Green pass solo ai vaccinati? Ricciardi, consulente del ministro Speranza: «Un tampone non può bastare»

Green pass solo ai vaccinati? Ricciardi, consulente del ministro Speranza: «Un tampone non può bastare»
di Graziella Melina e Pietro Piovani
Domenica 29 Agosto 2021, 07:00
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«Senza la vaccinazione di massa, pensare di convivere con il virus è una pia illusione». Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza e ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica di Roma preferisce gli obiettivi concreti: «la bassa endemia la otterremo quando avremo il 95 per cento dei vaccinati». Nel frattempo, bisogna rendere più restrittivo l’uso del green pass: «va dato soltanto a chi ha completato la profilassi o a chi è guarito». 

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Lei ritiene che il green pass sia una misura davvero utile?
«Certamente.

Tutte le misure di sicurezza hanno un punto debole, ma ho la certezza che nel momento in cui col green pass obblighi in maniera gentile a vaccinarsi, restino fuori soltanto gli irriducibili. Anzi, ne renderei ancora più rigido l’uso. Il green pass non andrebbe dato più a chi fa il tampone, ma dovrebbe essere una certificazione rilasciata soltanto a chi si è vaccinato o è guarito. Sarebbe un altro modo per spingere ancora di più alla profilassi».

La Danimarca dal 10 settembre eliminerà le restrizioni anticovid. Noi stiamo ancora pensando alla vaccinazione. Cosa non sta funzionando? 
«La Danimarca ha avuto un green pass rigidissimo da un anno e mezzo. Poi, quando è arrivato il vaccino, ha portato avanti una campagna molto intensiva. Non dimentichiamo che è un Paese molto ricco e ha una capacità di organizzazione e decisione molto forti, quindi è riuscita a mettere in sicurezza la popolazione. Credo, però, che anche loro pecchino di eccessivo ottimismo, anche se di fatto bisogna riconoscere che hanno lavorato molto bene».

Per stare al sicuro, bisogna aspettare che il virus diventi endemico?
«Ricordiamo che il virus è endemico quando è presente costantemente. Se c’è una bassa endemia, vuol dire che ci sono pochi casi. Se è alta, significa che ci sono molti casi, e quindi la circolazione virale non è compatibile con la vita normale. Quindi, è probabile che diventerà endemico nel senso che è probabile che non verrà eradicato come il vaiolo. Però bisogna far sì che la circolazione sia bassa, e sostanzialmente caratterizzata da pochi casi. Questo è sicuramente possibile, però bisogna prendere tutte le misure insieme. L’esempio di Australia e Nuova Zelanda, che adesso sono in lockdown, ci insegna che hanno fatto molto bene nella prima fase, però poi non hanno condotto un’adeguata campagna vaccinale. Quindi il virus continua a circolare, soprattutto con le varianti».

Il virologo Anthony Fauci dice che nel 2022 gli americani si lasceranno il virus alle spalle. E noi? 
«La bassa endemia ci sarà quando avremo vaccinato il 95 per cento della popolazione. Rimarrebbero in sostanza 3 milioni di cittadini non vaccinati. È una cifra alta, però di fatto è assolutamente gestibile».

Ma i bambini under 12 non hanno un vaccino anticovid disponibile. Come si arriva al 95 per cento?
«Si stanno facendo sperimentazioni anche per la somministrazione in età pediatrica e, in questo momento, sono molto positivi i dati di efficacia sui bambini tra i 9 e 12 anni. È quindi presumibile che entro l’inizio del 2022 sarà disponibile anche per le fasce pediatriche. Dunque, man mano che si allarga la platea potremo andare verso questa percentuale». 

Una data possibile? 
«Spero per la primavera del 2022. Ma a quel punto avremo fatto anche un booster, ossia la terza dose».

Alcuni Paesi la stanno già facendo.
«Da noi si sta riflettendo e si sta aspettando la valutazione dell’Ema, che è molto prudente. Sono sicuro che nel momento in cui l’ente regolatorio europeo andrà in questa direzione, decisione secondo me molto probabile, faremo il richiamo a persone fragili e anziani».

E poi potremo convivere con il virus.
«No. Convivere con il virus è una pia illusione. Ripeto, bisogna ridurre la circolazione virale e interrompere la catena di contagio comunitaria. Non si devono registrare casi almeno per un certo periodo di tempo. Ma è una lotta continua, non possiamo abbassare la guardia. Il grande errore di Australia e Nuova Zelanda è stato di non aver capito che dopo aver ridotto la circolazione a zero, dovevano vaccinare. E poi di fatto questo virus è talmente contagioso che alla fine produce focolai epidemici. Non dobbiamo mai dimenticare che si tratta di una pandemia, quindi dobbiamo contemporaneamente proteggere i 5 miliardi di persone che in questo momento non sono vaccinati». 

E allora, se il resto del mondo non è vaccinato, torniamo di nuovo punto e a capo?
«La primavera del 2022 può essere una tappa importante per i paesi ricchi. Ma è chiaro che rimangono scoperti i paesi poveri, e allora di questo passo la pandemia finirà non prima del 2024. Mentre si allestiscono decine di miliardi di dosi di vaccini, c’è il rischio di una variante che li ‘buca’. Per questo, sarebbe quanto prima necessario fare una sospensione dei brevetti e il trasferimento tecnologico e produrre miliardi di dosi di vaccino per proteggere contemporaneamente paesi ricchi e poveri. Bisogna mettere in atto una strategia planetaria, ma non mi pare che sia stata compresa l’entità di questa pandemia».

Intanto, non pensa sarebbe utile l’obbligo vaccinale?
«Per l’Italia, sono abbastanza convinto che una strategia del green pass veramente estensiva, cioè fatta rispettare in tutto, cioè su trasporti, scuole, attività di lavoro, bar, ristoranti, sia un enorme incoraggiamento alla vaccinazione, al punto tale che il problema dei non protetti diventa individuale, non più collettivo. Chiaramente, l’obbligatorietà deve essere decisa dal governo, ed è un atto etico di protezione anche nei confronti di chi ha paura di vaccinarsi, perché di fatto lo si sprona alla profilassi. Però, ripeto, è una scelta puramente politica. Personalmente, non sono contrario». 

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