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CORONAVIRUS

Lopalco: «Vedo una deriva stupida e pericolosa. Abbassare la guardia è da irresponsabili»

Lopalco: «Vedo una deriva stupida e pericolosa. Abbassare la guardia è da irresponsabili»
Lopalco: «Vedo una deriva stupida e pericolosa. Abbassare la guardia è da irresponsabili»
di Lucilla Vazza
Articolo riservato agli abbonati
Martedì 9 Giugno 2020, 08:22 - Ultimo agg. : 08:44
4 Minuti di Lettura

Il fiume di gente che nell'ultimo fine settimana ha attraversato le strade delle principali città europee e americane per manifestare contro il razzismo sono il tangibile segno dell'indignazione per la morte di George Floyd, ma anche della voglia di tornare a partecipare alla vita attiva e alle manifestazioni politiche. Ma si apre un interrogativo: va bene la voglia e il diritto alla partecipazione, però come la mettiamo con le distanze di sicurezza? Ne parliamo con PierLuigi Lopalco, epidemiologo a capo della task force per l'emergenza Covid-19 della Regione Puglia.

A Roma per il Black lives matter si sono radunate migliaia di persone in modo pacifico, ma ci sono state anche altre manifestazioni di segno diverso, più o meno autorizzate. E poi in tutte le città la gente ha ripreso a uscire e a incontrarsi. Lopalco, è preoccupato?
«Se c'è assembramento, sia che si tratti di manifestazione o di movida, il problema esiste e non è pensabile che le forze dell'ordine possano vigilare su tutto. Ma a parziale discolpa c'è da dire che il rischio di contagio all'aperto è più basso di quello nei posti chiusi. Per questo restano molto valide le norme sui mezzi di trasporto, ristoranti e in generale dove è più difficile mantenere le distanze e fare il ricambio d'aria. Per quanto riguarda le manifestazioni all'aperto si spera nel buon senso delle persone».

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Quanto ci costeranno in termini di contagio questi assembramenti?
«È una domanda difficile. Quello su cui mi sento abbastanza sicuro è che le prime aperture di maggio non hanno sortito effetti, questa è un'evidenza, ma non possiamo ancora dire con certezza cosa sia successo dopo le aperture dal 18 maggio e, in effetti, movide e manifestazioni hanno preso piede successivamente. Ancora è presto per fare bilanci, aspetterei metà giugno per sciogliere la prognosi. Solo da allora si potrà capire fino a che punto potremo spingerci con l'allentamento delle misure sulla base di dati certi. Intanto teniamo alto il livello di prudenza, dire di abbassare la guardia è da irresponsabili».

Per garantire il diritto di manifestazione i prefetti applicano le norme, pensa ci vogliano più controlli o un giro di vite?
«I controlli servono perché sono un deterrente, ma io vedo soprattutto una carenza comunicativa: bisognerebbe insistere con l'informazione e la formazione. Nella fase 2 c'è una perdita di credibilità perché si dice tutto e il contrario di tutto. Ormai il dibattito è stato buttato in caciara tra i pro-mascherina e i contro-mascherina, tra chi dice che il virus è morto e chi dice che non è morto. Non si riesce a fare un ragionamento di buon senso. È chiaro che se si dice continuamente che abbiamo esagerato col lockdown, che le mascherine non servono, che il virus è morto, necessariamente si crea confusione. Le persone non capiscono. C'è una deriva stupida in questo momento, invece serve una comunicazione seria, univoca, senza dividersi nei partiti del più rischio e meno rischio».

È difficile per i cittadini ma anche per gli amministratori
«Fin dall'inizio si è data troppa poca importanza alla comunicazione istituzionale del rischio. Per cui alla fine la comunicazione è stata affidata a persone di buona volontà, che potevano azzeccarla ma anche sbagliarla perché non erano titolati a farlo, non appartenevano a commissioni, non lavoravano per il ministero. In questo calderone mi ci metto anch'io. Ho cercato di fare comunicazione con onestà intellettuale, ma non rappresento il governo. Ora si dovrebbero comunicare certezze e dovrebbe farlo chi ne ha titolo».

 

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