Galli consiglia lockdown personali: «Ognuno si faccia il proprio, andate solo a lavoro e vedete meno gente possibile»

Galli consiglia: «Lockdown? Ognuno si faccia il proprio. Andate solo a lavoro e vedete meno gente possibile»
Galli consiglia: «Lockdown? Ognuno si faccia il proprio. Andate solo a lavoro e vedete meno gente possibile»
Lunedì 26 Ottobre 2020, 10:43 - Ultimo agg. 13:00
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Appena 24 ore dopo l'annuncio del nuovo Dpcm contro i contagi di coronavirus, in vigore dalla mezzanotte di oggi, il rischio è che non sia finita qui e che presto ci sia un altro lockdown. L'infettivologo Massimo Galli, in un'intervista al Fatto Quotidiano, dà un suggerimento: ognuno si faccia il suo lockdown, limitandosi ad andare a lavoro e frequentando meno persone possibili. «Mi auguro che i provvedimenti del nuovo Dpcm bastino, ma non lo so, e se qualcuno afferma di saperlo mente. L'unica cosa che sappiamo è che ad aver dato risultato è la chiusura totale, ma si vuole evitare. E lo capisco», le sue parole. 

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Galli, direttore del dipartimento di Malattie infettive del «Sacco» di Milano, invita: «Il lockdown fatelo per conto vostro; limitatevi alle attività fondamentali legate al vostro lavoro e vedete meno persone possibili.

Quanto alla chiusura delle scuole è la più dolorosa e difficile da decidere. La differenza fra il 75 e il 100% di didattica a distanza alle superiori mi sembra una questione di lana caprina. Per quanto riguarda gli altri ordini capisco che tenere la didattica in presenza, oltre ad essere fondamentale per bambini e ragazzi, è necessario per dar la possibilità ai genitori di lavorare. Non mi è mai sfuggita l'importanza della didattica diretta, ma qualcosa va sacrificato».

Sull'omogeneità dei provvedimenti su tutto il territorio nazionale, Galli afferma che «una soglia importante di misure va condivisa, è compito delle Regioni e dei sindaci identificare criticità a livello locale per stringere di più se necessario, questo mi pare un principio giusto». Sull'auspicio del premier di salvare le vacanze di Natale, dice di preoccuparsi «di quel che succede da qui a venti giorni. Ogni previsione successiva è impossibile. Prima i dati, poi le date. Posso dire, non essendomi fatto molti amici in questi mesi, di esser stato sempre molto coerente. E non sono affatto felice di aver avuto clamorosamente ragione. E mi trovo anche in una posizione grottesca: non ho nessun potere di decidere nulla se non di rispondere col mio parere trovandomi nell'imbarazzo di una sovraesposizione mediatica che non mi appartiene per affermare sempre le stesse cose».

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Riguardo i settori che rischiano il fallimento e il disagio crescente nelle aree più povere del Paese, l'infettivologo afferma di comprendere «la disperazione di settori già martirizzati da chiusure e fanno bene a chiedere integrazioni economiche e di non essere abbandonati. Ma dirò una cosa un pò brutale: vedo morire di nuovo le persone in ospedale e non ancora per strada, non significa che non veda la povertà e quelle situazioni di grande disagio sociale. Ma la malattia, prese le misure necessarie, ci lascerebbe il tempo di intervenire su nuove e vecchie povertà - detto questo credo che il ritardo sia sotto gli occhi di tutti -, ma la stessa malattia, il Covid, potrebbe non lasciarci il tempo di curare tutti gli ammalati».

Nella più negativa delle ipotesi, continua Galli, «in molte parti d'Italia il sistema sanitario andrà in crisi e avremo un numero di morti pauroso, ma questo potrebbe ancora non accadere. Il tasso di ospedalizzazione non è quello di marzo e siamo diventati più bravi sia a curare sia a diagnosticare. Ma sui ricoveri ci sarebbe da fare anche un altro discorso: portiamo troppe persone in ospedale, questo fa andare in tilt il sistema sanitario e qui la rotta va invertita come la curva dei contagi. Se saremo più competenti la curva rallenterà, mi riferisco al sistema Paese colto di sorpresa e alle spalle dalla prima ondata, ma rivelatosi impreparato dalla seconda per non aver introiettato la lezione nell'estate passata».

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«La medicina del territorio va recuperata - prosegue -, potenziata, messa in condizione di lavorare in questo modo anche da noi. È l'unico modo per decongestionare gli ospedali e permettere così di curare anche le patologie non legate al Covid. Bisogna attivare subito strutture di degenza alternative: quanti alberghi anche di extra-lusso in questo momento sono chiusi perché manca il grande turismo internazionale? Perché non possono essere utilizzati? I numeri dei contagi continuano a crescere: oltre 21 mila. Per almeno tre settimane non avremo benefici dalle misure in vigore da questa notte. È un contesto europeo che vede la Francia e parti della Spagna a numeri già grandi due volte i nostri. Dobbiamo essere consapevoli della serietà della situazione ma allo stesso tempo non dobbiamo spaventarci perché nel momento del terrore si perde la lucidità per affrontare la sfida. Io critico anche i colleghi che accentuano con toni terroristici. Ricordo sempre che i decessi sotto i 40 anni sono l'1% e che la stragrande maggioranza dei morti sono ottantenni con altre patologie».

«Bisognerebbe pensare a politiche di maggiore tutela per gli anziani in questa fase - precisa -, per prevenire il rischio del contagio a chi è più esposto ad effetti drammatici. Quando s'immagina possa diminuire la velocità di progressione del contagio? Fino al vaccino ci saranno ondate più o meno violente, magari decrescendo fra un'ondata e l'altra fino a che il virus da epidemico diventerà endemico: per questo potrebbero passare anche anni. SarsCov2 ha una grande capacità di diffondersi, grazie a dio è un pò meno patogeno del Sars1 che però si diffondeva meno. E non parliamo della Mers. Quanto al vaccino, per avere una produzione capace di coprire tutto il fabbisogno serviranno ancora diversi mesi e di sicuro non sarà disponibile per tutti subito. Poi, speriamo che funzioni, anche se alcuni dati che abbiamo sulla induzione degli anticorpi lascerebbero davvero ben sperare».

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