitati».

Sono iniziati, però, i rientri.
«Ma non si può parlare di un esodo: la mobilità non viene incentivata, è limitata e in qualche modo circoscrivibile. Certo, con gli spostamenti tra regioni, qualcosa in più si rischia anche al Sud ma mi sembra che i provvedimenti, come l'isolamento domiciliare, possano contribuire a circoscrivere eventuali focolai. È fondamentale avere comportamenti prudenti anche nei confronti dei familiari».

A prescindere dai dati scientifici, qual è la sua impressione nel primo giorno di Fase 2?
«È troppo presto, ripeto, per fare un bilancio rigoroso: ho visto più auto in giro ma tutto sommato vedo negozi sempre attenti a rispettare le regole, quelli che sono aperti ovviamente».

Con una ripresa graduale.
«A Roma l'orario delle attività commerciali è stato appena prolungato: c'è anche meno fila».

Che cosa ne pensa delle aperture delle attività differenziate per regioni?
«Un provvedimento nazionale serve ma adattamenti a livello regionale sono possibili».

La Calabria va un po' di più per conto suo...
«Meglio non esagerare, in generale».

Quando sarà possibile tracciare un bilancio?
«Tra almeno due settimane, forse anche di più, proprio perché le riaperture sono graduali».

E poi?
«E poi, perché gli insegnamenti assimilati non è detto che possano variare nel corso del tempo: a incidere è anche una minore percezione del rischio».

Intanto, sono finiti sotto accusa pure gli impianti di areazione.
«È stato ipotizzato che l'aria condizionata possa e trasmettere il virus a distanza, ma questo non è assolutamente provato: un solo episodio è stato individuato. Al massimo può fare da effetto vento e spingere goccioline di saliva all'interno di un ambiente chiuso. Perché il virus si trasmette per contatti ravvicinati tra persone».

È impossibile, tuttavia, arrivare a contagi zero senza un vaccino.
«È un sogno, più che una prospettiva».

Figurarsi per giugno.
«Anche io vorrei che scomparisse ma non credo sia possibile. Ecco perché è importante triplicare gli sforzi per arginarne la diffusione».

Il caldo può aiutare?
«Difficile dirlo: non è chiaro come il nuovo virus si comporta. Ma, in genere, la circolazione dei virus respiratori diminuisce durante l'estate perché avviene naturalmente il distanziamento sociale: con la chiusura di scuole e uffici, si vive meno negli  spazi chiusi e più all'aria aperta».

Meglio evitare spostamenti tra regioni anche in estate?
«Occorre essere prudenti: bisogna capire come si procede nei prossimi due mesi: la situazione può essere, ovviamente, rivalutata».

I mezzi pubblici restano una delle questioni più complesse.
«Con il telelavoro, c'è la possibilità di restare a casa e questo decongestiona anche la rete dei trasporti».

A che punto è la predisposizione delle terapie?
«Ce ne sono di promettenti. Farmaci antivirali e antifiammatori sono allo studio. Con diversi tipi di trattamento, tra cui l'eparina». 

Si utilizzano anche gli anticorpi presenti nel plasma dei guariti: lo stesso metodo è stato usato per l'ebola.
«Dà risultati apparentemente incoraggianti, ma non è un semplicissimo: bisogna trovare donatori, che hanno superato la malattia e sono ancora convalescenti, perché hanno molti anticorpi.
Difficilmente questa terapia può esser praticata su larghissima scala, ma può dar vita a altre forme di trattamento, come gli anticorpi monoclonali». 

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