Ictus in Italia, prima causa di disabilità: gravi 3 casi su 4

Poche informazioni sulla riabilitazione ma è decisiva per la ripresa

Un reparto d'ospedale
Un reparto d'ospedale
Mercoledì 30 Novembre 2022, 15:12 - Ultimo agg. 15:14
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In Italia l'ictus, che ogni anno colpisce circa 150.000 persone, è la prima causa di disabilità nell'adulto; in tre casi su 4 sopravvivere a un ictus significa acquisire una disabilità. Sono i dati resi noti da A.L.I.Ce. Italia Odv (associazione per la Lotta all'Ictus cerebrale) che aderisce alla giornata internazionale delle Persone con disabilità che si celebra il prossimo 3 dicembre con l'obiettivo di promuoverne il benessere e cercare di garantirne i diritti fondamentali di accesso ai servizi e partecipazione alla vita pubblica della comunità. Può causare una vasta gamma di deficit funzionali sia temporanei, sia permanenti. La gravità dipende non solo dal tempo in cui il cervello è rimasto senza sangue ma anche dalla zona colpita: si possono presentare paresi degli arti superiori e inferiori, disturbi del linguaggio, difficoltà di deglutizione e di respirazione, oltre che problemi cognitivi e depressione. Solo il 25% dei pazienti sopravvissuti a un ictus guarisce completamente. Per gli altri resta una disabilità che, nella metà dei casi, è così grave da rendere non più autosufficiente.

«Il post ictus e la riabilitazione costituiscono aspetti su cui le informazioni sono purtroppo ancora scarse e frammentate - dichiara Andrea Vianello, presidente di A.L.I.Ce. -.

Si tratta invece di un aspetto particolarmente rilevante anche perché le possibilità di ripresa non sono trascurabili. Serve un approccio multidisciplinare per consentire il maggior recupero possibile da parte del paziente che, spesso, deve recuperare non solo il movimento ma anche la comprensione e l'utilizzo del linguaggio, la memoria e l'attenzione, tutte azioni fondamentali per la propria autonomia. In Italia, purtroppo - continua Vianello - manca ancora un protocollo uniforme da seguire per la riabilitazione che, deve cominciare il prima possibile, fin dalla fase iniziale di ricovero per poi proseguire in strutture idonee e nei distretti sanitari territoriali, in maniera duratura e continuativa, senza interruzioni o limitazioni temporanee». 

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